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Febbraio 2013 - Accademia Italiana della Cucina

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DI MARIA ATTANASIO<br />

Poetessa di Caltagirone<br />

Nel corso <strong>della</strong> rassegna<br />

“Cibo ed arte”,<br />

che la Delegazione<br />

di Caltagirone organizza<br />

da molti anni,<br />

la poetessa Maria Attanasio<br />

ha svolto un’interessante<br />

relazione sul tema:<br />

“Dalla parola all’alimento,<br />

dal cibo alla poesia”.<br />

CULTURA & RICERCA<br />

Dal cibo alla poesia<br />

In un dipinto del 1872 - “Un angolo<br />

<strong>della</strong> tavola” - Henri Fantin<br />

Latour rappresenta il tavolo di un<br />

ristorante, e, attorno, dei poeti. Nessun<br />

piatto, nessuna traccia di cibo<br />

su quella mensa. Solo una caraffa,<br />

dei bicchieri, un bricco, una tazzina.<br />

Una tavola simbolicamente vuota,<br />

come quasi del tutto privi di riferimenti<br />

alla cucina, fino all’Ottocento,<br />

sono i versi dei poeti lirici, nonostante<br />

un comune denominatore<br />

unisca cibo e poesia: la bellezza.<br />

Ad affermarlo è Giacomo Leopardi,<br />

che col cibo ebbe un rapporto esistenzialmente<br />

e testualmente intenso.<br />

“I sapori hanno armonia, cioè<br />

convenienza, la quale se non si<br />

chiama bellezza, ciò non deriva che<br />

da costume” annotava nello “Zibaldone”.<br />

Se il cibo è sostanzialmente assente<br />

fino alle soglie <strong>della</strong> contemporaneità,<br />

continua è invece la restituzione<br />

espressiva di due alimenti: il pane<br />

e il vino. Oscillando tra essenzialità<br />

e complementarietà, concretezza<br />

e simbolicità, sacro e profano, essi<br />

vengono assunti nei versi come metafora<br />

di ogni cosa, e dell’opposto di<br />

ogni cosa; per il lirico greco Archiloco,<br />

ad esempio, si identificano con<br />

una visione guerriera <strong>della</strong> vita; per<br />

Anacreonte rimandano invece alla<br />

pace e ai doni delle muse; per Neruda<br />

il pane è il nome del corpo amato<br />

<strong>della</strong> donna; per Michelstaeder,<br />

quello di una morbosa gelosia. Più<br />

del pane, il vero signore <strong>della</strong> poesia<br />

è il vino, fondamento esso stesso di<br />

scrittura, espressione di libertà, rivoluzione,<br />

illuminazione, e sempre, in<br />

ogni tempo, affermazione di vita,<br />

esorcismo contro la morte, “Bacco, il<br />

dio che fa dimenticare Morte”, scriveva<br />

il poeta ellenistico Pallada, nel<br />

IV secolo d.C.<br />

CIVILTÀ DELLA TAVOLA <strong>2013</strong> • N. 246 • PAGINA 8<br />

Clandestino nella poesia lirica, il<br />

cibo è invece molto presente nella<br />

poesia narrativa e nei poemi: nell’“Odissea”<br />

è infatti spesso ricorrente<br />

la formula “dopo che si furono tolti<br />

la voglia di mangiare e di bere”. Cosa<br />

mangiavano Odisseo e i suoi<br />

compagni? Prevalentemente carne di<br />

vitello o di maiale allo spiedo,<br />

spruzzata da vino rosso o farina<br />

d’orzo: un’esatta descrizione si trova<br />

nel III libro.<br />

Ma è soprattutto nei poemi eroicomici<br />

- che fanno la parodia a quelli<br />

cavallereschi - il vero e proprio<br />

trionfo del cibo, con una caratterizzazione<br />

sempre demistificante e antieroica;<br />

l’antieroe è spesso un iperbolico<br />

mangiatore, come lo è, nel<br />

“Morgante” di Luigi Pulci, il mezzo<br />

gigante Margutte, che così presenta<br />

se stesso e il suo credo religioso: “Io<br />

non credo più al nero che all’azzurro,/<br />

ma nel cappone, o lesso o vuogli<br />

arrosto/..../ ma sopra tutto nel<br />

buon vino ho fede,/ e credo che sia<br />

salvo chi gli crede;// e credo nella<br />

torta e nel tortello:/ l’uno è la madre<br />

e l’altro il suo figliulo:/ e il vero paternostro<br />

è il fegatello”. Anche ne “Il<br />

Giorno” di Parini la rappresentazione<br />

dell’assunzione del cibo, e del<br />

minuzioso cerimoniale settecentesco<br />

che lo accompagna, è satirica, per<br />

far meglio risaltare la futilità delle<br />

gesta del “giovin signore”; una satira<br />

sociale, fortemente antiaristocratica.<br />

Con Leopardi, che oltre a essere<br />

un grande poeta lirico, è anche un<br />

grande poeta civile, il cibo si affranca<br />

totalmente dalla marginalizzazione<br />

testuale. Nella sua poesia non c’è<br />

infatti soluzione di continuità temporale<br />

tra scrittura lirica e scrittura civile;<br />

in quest’ultima il cibo rappresenta<br />

l’elemento di polarizzazione di una<br />

corrosiva parodia politica contro au-

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