ottobre 2011 - Bambini - Qui - appunti dal presente
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e con aria solenne afferma che è davvero bellissimo.<br />
Quando passa un ragazzo africano a chiederci<br />
una moneta lei commenta: “Ci sono tanti<br />
poveri. Anche noi siamo poveri, non ci sono mai<br />
soldi”.<br />
Verso l’ora di pranzo passa Paolo a domandarmi<br />
prima una sigaretta e poi se posso fargli fare una<br />
telefonata col mio cellulare: “Ho bisogno di una<br />
doccia, devo chiamare ‘sto mio amico, ma quelle<br />
cazzo di zingare riempiono i telefoni pubblici con<br />
la carta igienica così poi la prima cosa che fanno<br />
alla mattina è andarsi a fottere le monete, per non<br />
prendere le botte dai mariti”. Paolo era operatore<br />
sociale, lavorava anche con i senza dimora. Poi<br />
senza casa ci è rimasto lui, con una brutta depressione<br />
e una chitarra che delle volte maltratta<br />
facendo cappello a pochi metri da me.<br />
Più tardi nel pomeriggio arriva anche Alfio, puntuale<br />
come il sole che lo sorprende nella sua solita<br />
postazione e che gli fa cercare l’ombra vicino<br />
a me per qualche ora. Dopo avere disposto a terra<br />
i dipinti che la sua mamma novantenne ha prodotto<br />
nelle ultime notti insonni, si accende una<br />
sigaretta e mi grida: “Dove vai quest’estate? Io<br />
me ne voglio andare da Bologna, ma per sempre<br />
però!”.<br />
Quando si fa sera, <strong>dal</strong>l’angolo in fondo alla libreria<br />
giungono i cori a tre voci di Mariadele e dei<br />
suoi amici. Stanno cantando Ederlezi, quella triste<br />
canzone popolare che Goran Bregović ha riarrangiato<br />
per accompagnare Il tempo dei gitani, il<br />
film di Kusturica. Jasmine-Rachele, che si era di<br />
nuovo seduta al mio fianco, questa volta a consigliarmi<br />
di disegnare una sposa con un fiore in<br />
mano, si alza e corre via. Poi torna da me, ansimante:<br />
“È una canzone nella mia lingua, nella<br />
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