Storia della Venezia Giulia - Associazione Giuliani nel Mondo
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“Garibaldi”, che prendevano ordine dai comunisti iugoslavi. Tra i fucilati vi era anche<br />
il fratello dello scrittore Pier Paolo Pasolini.<br />
Nella primavera del ’45 il crollo tedesco consentì all’esercito jugoslavo di occupare<br />
immediatamente l’Istria, Trieste e Gorizia, <strong>nel</strong>la speranza di porre gli Alleati di fronte<br />
al fatto compiuto dell’annessione di città e terre rivendicate come slave data la presenza<br />
plurisecolare di comunità slovene e croate. Nelle ultime fasi <strong>della</strong> guerra Tito<br />
concentrò il suo sforzo militare sulla <strong>Venezia</strong> <strong>Giulia</strong>, lasciando Lubiana e Zagabria<br />
in mani tedesche pur di raggiungere posizioni il più avanzate possibile, che arrivassero<br />
fino al Tagliamento, e riuscì a giungere fino a Romans, <strong>nel</strong>la Bassa Friulana. Trieste,<br />
Gorizia, Fiume e tutta l’Istria furono così occupate dai partigiani slavi, che disarmarono<br />
la brigata Triestina, formata da partigiani locali che avevano combattuto contro<br />
il comune nemico nazista, ed intimarono alle brigate Garibaldi del Friuli di non<br />
avvicinarsi alle aree occupate dai titini.<br />
Il primo maggio 1945 i partigiani di Tito riuscirono dopo un’affannosa marcia forzata<br />
ad entrare a Gorizia e a Trieste prima delle truppe alleate. I reparti jugoslavi pretesero<br />
di assumere il completo governo militare ed iniziarono perquisizioni, requisizioni,<br />
saccheggi, vandalismi e soprattutto deportazioni. Il periodo dell’occupazione titina,<br />
dal 2 maggio al 12 giugno 1945, vide la costituzione <strong>nel</strong>la <strong>Venezia</strong> <strong>Giulia</strong> dello<br />
Slovensko Primorje, cioè del Litorale Sloveno, che aveva come capoluogo Trieste e<br />
comprendeva anche il circondario di Gorizia, diviso in sedici distretti e composto<br />
anche dai comuni di Cividale, Tarvisio e Tarcento, considerati slavofoni. Nell’ottica di<br />
una vera e propria opera di snazionalizzazione, nei quaranta giorni del loro dominio<br />
sulla zona A gli jugoslavi sostituirono gli elementi italiani con elementi slavi in ogni<br />
settore <strong>della</strong> vita civile, e proprio per facilitare l’operazione furono deportati, per<br />
esempio, sia il dirigente sia il personale femminile dell’Ufficio anagrafico del Comune<br />
di Gorizia.<br />
Le pattuglie slave arrestarono civili per le strade e <strong>nel</strong>le case, che secondo le ordinanze<br />
dovevano restare con le porte d’ingresso aperte durante il coprifuoco, dalle 19 alle<br />
7 del mattino. Venne arrestato anche l’arcivescovo di Gorizia, mons. Margotti, rilasciato<br />
dopo pochi giorni con l’ordine di allontanarsi dalla sua diocesi. Nessun cittadino<br />
poteva uscire dalla città senza uno speciale permesso, nè comunicare telefonicamente,<br />
dato che i telefoni privati vennero disattivati. Il Comitato di Liberazione Nazionale<br />
venne sciolto con l’accusa di essere un’espressione mascherata del fascismo, poiché<br />
molti suoi componenti non approvavano la politica titina. Tutti gli impiegati statali,<br />
parastatali e dei vari uffici pubblici vennero licenziati: avrebbero potuto presentare<br />
domanda di riassunzione alle varie amministrazioni slovene, che avrebbero proceduto<br />
ad accertamenti sul loro conto. Ai goriziani sconvolti venne detto che sarebbero stati<br />
perseguitati solo i criminali fascisti – in realtà chi era seriamente compromesso già da<br />
tempo se n’era andato – e che ai cittadini “leali” nei confronti <strong>della</strong> nuova amministrazione<br />
non sarebbe accaduto nulla di male.<br />
A Trieste l’OZNA (Organizzazione per la difesa del popolo, la polizia politica jugoslava),<br />
che operava alle dirette dipendenze del Ministero <strong>della</strong> Difesa jugoslavo, e i repar-