Febbraio 2013 - Accademia Italiana della Cucina
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scambio tra le due culture gastronomiche<br />
già nel Rinascimento, aveva<br />
visto il prevalere <strong>della</strong> cucina italiana,<br />
e in particolare toscana, in Francia<br />
grazie a Caterina de’ Medici, famosa,<br />
nello specifico, per aver introdotto<br />
l’uso di elaborati pasticci di<br />
carne. Nel Seicento e nel Settecento,<br />
i ruoli si invertono, l’egemonia spetta<br />
alla cucina francese, che ingentilisce<br />
e armonizza l’uso dei prodotti, controllando<br />
il dosaggio delle spezie,<br />
equilibrando contrasti fra dolce e salato<br />
e introducendo nuove tecniche<br />
di cottura. La superiorità di questa<br />
cucina contribuisce all’istituzione di<br />
un gergo specifico tuttora presente<br />
nel lessico abituale <strong>della</strong> gastronomia<br />
siciliana: monsù da “monsieur”, ragù<br />
da “ragoût”, gattò da “gateau”.<br />
Il sartù, affine al timballo e al pasticcio,<br />
etimologicamente deriva anche<br />
dal francese “surtout” che indica<br />
una decorazione da centrotavola.<br />
L’idea di creare un timballo di pasta<br />
è tuttavia tipica dell’Italia meridionale,<br />
Napoli e Sicilia in particolare. È proprio<br />
nell’isola del sole che padre Labat,<br />
tra i primi viaggiatori del Grand<br />
tour, scopre per la prima volta, all’inizio<br />
del XVIII secolo, un pasticcio di<br />
maccheroni: “Non avevo mai visto<br />
pâtè di maccheroni. I maccheroni<br />
erano stati cotti in un brodo di latte<br />
di mandorle, di cannella, <strong>della</strong> vera<br />
uvetta di Corinto, dei pistacchi del<br />
CULTURA & RICERCA<br />
Levante, delle scorze di limoni, i salamini<br />
più delicati e guarniti con pasta<br />
di Genova”. Parliamo di un periodo<br />
in cui, rotti i legami con la gastronomia<br />
grezza del passato, la cucina europea<br />
entra in contatto con la gastronomia<br />
araba, attraverso la Spagna e<br />
la Sicilia. Ecco dunque la presenza<br />
delle spezie, come lo zafferano, il pepe,<br />
la cannella, il chiodo di garofano,<br />
il profumo dell’acqua di rose, l’uso<br />
dello zucchero, dell’aceto, <strong>della</strong> frutta<br />
secca, le mandorle e gli agrumi.<br />
Dal prototipo di un timballo che<br />
evoca retaggi arabi e rinascimentali,<br />
passiamo a quello più aristocratico e<br />
più famoso <strong>della</strong> letteratura italiana,<br />
un “torreggiante timballo di maccheroni”:<br />
Don Fabrizio, principe di Salina,<br />
lo offre ai suoi ospiti, per celebrare<br />
l’importanza e la solennità del<br />
primo pranzo a Donnafugata, feudo<br />
e località di villeggiatura <strong>della</strong> famiglia.<br />
La superficie dorata di questo<br />
“trionfo di gola” rappresenta una<br />
premessa ai tesori che vi si celano<br />
all’interno. Primo fra tutti il tartufo,<br />
che pur essendo presente nel sottobosco<br />
<strong>della</strong> Sicilia, non rientra nella<br />
sua tradizione culinaria: forse perché<br />
di dimensioni più modeste rispetto a<br />
quelli noti del Piemonte e dell’Umbria,<br />
forse per il suo aroma meno intenso<br />
o forse semplicemente perché<br />
i cuochi siciliani preferivano esaltare<br />
i loro piatti con i profumi del Medi-<br />
ACCADEMICI IN PRIMO PIANO<br />
L’Accademico di Livorno Lorenzo Gremigni è stato nominato vicegovernatore<br />
per la Toscana del Panathlon Club International.<br />
Giuseppe Landini, Accademico di Bologna San Luca, per particolari<br />
benemerenze, è stato nominato “motu proprio”, dal Presidente<br />
Giorgio Napolitano, “Ufficiale al merito” <strong>della</strong> Repubblica <strong>Italiana</strong>.<br />
L’Accademico di Modena Davide Scarabelli ha realizzato la scultura<br />
“Vivere intensamente” per il premio “Diwine Award” 2012.<br />
L’Accademico di Pisa Saverio Sani è stato nominato Presidente del<br />
Rotary Club di Pisa.<br />
L’Accademico di Pisa Savino Gerardo Sar<strong>della</strong> è stato nominato<br />
Presidente del Rotary Club Pisa “A. Pacinotti”.<br />
CIVILTÀ DELLA TAVOLA <strong>2013</strong> • N. 246 • PAGINA 30<br />
terraneo. La demi-glace, il fondo<br />
bruno, è un ulteriore elogio alla professionalità<br />
e all’abilità dei monsù. I<br />
tempi di cottura prolungati, la varietà<br />
delle carni e delle verdure utilizzate,<br />
le operazioni scandite ad intervalli<br />
di tempo regolare, fra le quali<br />
la schiumatura, la filtrazione, la<br />
sgrassatura, ne fanno un autentico<br />
boccone da re. Una portata che non<br />
tutte le bocche sono in grado di apprezzare.<br />
Benché il principio <strong>della</strong> stufatura,<br />
già noto ai Romani, sia sempre stato<br />
praticato attraverso i secoli, le attuali<br />
formule di timballi sembrerebbero<br />
piuttosto recenti. Le prime versioni,<br />
diverse dalle moderne, le troviamo<br />
nel Corrado, il quale propone una<br />
vasta gamma di timballi e sartù ripieni<br />
di gnocchi, ravioli, maccheroni, rigatoni<br />
imbottiti o riso: ricette che,<br />
non facendo parte <strong>della</strong> cucina popolare,<br />
sono oggi a torto dimenticate.<br />
Drastico nel sentenziare testualmente<br />
che “la pasta per i timballi è<br />
la sfogliata e la mezza frolla, ma senza<br />
zucchero”. Il Cavalcanti, invece,<br />
usa molto spesso la pasta frolla, alternandola<br />
alla pasta brisée e a quella<br />
sfoglia e nella nona edizione del<br />
suo libro ci parla di certe preparazioni<br />
ancora note, come i maccheroni<br />
cotti crudi e quelli alla siciliana.<br />
Annovera anche il timballo di melanzane,<br />
la frittata di scammaro e<br />
l’omonimo timballo, oggi ignoto, ma<br />
tralascia la lasagna e il timballo al ragù<br />
che cita invece nelle edizioni precedenti.<br />
Esistenti nella cucina siciliana già<br />
dal tempo degli arabi, piatti forti nella<br />
cucina napoletana tra il Settecento<br />
e l’Ottocento, erano molto in voga<br />
presso le cucine dei nobili. Ricette di<br />
timballi <strong>della</strong> cucina napoletana sono<br />
riportate nelle opere di Vincenzo<br />
Corrado e di Ippolito Cavalcanti. Ancora<br />
oggi è diffuso a Napoli, seguendo<br />
questa tradizione, il sartù di riso,<br />
mentre a Palermo è tipico il timballo<br />
con gli anelli siciliani e con le melanzane.<br />
FRANCESCA FERRERI DELL’ANGUILLA<br />
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