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Storia della Venezia Giulia - Associazione Giuliani nel Mondo

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palazzo patriarcale di Cividale e poi per qualche giorno <strong>nel</strong> castello di Udine, da dove<br />

si recò a Pordenone per presiedere una Dieta prima di ritornarsene <strong>nel</strong>le Puglie.<br />

Bertoldo decise di risiedere a Udine dopo il terremoto del 1222, che aveva provocato<br />

seri danni al palazzo di Cividale, e a partire da questa data si occupò <strong>della</strong> città, concedendo<br />

<strong>nel</strong> 1248 il mercato settimanale e contribuendo al suo incremento urbanistico<br />

e demografico, tanto da essere considerato il vero fondatore <strong>della</strong> città di Udine.<br />

I patriarchi avevano possedimenti anche <strong>nel</strong>l’Istria occidentale, ma molte città istriane,<br />

come Capodistria, Isola, Pirano, Umago, Cittanova, Montona, Parenzo, Rovigno,<br />

Valle, Dignano, Albona, Fianona, Pola ed anche Trieste e Muggia tra il 1150 e il 1331<br />

furono costrette a giurare fedeltà a <strong>Venezia</strong>, oppure ne richiesero spontaneamente la<br />

protezione, firmando la sottomissione alla Repubblica dei Dogi.<br />

Le città istriane ancora prima <strong>della</strong> costituzione del Principato patriarcale avevano<br />

forme di autogoverno equivalenti a quelle dei liberi comuni italiani e dalla seconda<br />

metà del XII secolo elessero i propri podestà. Anche Trieste, libero comune dal 1100, in<br />

quel periodo era legata a <strong>Venezia</strong> da un trattato di fedeltà, sottoscritto <strong>nel</strong> 1202 dal<br />

doge Enrico Dandolo, ma <strong>nel</strong> 1289 si alleò con il patriarca di Aquileia Raimondo <strong>della</strong><br />

Torre e con il conte di Gorizia per opporsi alla Serenissima, scelta che le costò, dopo la<br />

sconfitta, l’abbattimento delle mura e delle opere difensive lungo le rive, la consegna<br />

di molte navi ed il pagamento di un tributo annuo. Da allora la città fu continuamente<br />

coinvolta in scontri con <strong>Venezia</strong>, che più volte la saccheggiò tra il XIV e il XVI secolo,<br />

imponendole sempre condizioni durissime allo scopo di limitarne la concorrenza.<br />

Nel Trecento il patriarcato attraversò un periodo di grave crisi, minacciato dai conti di<br />

Gorizia e dai potenti signori di Treviso.<br />

Seguì in periodo di aspre lotte, congiure, vendette, ritorsioni e tradimenti che portarono<br />

alla fine del Trecento all’uccisione di Federico Savorgnan <strong>nel</strong>la chiesa di Santo<br />

Stefano di Udine, a cui fecero seguito per ritorsione quella del vescovo di Concordia e<br />

del patriarca Giovanni di Moravia. Intanto era scoppiata la rivalità tra <strong>Venezia</strong>, che<br />

voleva avere il controllo diretto delle vie di comunicazione con i Paesi tedeschi, e<br />

l’Ungheria, che sperava di annettersi il Friuli per avere uno sbocco al mare. Gli eserciti<br />

dei <strong>Venezia</strong>ni e degli Ungheresi distrussero, bruciarono e trucidarono. Al termine<br />

di un decennio terribile le truppe venete ebbero la meglio e <strong>nel</strong> 1420 occuparono<br />

Udine, la Carnia, il Cadore e la zona costiera, sancendo la fine del Principato patriarcale<br />

dopo tre secoli e mezzo di storia.<br />

Qualche anno più tardi si giunse ad un accordo: il patriarca riconobbe definitivamente<br />

a <strong>Venezia</strong> il dominio civile <strong>della</strong> Patria del Friuli e conservò la sua giurisdizione spirituale<br />

sulla diocesi di Aquileia. Alla fine del Quattrocento vi fu uno dei periodi più<br />

drammatici, con le scorrerie dei Turchi che assaltarono i centri abitati, li saccheggiarono<br />

e li bruciarono, deportandone gli abitanti come schiavi. <strong>Venezia</strong> rafforzò le sue<br />

fortificazioni sull’Isonzo, costruendo la fortezza di Gradisca e inviando nuove truppe.<br />

Nonostante questo, si calcola che le invasioni dei Turchi abbiano provocato la morte<br />

o la deportazione di circa venticinquemila abitanti.<br />

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