Febbraio 2013 - Accademia Italiana della Cucina
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CULTURA & RICERCA<br />
Un antico mangiare contadino<br />
DI PINO JUBATTI<br />
Accademico di Chieti<br />
È la “pizz’e fujje”<br />
di cui si dà<br />
la ricetta tradizionale.<br />
Aconclusione di una recente<br />
raccolta di ricette classiche<br />
<strong>della</strong> cucina vastese, tra marinare<br />
e contadine, ha ridestato insolito<br />
interesse un piatto a base di elementi<br />
naturali e fra i più semplici di<br />
sempre: quella specie di “misticanza<br />
con focaccia di mais”, detto in lingua<br />
italiana, ossia un poco discosto<br />
da quel suo inseparabile mondo<br />
vernacolare alloglotto. Il suo gusto<br />
ha prevalso pure al confronto con<br />
alcune altre, assai popolari anche altrove,<br />
come: brodetto di pesce, carciofi<br />
ripieni, polpette cacio e uova,<br />
polpi in purgatorio, lumache con la<br />
mentuccia, scapece, polenta condita.<br />
Pietanza pressoché umile, anche se<br />
non del tutto povera - non si dimentichi<br />
che è conterranea delle celebri<br />
“virtù” di vicina patria -, è costituita<br />
da erbe spontanee, raccolte in campagna<br />
e cotte con l’arte ognora sa-<br />
piente dei fuochi domestici d’area<br />
rustica, e apparecchiata con il conclusivo<br />
sbriciolamento <strong>della</strong> classica<br />
“pizza gialla”.<br />
Quasi un omaggio a quella risposta<br />
del nostro Presidente, nella nota<br />
intervista in cui, a chi gli chiedeva il<br />
perché <strong>della</strong> negazione di una cucina<br />
italiana, egli faceva saggiamente<br />
rimarcare, al contrario, l’appropriata<br />
presenza di uno stile italiano, frutto<br />
di tante cucine regionali (e locali; ad<br />
esempio: la cucina <strong>della</strong> mamma e i<br />
tortellini). Ma, per comprendere meglio<br />
la portata <strong>della</strong> ricetta in argomento<br />
e penetrarne i soffusi contenuti<br />
sensoriali, occorre servirsi del<br />
dettaglio di cottura e di preparazione;<br />
soprattutto perché ha visto coagularsi<br />
nel tempo, attorno ai suoi innegabili<br />
contenuti di genuinità tra<br />
linguistici e alimentari (insomma,<br />
antropologici), la decisa attenzione<br />
di due nomi altisonanti come quelli<br />
di Piero Camporesi e di Gianluigi<br />
Beccaria.<br />
Il primo ne volle ripetutamente argomentare<br />
nella sua chiave di lettura<br />
scientifica ma - aspetto che non<br />
deve sfuggire al lettore attento <strong>della</strong><br />
rivista - soprattutto come tema discreto<br />
dentro quel respiro d’orizzonte<br />
culturale, allorché il noto studioso<br />
produsse la sua storica “introduzione”<br />
alla “Scienza in cucina e l’arte di<br />
mangiar bene” di Pellegrino Artusi.<br />
Il secondo la celebra, addirittura,<br />
dandone il titolo ad un suo recente<br />
e accattivante libro: “Misticanze”,<br />
che parte da presupposti notoriamente<br />
linguistici, ma che risulta essere<br />
un trattato di gustosa iperbole<br />
culinaria.<br />
Insomma, per la felicità di quest’ultimo<br />
scrittore, ma pure nella venerata<br />
memoria del primo, noi vastesi<br />
proponiamo il dialettale “pizz’e<br />
CIVILTÀ DELLA TAVOLA <strong>2013</strong> • N. 246 • PAGINA 21<br />
fujje” [pizza (gialla) con foglie (come<br />
in antico, per intendere verdure)],<br />
corroborando quegli interessi,<br />
comuni ai due scrittori, e che vengono<br />
definiti di disciplina glottologica.<br />
In quest’ultima area, non è il caso<br />
di ricordare quanta importanza -<br />
non solo in fatto di costume - costituisca<br />
il richiamo culturale del linguaggio<br />
culinario in vernacolo: altri<br />
lo hanno fatto meglio di noi e proprio<br />
tra queste pagine.<br />
Conseguente e chiarificatrice, a<br />
questo punto, la promessa narrazione<br />
di tavola locale, quanto ad ingredienti<br />
e modalità. Per 4 persone, occorrono<br />
1,2 kg di verdure raccolte<br />
di fresco: cascigni, gallinelle, cicoriella,<br />
tarassaco, radicchiello; 1 kg di<br />
farina di mais tipo Bramata; 3 lunghi<br />
peperoni rossi secchi; 5 spicchi<br />
d’aglio; 3 dl di olio extravergine<br />
d’oliva; sale.<br />
Una volta mondate e lavate ripetutamente<br />
le verdure, si mettono a<br />
scolare per qualche minuto, mentre<br />
a parte si sala e si impasta la farina<br />
gialla, fino a determinarne una “torta”<br />
alta non più di tre cm (il diametro,<br />
invece, è correlato all’ampiezza<br />
<strong>della</strong> coppa in ferro nero). A questo<br />
punto occorre avere a disposizione<br />
(anche se non siamo proprio in<br />
campagna): una grossa pentola metallica;<br />
una larga pa<strong>della</strong>; un pentolino;<br />
il forno a legna.<br />
In abbondante acqua, dentro la<br />
pentola metallica, si fanno scottare<br />
le verdure dopo averle salate; si<br />
estraggono, si sgocciolano, e subito<br />
di seguito si pongono dentro la pa<strong>della</strong>,<br />
dopo aver irrorato il suo fondo<br />
con un leggero strato di olio extravergine.<br />
A fuoco basso, inizia<br />
quindi la cottura vera e propria delle<br />
verdure; contemporaneamente,<br />
ma rapidamente, nel pentolino si