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6 settembre 2007 - Provincia di Milano

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<strong>di</strong>ritto che ogni citta<strong>di</strong>no ha <strong>di</strong> avere un sistema sanitario pubblico, che il pubblico<br />

garantisca l’accesso ad un sistema sanitario che garantisca la prevenzione e la cura<br />

delle proprie malattie, lo è pari al <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> avere un’istruzione adeguata, è pari ad altri<br />

<strong>di</strong>ritti che stanno in capo ai citta<strong>di</strong>ni.<br />

Allora io credo che chi pensa <strong>di</strong> fare del bene chiedendo che le attività illegali, che le<br />

attività criminali restino impunite in virtù <strong>di</strong> un’analisi sociologica o <strong>di</strong> un<br />

giustificazionismo che non ha più nessuna ragione d’essere in quanto esistono precise<br />

responsabilità in<strong>di</strong>viduali su chi compie un crimine, non faccia del bene ma spesso<br />

rischia <strong>di</strong> <strong>di</strong>ventare soltanto ipocrita da questo punto <strong>di</strong> vista, e mi spiego. Nel<br />

momento in cui ognuno <strong>di</strong> noi sente il bisogno che l’azione <strong>di</strong> integrazione non sia<br />

soltanto demandata a degli atti amministrativi, ma <strong>di</strong>venti prima ancora che un fatto<br />

politico istituzionale o amministrativo un fatto culturale <strong>di</strong>ffuso nella comunità, deve<br />

fare i conti non domani o altrove, ma oggi e qui con l’ostilità crescente che la comunità<br />

rivolge verso citta<strong>di</strong>ni che compiono questi atti o che hanno questi comportamenti. Il<br />

rispetto della legalità per rimuovere quello spirito <strong>di</strong>ffuso <strong>di</strong> illegalità, <strong>di</strong> ostilità e per<br />

aprire invece lo spazio dentro un clima <strong>di</strong> maggiore serenità alle possibilità <strong>di</strong><br />

accoglienza <strong>di</strong> una comunità che fa dell’accoglienza la propria cifra e non demanda<br />

soltanto alle istituzioni o a una delibera o alla politica, ma che lo assume come un<br />

valore. Una società che si sente minacciata, in<strong>di</strong>fesa, non può che continuare a coltivare<br />

ed aumentare il senso <strong>di</strong> ostilità, e se non riceve dei segnali <strong>di</strong> controtendenza<br />

principalmente, se non esclusivamente in questo momento, da parte delle istituzioni,<br />

rischia <strong>di</strong> <strong>di</strong>ventare in modo sempre più generalizzato e incapace <strong>di</strong> essere selettivo<br />

rispetto a chi compie degli atti criminali che va perseguito, rispetto invece <strong>di</strong> essere<br />

capace <strong>di</strong> accogliere coloro che qui cercano giustamente e legittimamente, attraverso il<br />

proprio impegno, il proprio lavoro, la propria moralità, il proprio modo <strong>di</strong> essere<br />

all’interno della nuova comunità che hanno scelto per la loro vita <strong>di</strong> essere capaci <strong>di</strong><br />

offrire loro delle chance, delle vere opportunità <strong>di</strong> vita.<br />

Questo è il tema fondamentale, che forse ci <strong>di</strong>vide, non ci lascia tutti uniti da questo<br />

punto <strong>di</strong> vista. Io considero la legalità non un fine, ma considero la legalità un mezzo<br />

per rimuovere quel senso <strong>di</strong>ffuso e crescente <strong>di</strong> ostilità che non consente ad una<br />

comunità <strong>di</strong> <strong>di</strong>spiegare appieno quelle che sono invece le propensioni <strong>di</strong> una comunità<br />

generosa come quella milanese rispetto a chi qui cerca una via <strong>di</strong> riscatto,<br />

un’opportunità in più per sé e per i propri figli. Badate, la storia in qualche modo si<br />

ripete, perché chi pensa che l’integrazione a <strong>Milano</strong> e nel nord negli anni 50 60, alle<br />

prime gran<strong>di</strong> ondate migratorie dal sud e dalle altre parti del Paese che sono arrivate<br />

qui, sia stato un percorso semplice, naturale, <strong>di</strong>mentica i cartelli “a Torino non si affitta<br />

a meri<strong>di</strong>onali”, o ai terroni a <strong>Milano</strong>, <strong>di</strong>mentica quanto si è dovuto costruire perché<br />

quell’integrazione avvenisse. E badate, io sono convinto che è avvenuta su un tema, è<br />

stato il lavoro il grande cemento, è stato l’accettare qui le regole del sistema produttivo,<br />

ed è stato il lavoro e l’impegno nella fabbrica, negli uffici, nei posti <strong>di</strong> lavoro, ad essere<br />

l’elemento, il grande cemento <strong>di</strong> integrazione. Così come allora, oggi passa attraverso<br />

quell’impegno l’integrazione, la possibilità <strong>di</strong> riconoscere che si valorizza qui coloro<br />

che portano la loro energia, il loro impegno, la loro cultura, il loro modo <strong>di</strong> essere ma<br />

lo mettono al servizio attraverso il loro impegno nel lavoro e nel rispetto delle regole,<br />

al servizio <strong>di</strong> un’intera comunità, e attraverso l’impegno del lavoro <strong>di</strong> chi viene qui a<br />

cercare una chance <strong>di</strong> vita che passa il concetto che quell’opportunità che noi offriamo<br />

loro <strong>di</strong>venta un valore aggiunto per la nostra comunità. Ed è separando in maniera<br />

chiara coloro che vogliono fare questo percorso perché riconoscono che questo è<br />

l’unico percorso positivo per loro e per noi da coloro che invece scelgono scorciatoie e<br />

sfruttano gli spazi della nostra legislazione o della nostra tolleranza invece per non<br />

imboccare la strada <strong>di</strong>ritta, che è quella dell’impegno, che è quella della fatica e del<br />

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