Febbraio 2013 - Accademia Italiana della Cucina
Febbraio 2013 - Accademia Italiana della Cucina
Febbraio 2013 - Accademia Italiana della Cucina
You also want an ePaper? Increase the reach of your titles
YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.
CULTURA & RICERCA<br />
Il gusto degli antichi Romani<br />
DI CANDIDA SULPIZI<br />
Accademica di Atri<br />
In età imperiale si tendeva<br />
a cambiare l’aspetto<br />
delle cose, trasformando<br />
i cibi in illusioni ottiche<br />
e in capolavori di abilità.<br />
Igusti dei Romani appaiono, almeno<br />
in età imperiale, evoluti verso<br />
sapori molto forti e drogati, mentre<br />
in epoca repubblicana, caratterizzata<br />
da costumi molto sobri, la cucina<br />
non tendeva a cambiare i gusti<br />
naturali delle sostanze alimentari.<br />
Questa tendenza rappresenta abbastanza<br />
chiaramente la fondamentale<br />
propensione delle popolazioni dell’impero<br />
ad affermare il dominio dell’uomo<br />
sulla natura. Nel campo culinario,<br />
questo dominio si manifestò<br />
in due modi diversi, con la tendenza<br />
a cambiare con l’arte culinaria i gusti<br />
e a cambiare l’aspetto delle cose, trasformando<br />
i cibi in illusioni ottiche e<br />
in capolavori di abilità.<br />
Dal punto di vista dietetico, l’alimentazione<br />
dei ceti elevati differiva<br />
da quella dei ceti meno abbienti soprattutto<br />
per i diversi criteri nella<br />
composizione dei pasti, ma non per<br />
la varietà di sostanze equivalenti: cereali<br />
e vegetali prevalgono tanto nell’alimentazione<br />
dei poveri che in<br />
quella dei ricchi. L’alimentazione popolare<br />
del periodo repubblicano e<br />
anche di parte notevole di quello<br />
imperiale, nella quale prevalgono<br />
impasti di farina e quantitativi vari di<br />
vegetali con il complemento di latticini<br />
e di olio, non doveva provvedere<br />
sufficientemente all’accrescimento<br />
del corpo e al mantenimento del bilancio<br />
organico. Non a caso, per un<br />
periodo molto lungo <strong>della</strong> storia romana,<br />
la carne di maiale (proteine di<br />
elevato valore biologico, ferro e lipidi),<br />
con il suo apporto di calorie e<br />
grassi, venne considerata elemento<br />
essenziale per la nutrizione anche<br />
nelle classi meno abbienti.<br />
In Italia come in Grecia i cereali<br />
bolliti (puls) rappresentavano uno<br />
degli elementi essenziali <strong>della</strong> nutrizione<br />
(proteine e carboidrati). La base<br />
normale <strong>della</strong> “puls” a Roma era il<br />
farro, il tipo di frumento più antico e<br />
largamente coltivato, anche in Egitto,<br />
dal quale deriva il nome stesso <strong>della</strong><br />
farina.<br />
Subito dopo i cereali venivano i<br />
vegetali, che ebbero e hanno una<br />
grande importanza nell’alimentazione<br />
umana (vitamine, minerali, fibre,<br />
zuccheri, acqua). Tutti i vegetali si<br />
condivano per lo più con olio d’oliva<br />
e aceto o con vino e sostanze<br />
piccanti. Molti vegetali venivano<br />
mangiati cotti e conditi con le foglie<br />
del rafano, <strong>della</strong> senape, delle ortiche,<br />
<strong>della</strong> borragine e di altre erbe<br />
di cui ancora oggi facciamo largo<br />
uso e che vengono riscoperte.<br />
Fra le leguminose si faceva abbondante<br />
impiego di lenticchie, ceci, lupini<br />
e fave, che ebbero grande importanza<br />
nell’alimentazione romana<br />
come in quella greca. I Romani furo-<br />
CIVILTÀ DELLA TAVOLA <strong>2013</strong> • N. 246 • PAGINA 11<br />
no grandi consumatori di cipolle e<br />
aglio, un condimento per il pane era<br />
una salsa preparata facendo macerare<br />
l’aglio in olio e aceto. Fra i bulbi<br />
e le radici che venivano consumati<br />
dai Romani, e di cui si è perduto<br />
l’uso, bisogna ricordare i bulbi del<br />
gladiolo, dell’asfodelo e quelli di parecchie<br />
piante <strong>della</strong> famiglia delle<br />
orchidee (cfr. oggi l’uso dei bulbi del<br />
topinambur).<br />
Gli asparagi crescevano abbondanti<br />
allo stato selvatico e venivano consumati<br />
largamente, come i carciofi e<br />
i cardi, e si facevano insalate con la<br />
cicoria e il crescione. I funghi erano<br />
conosciuti e consumati sia freschi<br />
che secchi. Già nel mondo romano il<br />
fungo considerato più sicuro era il<br />
Boletus aedulis. I tartufi, bianchi e<br />
neri, erano conosciuti e ricercati in<br />
Italia e importati da alcune province<br />
fra cui la Gallia meridionale. L’unico<br />
mezzo di conservazione dei vegetali<br />
alimentari al di fuori <strong>della</strong> loro stagione,<br />
quando non si poteva ricorrere<br />
all’essiccatura, era la salamoia,<br />
adatta a diverse qualità di verdure<br />
quali il cardo, la lattuga, il cavolo, le<br />
carote, il sedano, gli asparagi, la cicoria,<br />
la scarola, oltre a parecchie radici<br />
e tuberi.<br />
I Romani non usavano a scopo alimentare<br />
olio diverso da quello d’oliva,<br />
anche se conoscevano gli oli di<br />
mandorla, di noce, di colza e di sesamo,<br />
che però non usavano nell’alimentazione.<br />
Naturalmente, con la<br />
ricchezza di coste <strong>della</strong> penisola italiana,<br />
non era difficile la produzione<br />
di sale marino, che doveva essere rilavorato<br />
in casa per ottenere un sale<br />
bianco. I cuochi abili usavano tenersi<br />
a disposizione sali preparati e aromatizzati,<br />
per migliorare più facilmente<br />
il gusto delle pietanze (sal<br />
conditus): le ricette che si posseggo-