Cardiologia negli Ospedali n° 154 Novembre/Dicembre 2006 - Anmco
Cardiologia negli Ospedali n° 154 Novembre/Dicembre 2006 - Anmco
Cardiologia negli Ospedali n° 154 Novembre/Dicembre 2006 - Anmco
You also want an ePaper? Increase the reach of your titles
YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.
essere, il vero leader e “case manager” dell’intero<br />
percorso assistenziale cardiologico e il<br />
gestore della continuità dell’assistenza cardiologica<br />
fra ospedale e territorio. È quindi<br />
tempo che il cardiologo clinico superi quell’immobilismo<br />
culturale da figura professionale<br />
consolidata, ma anche stereotipata, per<br />
acquisire sempre più una cultura cardiologica<br />
di sintesi e coordinamento delle multiprofessionalità<br />
necessarie alla gestione della complessità<br />
del paziente cardiologico di oggi e di<br />
domani, sempre più con pluripatologia,<br />
comorbidità e fragilità tipica delle età più<br />
avanzate.Tali caratteristiche rendono questo<br />
tipo di paziente sempre meno “cardiologico”<br />
nella sua essenza, in quanto la problematica<br />
cardiologica è spesso diluita o accompagnata<br />
da molteplicità infinite di problemi. La<br />
William Faulkner, le mani - foto Mario De Biasi<br />
decisione è quindi se vogliamo esserci, come Cardiologi sul campo, e giocare la nostra “partita” professionale, o demandare<br />
anche qui ad altre figure professionali.<br />
Ciò che potrà differenziare questa nuova tipologia di cardiologo dalle altre branche internistiche o specialistiche sarà solo<br />
l’approfondimento di una fisiopatologia cardiovascolare con orizzonti di multidisciplinarietà, a cui fornire il valore aggiunto<br />
della propria professionalità e la capacità gestionale dei problemi di una nuova cardiologia, in concreta continuità assistenziale<br />
fra ospedale e territorio, fornendo informazioni, risposte e gestione flessibile e decisiva sui problemi dei pazienti. È verosimile<br />
che il cardiologo clinico, o non interventista, dovrà in questo ambito acquisire una competenza sempre più approfondita<br />
anche delle altre tecniche di imaging, quali la TAC, la RM, la PET, in sinergia e collaborazione con la competenza radiologica,<br />
valorizzando anche al massimo la propria specifica competenza di ecocardiografia fisiopatologica e clinica.<br />
Lo scenario per il cardiologo clinico sta infatti potenzialmente diventando ancora più frustrante, se non vissuto con una visione<br />
prospettica verso una nuova cultura cardiologica da costruire.<br />
Stanno diffondendosi infatti nuovi tipi di apparecchiature ecocardiografiche miniaturizzate, delle dimensioni attuali di un PC<br />
portatile, ma potenzialmente in evoluzione verso strumenti ancora più piccoli e tascabili, che renderanno accessibile la metodica<br />
non solo ai Cardiologi, ma ad ogni clinico interessato ad approfondire diagnosi cardiologiche al letto del malato, al pari<br />
di un fonendoscopio solo un po’ più sofisticato.<br />
E come per il fonendoscopio l’accesso a tali apparecchiature sarà universale. È vero che tale sfida epocale richiederà ancora<br />
un po’ di tempo per diventare evidente, oltre che formazione e training anche per professionisti non Cardiologi, ma ciò si<br />
realizzerà progressivamente e naturalmente in maniera sempre più estensiva, così da far emergere una importante domanda<br />
di fondo: quale potrà essere il “valore aggiunto” fornito dal cardiologo O ancora più brutalmente, ci sarà ancora bisogno<br />
di un cardiologo clinico<br />
Ciò tanto più perché il paziente sempre più anziano, sempre più fragile, con sempre più copatologie non si identificherà più<br />
come sicuramente ed esclusivamente “cardiologico”, se non per momenti assistenziali brevi di acuzie, a rischio di diluizione<br />
in contesti di cronicità ben più complessa, di posti letto non disponibili e di liste di attesa insostenibili per prestazioni sempre<br />
più disarticolate dal contesto clinico ed accessibili d’altra parte anche da altri professionisti.<br />
Se l’accesso all’ecocardiografia, almeno quella di base, non sarà più appannaggio esclusivo del cardiologo, diventa evidente<br />
la necessità di dover fornire, da parte del cardiologo, non solo esami ecocardiografici con sicuro “valore aggiunto” in termini<br />
di fisiopatologia e decisione clinica, ma anche la gestione di una unitarietà di percorso assistenziale cardiologico in tutti i suoi<br />
aspetti, clinici, fisiopatologici, interventistici, assistenziali e organizzativi.<br />
Le tre nuove figure di cardiologo emodinamista, elettrofisiologo e cardiologo clinico dovranno pertanto ritrovare percorsi comuni,<br />
sinergici e coordinati, per offrire soluzioni ai bisogni cardiologici dei pazienti, per non rischiare di diventare meri esecutori di<br />
procedure cardiologiche indicate e gestite da altri.<br />
Va anche ricordato che la crisi di identità di cui stanno soffrendo i cardiologi, e la sterile competizione che hanno talora attivato<br />
fra diverse cardiologie che incidono sullo stesso bacino di utenza, sta facilitando l’emergere di una realtà organizzati-<br />
84