ottobre 2011 - Bambini - Qui - appunti dal presente
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che interruppe la lunghissima dittatura di Mobutu<br />
per poi morire assassinato nel 2001. Lasciamo la<br />
strada asfaltata e ci inoltriamo in quello che è poco<br />
più di un viottolo sterrato in discesa. I dossi si<br />
succedono alle buche, ma la vegetazione è rigogliosa.<br />
Fanno di nuovo capolino le baracche, ma<br />
sanno di vita dignitosa e allegra; saranno famiglie<br />
di pescatori che forse non patiscono tanto la<br />
miseria.<br />
Infine appare il fiume Congo, maestoso, amplissimo;<br />
non si scorge la sponda opposta. Scendiamo<br />
e mi affaccio alla balaustra di ferro; ragazzi<br />
e ragazze in costume fanno il bagno, contenti. La<br />
scaletta è troppo ripida per me e così rimango lì<br />
a guardare mentre Piero e Palma si avventurano<br />
fin sulla riva. Piero inizia a fotografare, un poliziotto<br />
gli si avvicina e temo che saranno guai. Mi<br />
racconterà poi che in effetti voleva soldi e infine<br />
s’è accontentato di una birra. È uso che i poliziotti<br />
chiedano soldi per il più banale dei motivi,<br />
e la ragione è che non prendono quasi mai lo stipendio.<br />
Ho dimenticato di raccontare che lungo<br />
la strada centrale, il boulevard Trenta giugno, c’è<br />
un edificio a quattro piani disabitato. Un gruppo<br />
di poliziotti l’ha occupato e ne ha fatto una prigione<br />
per i primi due piani, le abitazioni delle loro<br />
famiglie per gli altri due.<br />
Kinshasa, 26 aprile <strong>2011</strong><br />
Oggi la lunga, aspra strada che ci porta a Matete<br />
sembra breve. È il nostro ultimo giorno di lavoro<br />
con i bambini e siamo tutti molto tristi. Entriamo<br />
al centro. Non vi sono molti ragazzini; hanno appena<br />
finito di pranzare e questo è uno dei momenti<br />
in cui preferiscono tornare per strada. So<br />
che a molti il richiamo malsano che la strada esercita<br />
appare incomprensibile, ma è qualcosa che<br />
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