Febbraio 2013 - Accademia Italiana della Cucina
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e invase la Gallia, la coltivazione<br />
dell’olivo e <strong>della</strong> vite non oltrepassava<br />
le Cevenne e la sinistra del Rodano.<br />
Dunque l’intero territorio massiliota<br />
era rimasto immune dal divieto.<br />
Sempre Mommsen, in una nota al<br />
passo ciceroniano, dichiara che la<br />
disposizione non si riferisce al Nord<br />
Italia e alla Liguria e neppure a Massalia<br />
che possedeva un territorio<br />
proprio, sovrano, ristretto alla città e<br />
alle fattorie litoranee e ad alcuni<br />
possessi nell’entroterra <strong>della</strong> piana<br />
bassa dell’Huveaune, densi di vigneti<br />
e oliveti.<br />
Tenney Frank ritiene che il Senato<br />
si fosse proposto, nel dettare la proibizione,<br />
di proteggere l’olivicoltura e<br />
la viticoltura massiliota nelle strette<br />
vicinanze <strong>della</strong> città.<br />
È solo dopo la conquista <strong>della</strong><br />
Gallia Narbonense che il Senato intervenne<br />
per regolare nelle nuove<br />
regioni la produzione olearia e vinicola<br />
in rapporto agli interessi italici:<br />
di conseguenza, la sua emanazione<br />
deve risalire tra il 121 e il 118 a.C.<br />
L’ordine senatorio, proprietario<br />
<strong>della</strong> maggior parte delle vaste imprese<br />
agrarie nelle quali l’olivicoltura<br />
e la viticoltura avevano un posto di<br />
primo piano, vedeva in questa limitazione<br />
una garanzia contro la crisi<br />
<strong>della</strong> sovrapproduzione italica.<br />
L’ordine equestre, contando numerosi<br />
proprietari di imprese terriere di<br />
ogni ampiezza, aveva in questo caso<br />
coincidenza d’interessi con la nobiltà<br />
e, soprattutto, la disciplina <strong>della</strong> produzione<br />
consolidava la fortuna dei<br />
traffici esistenti, evitando il formarsi<br />
di nuovi empori concorrenti. Anche<br />
le classi medie e piccole del ruralismo<br />
italico, ossia la borghesia municipale,<br />
furono soddisfatte del provvedimento,<br />
perché proteggeva la loro<br />
attività. Del resto il provvedimento<br />
giovava all’Italia e non nuoceva<br />
alla Narbonense, in quanto esso mirava<br />
a mantenere in equilibrio le reciproche<br />
economie. Infatti, tolto il<br />
territorio massiliota, cui non venne<br />
applicato il provvedimento, nelle regioni<br />
occidentali e orientali <strong>della</strong><br />
provincia transalpina non esisteva<br />
CULTURA & RICERCA<br />
traccia di coltura dell’olivo e <strong>della</strong> vite<br />
come anche ci è attestato da Varrone<br />
nel “De re rustica”, I.7: “Quando<br />
comandavo l’esercito nell’interno<br />
<strong>della</strong> Gallia transalpina vicino al Reno<br />
visitai un certo numero di Paesi<br />
in cui non nascevano né viti né alberi<br />
da frutta”.<br />
La Provincia Narbonense, divenuta<br />
“praedium” del popolo romano, era<br />
giusto sviluppasse le riserve agrarie<br />
del proprio suolo e ciò, anzi, era<br />
nell’interesse stesso di Roma. Tale<br />
sviluppo era necessario venisse coordinato<br />
all’economia generale dell’Italia.<br />
La “ratio legis” del provvedimento,<br />
quindi, non fu dettata da<br />
scopi egoistici italici, ma fu diretta<br />
ad equilibrare produzione e consumo<br />
a garanzia del benessere e <strong>della</strong><br />
pace pubblica.<br />
Un ulteriore spunto che ci permette<br />
di fare vera luce sulla portata di<br />
questo senatoconsulto ci è offerto<br />
esaminando il vero significato del<br />
verbo “serere”.<br />
Innumerevoli autori hanno tradotto<br />
questo verbo con “coltivare” e così<br />
dal passo si evincerebbe un divieto<br />
alla coltivazione dell’olivo e <strong>della</strong><br />
vite e quindi, in un certo senso, una<br />
costrizione all’abbandono <strong>della</strong> loro<br />
CENA ECUMENICA <strong>2013</strong><br />
CIVILTÀ DELLA TAVOLA <strong>2013</strong> • N. 246 • PAGINA 25<br />
cura con evidenti rischi di deperimento<br />
e scarso rendimento delle<br />
piante presenti. Altri autori, più correttamente,<br />
traducono “serere” con<br />
“piantare”. Il dizionario latino Forcellini<br />
“Lexicon totius Latinitatis” fa risalire<br />
filologicamente il verbo dalla radice<br />
“skr”, da cui “sa”, da cui “semen”.<br />
Per questa seconda interpretazione,<br />
l’informazione ciceroniana si<br />
limiterebbe a dire semplicemente<br />
che il senatoconsulto sarebbe consistito<br />
nel divieto d’introdurre tali colture<br />
nei paesi ove ancora non erano<br />
presenti.<br />
Balza chiara la differenza che corre<br />
tra proibizione di coltivare e proibizione<br />
di piantare. Nel primo caso<br />
si tende, sia pure indirettamente, a<br />
sopprimere una piantagione già esistente<br />
e nel secondo ad evitare che<br />
la piantagione sorga. Ne consegue<br />
che il Senato romano non esercitò<br />
alcuna violenza sull’economia agricola<br />
<strong>della</strong> nuova provincia, ma rispettò<br />
e tenne per base lo stato di<br />
fatto in cui si trovavano in quel momento<br />
l’olivicoltura e la viticoltura<br />
narbonensi di cui volle bloccare,<br />
non permettendo nuove piantagioni,<br />
soltanto la produzione.<br />
See International Summary page 70<br />
Quest’anno, la riunione conviviale ecumenica,<br />
che vede alla stessa mensa virtuale tutti gli<br />
Accademici in Italia e nel mondo, si svolgerà<br />
il 17 ottobre alle 20,30, e avrà come tema “La<br />
cucina delle carni da non dimenticare”. Un<br />
tema, quello scelto dal Centro Studi “Franco<br />
Marenghi” e approvato dal Consiglio di Presidenza,<br />
che comprende la cucina del quinto<br />
quarto, ma anche di altre carni o prodotti di<br />
origine animale, presenti nella cucina del popolo e oggi sempre meno<br />
usati, anche perché espressione di un’ormai superata cucina <strong>della</strong> fame.<br />
L’obiettivo sarà dunque quello di recuperare le tradizioni <strong>della</strong> cucina di<br />
frattaglie, visceri, rigaglie, trippe e non solo, che oggi possono ancora avere<br />
un ruolo in una moderna cucina italiana sobria. I Delegati cureranno<br />
che la cena ecumenica sia accompagnata da una idonea relazione<br />
di carattere culturale che illustri l’importante tema proposto e che, sulle<br />
mense, il menu sia composto in omaggio agli alimenti scelti.