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Febbraio 2013 - Accademia Italiana della Cucina

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CULTURA & RICERCA<br />

Il gusto degli antichi Romani<br />

DI CANDIDA SULPIZI<br />

Accademica di Atri<br />

In età imperiale si tendeva<br />

a cambiare l’aspetto<br />

delle cose, trasformando<br />

i cibi in illusioni ottiche<br />

e in capolavori di abilità.<br />

Igusti dei Romani appaiono, almeno<br />

in età imperiale, evoluti verso<br />

sapori molto forti e drogati, mentre<br />

in epoca repubblicana, caratterizzata<br />

da costumi molto sobri, la cucina<br />

non tendeva a cambiare i gusti<br />

naturali delle sostanze alimentari.<br />

Questa tendenza rappresenta abbastanza<br />

chiaramente la fondamentale<br />

propensione delle popolazioni dell’impero<br />

ad affermare il dominio dell’uomo<br />

sulla natura. Nel campo culinario,<br />

questo dominio si manifestò<br />

in due modi diversi, con la tendenza<br />

a cambiare con l’arte culinaria i gusti<br />

e a cambiare l’aspetto delle cose, trasformando<br />

i cibi in illusioni ottiche e<br />

in capolavori di abilità.<br />

Dal punto di vista dietetico, l’alimentazione<br />

dei ceti elevati differiva<br />

da quella dei ceti meno abbienti soprattutto<br />

per i diversi criteri nella<br />

composizione dei pasti, ma non per<br />

la varietà di sostanze equivalenti: cereali<br />

e vegetali prevalgono tanto nell’alimentazione<br />

dei poveri che in<br />

quella dei ricchi. L’alimentazione popolare<br />

del periodo repubblicano e<br />

anche di parte notevole di quello<br />

imperiale, nella quale prevalgono<br />

impasti di farina e quantitativi vari di<br />

vegetali con il complemento di latticini<br />

e di olio, non doveva provvedere<br />

sufficientemente all’accrescimento<br />

del corpo e al mantenimento del bilancio<br />

organico. Non a caso, per un<br />

periodo molto lungo <strong>della</strong> storia romana,<br />

la carne di maiale (proteine di<br />

elevato valore biologico, ferro e lipidi),<br />

con il suo apporto di calorie e<br />

grassi, venne considerata elemento<br />

essenziale per la nutrizione anche<br />

nelle classi meno abbienti.<br />

In Italia come in Grecia i cereali<br />

bolliti (puls) rappresentavano uno<br />

degli elementi essenziali <strong>della</strong> nutrizione<br />

(proteine e carboidrati). La base<br />

normale <strong>della</strong> “puls” a Roma era il<br />

farro, il tipo di frumento più antico e<br />

largamente coltivato, anche in Egitto,<br />

dal quale deriva il nome stesso <strong>della</strong><br />

farina.<br />

Subito dopo i cereali venivano i<br />

vegetali, che ebbero e hanno una<br />

grande importanza nell’alimentazione<br />

umana (vitamine, minerali, fibre,<br />

zuccheri, acqua). Tutti i vegetali si<br />

condivano per lo più con olio d’oliva<br />

e aceto o con vino e sostanze<br />

piccanti. Molti vegetali venivano<br />

mangiati cotti e conditi con le foglie<br />

del rafano, <strong>della</strong> senape, delle ortiche,<br />

<strong>della</strong> borragine e di altre erbe<br />

di cui ancora oggi facciamo largo<br />

uso e che vengono riscoperte.<br />

Fra le leguminose si faceva abbondante<br />

impiego di lenticchie, ceci, lupini<br />

e fave, che ebbero grande importanza<br />

nell’alimentazione romana<br />

come in quella greca. I Romani furo-<br />

CIVILTÀ DELLA TAVOLA <strong>2013</strong> • N. 246 • PAGINA 11<br />

no grandi consumatori di cipolle e<br />

aglio, un condimento per il pane era<br />

una salsa preparata facendo macerare<br />

l’aglio in olio e aceto. Fra i bulbi<br />

e le radici che venivano consumati<br />

dai Romani, e di cui si è perduto<br />

l’uso, bisogna ricordare i bulbi del<br />

gladiolo, dell’asfodelo e quelli di parecchie<br />

piante <strong>della</strong> famiglia delle<br />

orchidee (cfr. oggi l’uso dei bulbi del<br />

topinambur).<br />

Gli asparagi crescevano abbondanti<br />

allo stato selvatico e venivano consumati<br />

largamente, come i carciofi e<br />

i cardi, e si facevano insalate con la<br />

cicoria e il crescione. I funghi erano<br />

conosciuti e consumati sia freschi<br />

che secchi. Già nel mondo romano il<br />

fungo considerato più sicuro era il<br />

Boletus aedulis. I tartufi, bianchi e<br />

neri, erano conosciuti e ricercati in<br />

Italia e importati da alcune province<br />

fra cui la Gallia meridionale. L’unico<br />

mezzo di conservazione dei vegetali<br />

alimentari al di fuori <strong>della</strong> loro stagione,<br />

quando non si poteva ricorrere<br />

all’essiccatura, era la salamoia,<br />

adatta a diverse qualità di verdure<br />

quali il cardo, la lattuga, il cavolo, le<br />

carote, il sedano, gli asparagi, la cicoria,<br />

la scarola, oltre a parecchie radici<br />

e tuberi.<br />

I Romani non usavano a scopo alimentare<br />

olio diverso da quello d’oliva,<br />

anche se conoscevano gli oli di<br />

mandorla, di noce, di colza e di sesamo,<br />

che però non usavano nell’alimentazione.<br />

Naturalmente, con la<br />

ricchezza di coste <strong>della</strong> penisola italiana,<br />

non era difficile la produzione<br />

di sale marino, che doveva essere rilavorato<br />

in casa per ottenere un sale<br />

bianco. I cuochi abili usavano tenersi<br />

a disposizione sali preparati e aromatizzati,<br />

per migliorare più facilmente<br />

il gusto delle pietanze (sal<br />

conditus): le ricette che si posseggo-

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