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Storia della Venezia Giulia - Associazione Giuliani nel Mondo

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’45 come unità dell’esercito italiano <strong>nel</strong>l’esercito popolare liberatore jugoslavo.<br />

L’Italia divenne un Paese cobelligerante, che a fianco degli Alleati combatteva la<br />

Germania di Hitler. Le Forze armate italiane dove possibile si riorganizzarono e, dapprima<br />

alle dipendenze delle varie armate americane, e successivamente in modo più<br />

autonomo, affrontarono i nazisti <strong>nel</strong>la zona di Cassino, a Monte Lungo,già <strong>nel</strong> dicembre<br />

del ’43. Più tardi parteciparono a varie operazioni belliche degli Alleati con un<br />

organico di circa 25.000 uomini del Corpo Italiano di Liberazione, agli ordini del generale<br />

Umberto Utili. A questi si unirono ben 160.000 uomini delle otto Divisioni ausiliarie,<br />

con compiti di supporto logistico.<br />

Intanto,dopo il collasso dello stato italiano in seguito all’armistizio dell’8 settembre<br />

1943, Gorizia fu occupata dalle truppe tedesche e la <strong>Venezia</strong> <strong>Giulia</strong>, ridenominata<br />

Litorale Adriatico a ricordo di quello austriaco scomparso <strong>nel</strong> 1918, fu annessa al III<br />

Reich. Nell’ottobre del ’43 i nazisti trasformarono il complesso di edifici precedentemente<br />

adibito alla pilatura del riso <strong>nel</strong> rione di San Sabba a Trieste in prigione, luogo<br />

di tortura e di smistamento per i prigionieri antifascisti. La Risiera divenne poi campo<br />

di sterminio, l’unico in Italia, dove furono uccise e cremate circa 4.000 persone.<br />

Nella nostra regione i partigiani italiani però oltre a combattere contro i nazisti e<br />

le varie formazioni <strong>della</strong> Repubblica di Salò dovettero affrontare anche le mire<br />

espansionistiche <strong>della</strong> Jugoslavia. Inizialmente il Comitato di Liberazione Nazionale<br />

Alta Italia, che aveva preso contatto diretto con la resistenza jugoslava dal novembre<br />

1943 grazie al partito comunista, inviò <strong>nel</strong> febbraio 1944 “un caloroso saluto ai patrioti<br />

sloveni, croati ed italiani che si battono <strong>nel</strong>l’Istria e <strong>nel</strong> Goriziano “, chiedendo ai cittadini<br />

italiani di intensificare la lotta armata in collaborazione con le formazioni jugoslave.<br />

La questione dei confini venne rimandata alla fine <strong>della</strong> guerra. I partigiani di Tito<br />

intanto approfittarono <strong>della</strong> confusione che regnava <strong>nel</strong>la <strong>Venezia</strong> <strong>Giulia</strong> per impadronirsi<br />

di armi e mezzi militari abbandonati dai soldati italiani e conquistare sin dal settembre<br />

del ’43 parte dell’Istria, seminando il terrore tra la popolazione italiana.<br />

Proseguivano intanto i durissimi scontri tra la Resistenza e i nazisti, che reagirono con<br />

rastrellamenti, saccheggi, incendi, rappresaglie e stragi contro la popolazione civile<br />

inerme, in gran parte vecchi, donne e bambini . Nell’estate del’44 i tedeschi fecero<br />

affluire in Friuli decine di migliaia di cosacchi e caucasici, a cui promisero che avrebbero<br />

potuto insediarsi stabilmente <strong>nel</strong>la Carnia. Fu quindi un susseguirsi di battaglie e<br />

di rappresaglie che impiegarono migliaia di soldati tedeschi, affiancati in alcune azioni<br />

da cosacchi, ustascia, domobranci, cetnici e X Mas. Da allora all’aprile 1945 si assistette<br />

ad un conflitto sanguinosissimo non solo tra forze germaniche e Repubblica di<br />

Salò da una parte e unità partigiane italiane e jugoslave dall’altra, ma a contrasti<br />

durissimi anche all’interno dei due schieramenti. Vi furono scontri tra le formazioni<br />

partigiane comuniste, allineatesi alle posizioni annessionistiche jugoslave, e quelle<br />

democratiche, decise a difendere il confine orientale dell’Italia dalle pretese imperialistiche<br />

nazionalcomuniste di Tito. In questo quadro si verificò il 7 febbraio 1945<br />

l’eccidio di Malga Porzûs, cioè l’uccisione di 15 partigiani <strong>della</strong> brigata “Osoppo”, formata<br />

da uomini e donne di ispirazione cattolica e liberale, da parte di quelli <strong>della</strong><br />

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