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ottobre 2011 - Bambini - Qui - appunti dal presente

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San Salvador, 20 giugno <strong>2011</strong><br />

È un orgoglio strano, difficile da spiegare, forse<br />

impossibile; almeno dubito di riuscire a farlo in<br />

questa pagina scritta con l’urgenza propria di una<br />

situazione del genere. La mattina del lunedì è già<br />

inoltrata e mia figlia Alejandra se ne sta seduta su<br />

una seggiola gialla di plastica, stranamente ipnotizzata<br />

<strong>dal</strong>le immagini che escono <strong>dal</strong> computer<br />

portatile. Non ha ancora compiuto un anno e mezzo,<br />

ma c’è una serie intitolata Jim Jam e Sunny<br />

che la cattura, e non da oggi, da mesi, da quando<br />

a gennaio ha conosciuto in Euskadi questi pupazzetti<br />

giallognoli con il testone che, cantando, insegnano<br />

i colori, le forme, le parti del corpo. “Capa”,<br />

dice quando Jim Jam indica le sue scarpe. Una<br />

“capa” è una scarpa, ovviamente, anche se in un<br />

altro contesto può significare capra. Lo sa lei.<br />

Alejandra rimane seduta. Ha già visto due puntate<br />

di più di venti minuti ciascuna, sotto il mio<br />

sguardo. Si è a malapena alzata per bere un po’<br />

d’acqua o per farmi notare qualche cosa successa<br />

ai pupazzi. “Tino”, mi ha detto quando Sunny ha<br />

preso un calzino. Tino, ovviamente, significa calzino.<br />

Adesso si alza per ballare, per mettersi in<br />

equilibrio sulle sue possenti gambette. Ed è così,<br />

ferma e in movimento, che le si vedono di più le<br />

decine di punti rossi che si sono impadroniti del<br />

suo collo, una strana reazione che stiamo già curando,<br />

con pomate e quant’altro, e che questa mattina<br />

mi permette di godermi mia figlia.<br />

Adesso mi guarda e mi fa morire. Mi fa morire.<br />

È scesa <strong>dal</strong>la seggiola, talmente leggera che l’afferra<br />

e la sposta come fosse uno straccio, e vuole<br />

morderla, e prima mi guarda con quei grandi occhi<br />

scuri, come in attesa che la sgridi. È tanto<br />

p. 96<br />

Roberto Valencía

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