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CNEL - Rapporto Integrazione Immigrati in Italia

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periodo, hanno conosciuto almeno una cessazione dal lavoro (licenziati, dimissionati o non<br />

r<strong>in</strong>novati a scadenza contratto), pari al 23,1% del totale complessivo di 5.678.896 lavoratori che,<br />

nell‟anno dei riferimento, hanno cessato almeno una volta il proprio rapporto di lavoro.<br />

Ne risulta, per i lavoratori nati all’estero, un saldo occupazionale (differenza tra numero di<br />

assunti e numero di cessati nel corso dello stesso anno) positivo di 34.207 unità (numero di assunti<br />

che hanno ecceduto i casi di cessazione a f<strong>in</strong>e anno), pari al 2,5% (percentuale del saldo sul totale<br />

degli assunti). Considerando che il saldo occupazionale complessivo è stato anch‟esso positivo di<br />

116.272 unità, pari a una quota eccedente di assunti del 2,0%, dalla differenza tra i due saldi si<br />

ottiene uno scarto relativo a favore degli immigrati di 0,5 punti percentuali.<br />

Assumendo che il saldo occupazionale positivo riveli la capacità di assorbimento della<br />

manodopera disponibile da parte del mercato occupazionale (<strong>in</strong> quanto, a presc<strong>in</strong>dere dalla durata<br />

e dal tipo di impiego a cui le assunzioni afferiscono, il fatto che esse abbiano ecceduto, nello stesso<br />

arco di tempo, il numero delle cessazioni dimostra che il mercato è riuscito ad assorbire più<br />

manodopera disponibile di quanta ne abbia espulsa, attraverso le cessazioni), lo scarto osservato tra<br />

i due saldi occupazionali mostra che questa capacità di assorbimento da parte del mercato lavorativo<br />

nazionale risulta maggiore nel caso della manodopera immigrata rispetto a quella italiana,<br />

essendo i lavoratori stranieri più <strong>in</strong> grado di restare <strong>in</strong>seriti nel circuito del mercato<br />

occupazionale rispetto ai lavoratori autoctoni, seppure <strong>in</strong> una misura differenziata da territorio a<br />

territorio.<br />

Reddito da lavoro dipendente. In <strong>Italia</strong>, la retribuzione media annua pro capite di fatto dei<br />

lavoratori dipendenti d‟azienda nel loro complesso è stata, nel 2007, di 19.213 euro; quella dei soli<br />

lavoratori dipendenti extracomunitari (UE15) di 11.697 euro, per una differenza di 7.516 euro<br />

(retribuzione dei lavoratori non comunitari <strong>in</strong>feriore del 39,1% rispetto a quella complessiva).<br />

Se si rapporta l‟importo medio annuo dei lavoratori non comunitari alla soglia m<strong>in</strong>ima<br />

annua di povertà assoluta 5 , che è pari a 9.467 euro, si constata che la retribuzione media di un<br />

lavoratore dipendente extracomunitario supera di 2.230 euro annui la soglia m<strong>in</strong>ima di<br />

povertà.<br />

Si tratta di una quota pari al 19,1% della retribuzione media annua suddetta, il che vuol<br />

dire che un lavoratore dipendente non comunitario spende mediamente i 4 qu<strong>in</strong>ti del suo<br />

stipendio per soddisfare le necessità più essenziali della sua famiglia perché essa non cada <strong>in</strong><br />

una situazione di povertà.<br />

Considerando che l‟importo della retribuzione è calcolato al lordo, mentre la soglia di<br />

povertà si riferisce a una spesa netta, è facile desumere che questo avanzo di retribuzione positivo<br />

del 19% è <strong>in</strong> realtà solo virtuale, perché la retribuzione netta (quella effettivamente percepita e<br />

disponibile per la spesa) sarebbe <strong>in</strong> ogni caso <strong>in</strong>feriore a tale quota, e si collocherebbe pertanto al di<br />

sotto della soglia di povertà considerata.<br />

Ciò vuol dire che, mediamente, un lavoratore extracomunitario dipendente d’azienda<br />

che fosse, <strong>in</strong> <strong>Italia</strong>, l’unico percettore di reddito da lavoro di un nucleo familiare medio non<br />

riuscirebbe a mantenere il tenore familiare al di sopra di uno stato di povertà “oggettiva”.<br />

Del resto, anche solo stando alla differenza tra la retribuzione media annua lorda e la soglia<br />

netta di povertà assoluta (come <strong>in</strong> questa sede si è dovuto necessariamente fare, non essendo<br />

possibile calcolare l‟importo netto di retribuzioni medie, visto che i costi aziendali e previdenziali<br />

che si sarebbero dovuti scorporare variano considerevolmente da lavoratore a lavoratore), e tenendo<br />

ferma qu<strong>in</strong>di l‟avvertenza che <strong>in</strong> realtà la retribuzione netta determ<strong>in</strong>erebbe, rispetto alla soglia di<br />

povertà adottata, uno scarto comunque <strong>in</strong>feriore a quello calcolato, è pur sempre eloquente<br />

5 L‟equivalente, <strong>in</strong> euro, della spesa annua di una famiglia per un paniere di beni e servizi ritenuti essenziali per non<br />

trovarsi <strong>in</strong> una situazione di “oggettiva” <strong>in</strong>digenza, riferita a un nucleo familiare composto mediamente da 2,5<br />

componenti, come è nel caso delle famiglie straniere <strong>in</strong> <strong>Italia</strong>, e a Comuni con meno di 50.000 abitanti, tipologia <strong>in</strong> cui<br />

maggiormente si trova a vivere la popolazione immigrata a livello nazionale.<br />

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