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Storia della Venezia Giulia - Associazione Giuliani nel Mondo

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Nella speranza di ottenere il consenso <strong>della</strong> popolazione che si presumeva sarebbe<br />

rimasta <strong>nel</strong>la <strong>Venezia</strong> <strong>Giulia</strong>, si procedette prima ad una “epurazione politica” degli<br />

anticomunisti, cercando di mobilitare il popolo per l’annessione alla Jugoslavia. Per<br />

questo vi fu una propaganda a favore del socialismo sia tra la popolazione slovena e<br />

croata, che italiana: si voleva dimostrare che sotto il regime comunista le due nazionalità<br />

avrebbero potuto convivere pacificamente. Inoltre le autorità jugoslave erano<br />

contrarie ad un vero e proprio esodo di massa, come poi avvenne, non solo per una<br />

questione d’immagine ma per motivi economici: la scomparsa <strong>della</strong> classe borghese,<br />

degli imprenditori, degli artigiani, operai e commercianti avrebbe comportato gravi<br />

problemi di ripopolamento delle città con croati, serbi e bosniaci che tradizionalmente<br />

erano legati ad attività agricole. I responsabili politici si accorsero però che le violenze<br />

provocavano tra la maggior parte degli italiani terrore e desiderio di fuga, anche<br />

perché contemporaneamente la collettivizzazione delle terre e la nazionalizzazione dei<br />

mezzi di produzione (industrie, banche, mezzi di trasporto, servizi commerciali) colpivano<br />

gli interessi dell’elemento italiano, che temeva che l’eliminazione <strong>della</strong> proprietà<br />

privata portasse all’eliminazione dei proprietari.<br />

In molti casi infatti si attuò anche una “pulizia etnica”, un termine tornato di drammatica<br />

attualità dopo gli stermini di massa avvenuti <strong>nel</strong>l’ex-Jugoslavia al momento<br />

<strong>della</strong> dissoluzione <strong>della</strong> Federazione delle Repubbliche socialiste degli slavi del Sud.<br />

Tristemente famoso è rimasto il massacro di Srebrenica, enclave musulmana <strong>nel</strong>la<br />

Bosnia orientale serba, dove in tre giorni <strong>nel</strong> luglio 1995 ottomila musulmani vennero<br />

uccisi dai serbi. Era solo l’ultimo atto di una serie di stupri, sequestri, uccisioni, saccheggi,<br />

torture, che si aggiungevano all’assedio di Sarajevo durato oltre tre anni, con<br />

un bilancio totale di quasi duecentomila morti.<br />

Nel resto d’Italia e d’Europa le notizie di quanto stava accadendo <strong>nel</strong>la <strong>Venezia</strong> <strong>Giulia</strong><br />

giunsero in ritardo: appena <strong>nel</strong> mese di luglio 1945 divenne di pubblico dominio la<br />

notizia che gli Alleati avevano estratto dalla foiba di Basovizza 450 metri cubi di<br />

resti umani. Da quel momento in poi furono inviate a tutti i governi alleati relazioni<br />

e documentazioni fotografiche delle atrocità commesse dagli Jugoslavi, unitamente<br />

alla richiesta <strong>della</strong> restituzione dei deportati in base all’accordo di Belgrado, <strong>nel</strong>la convinzione<br />

che si potesse contare sul loro interessamento e aiuto grazie alla cobelligeranza<br />

e alla resistenza <strong>nel</strong>le ultime fasi <strong>della</strong> guerra, dopo l’armistizio del 1943. Gli<br />

Inglesi invece stentavano a dimenticare le responsabilità del fascismo. Malgrado tutto<br />

però il governo italiano continuò per anni ad inoltrare richieste e proteste e a<br />

nutrire speranze sulla sorte dei deportati, intervenendo anche presso la Santa Sede e<br />

la Croce Rossa Internazionale, ma inutilmente. Non arrivò mai nessuna notizia sulle<br />

migliaia di cittadini scomparsi. Dopo sessant’anni, <strong>nel</strong> 2005, fu consegnato soltanto<br />

un elenco proveniente dagli archivi sloveni, con i nominativi di un migliaio di persone<br />

deportate a guerra finita da Gorizia.<br />

Il 9 giugno 1945 la Jugoslavia firmò l’accordo di Belgrado, in seguito al quale il 12<br />

giugno le sue truppe si ritirarono ad est <strong>della</strong> linea Morgan e il Governo Militare Alleato<br />

si insediò a Gorizia e a Trieste, sciogliendo le amministrazioni comuniste iugoslave, il<br />

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