Storia della Venezia Giulia - Associazione Giuliani nel Mondo
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tribunale speciale del popolo, la guardia civile comunista e il vecchio partito fascista.<br />
Per tracciare i nuovi confini tra Italia e Jugoslavia Stati Uniti, Unione Sovietica, Francia<br />
e Inghilterra, cioè le quattro grandi potenze che avevano vinto il secondo conflitto,<br />
costituirono un’apposita commissione, che decise di lasciare Parigi per visitare la<br />
nostra regione e verificare la situazione. Per cercare di cancellare la secolare presenza<br />
italiana, in varie località <strong>della</strong> costa istriana l’amministrazione jugoslava fece<br />
allora asportare le effigi del Leone di San Marco, lasciate dalla Repubblica di <strong>Venezia</strong>,<br />
modificò i cognomi italiani alterandoli persino sulle lapidi di qualche cimitero, distribuì<br />
nuove carte d’identità e prelevò registri anagrafici e parrocchiali in modo da ostacolare<br />
la ricerca <strong>della</strong> verità. Nella <strong>Venezia</strong> <strong>Giulia</strong> gli sloveni e i croati, informati in<br />
anticipo dai russi sugli spostamenti <strong>della</strong> commissione, prepararono manifestazioni<br />
a favore <strong>della</strong> Jugoslavia, mobilitando migliaia di sloveni fatti giungere da chilometri<br />
di distanza, in modo da convincere i delegati che la popolazione voleva l’annessione<br />
alla Jugoslavia. D’altra parte sia a Gorizia che a Trieste e a Monfalcone vi erano<br />
anche comunisti filojugoslavi che erano pronti ad accettare l’annessione come un’opportunità<br />
per cominciare una nuova vita all’interno di uno stato socialista.<br />
In questo contesto venne ricostituita la Lega Nazionale di Gorizia. La bruciante<br />
sconfitta del secondo conflitto, i quaranta giorni del terrore cui Gorizia e Trieste<br />
dovettero sottostare, le minacce annessionistiche del Maresciallo Tito, l’incerto destino<br />
cui andarono incontro migliaia di italiani, rinsaldarono, <strong>nel</strong> 1946, il sentimento di<br />
amor patrio indirizzandolo verso la ricostituzione del sodalizio. Sotto la spinta<br />
dell’<strong>Associazione</strong> Giovanile Italiana rinasceva così, l’8 marzo 1946, lo storico gruppo<br />
goriziano forte di 3.874 iscritti e di un patrimonio economico che ammontava, in sole<br />
elargizioni, a 57.742 lire. Proclamatasi al di fuori di ogni ideologia e di ogni partito<br />
la Lega invocò l’unione di tutti gli italiani per la difesa <strong>della</strong> loro cultura e delle loro<br />
tradizioni. Si trattava quindi di un’associazione apartitica, che aveva lo scopo di<br />
“combattere solo ciò che mina ed insidia la nostra nazionalità e la nostra cultura ,<br />
tenendo sempre alto il sacro nome dell’Italia”.<br />
Alla fine del mese di marzo 1946 Gorizia si trovò invasa da cinquemila manifestanti<br />
slavi, parte dei quali erano stati condotti in città con decine di camion. Tra lo sconcerto<br />
e la preoccupazione dei goriziani, occuparono piazza <strong>della</strong> Vittoria e bivaccarono<br />
per diversi giorni di fronte al palazzo che era la sede del Governo Militare Alleato.<br />
Il 27 marzo anche i cittadini di Gorizia furono informati che la Commissione interalleata<br />
avrebbe sostato in città quella sera. Le autorità militari alleate autorizzarono una<br />
manifestazione italiana, che venne organizzata in poche ore nonostante i timori per<br />
una reazione armata jugoslava. Mano a mano che la notizia si spargeva una grande<br />
folla di uomini e donne di ogni età e di ogni classe sociale cominciò a scendere<br />
<strong>nel</strong>le strade e ad affluire verso le diciotto al Parco <strong>della</strong> Rimembranza, da dove il corteo,<br />
lungo più di un chilometro, partì alle venti e trenta, illuminato da migliaia di torce<br />
procurate dai dirigenti delle ferrovie. Dalle finestre delle abitazioni altre centinaia di<br />
persone si affacciavano per applaudire i manifestanti. I delegati <strong>della</strong> Commissione<br />
poterono così vedere tutti i ventimila goriziani che scandivano “Italia” e cantavano