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L'ecfrasis nel Piacere di Gabriele d'Annunzio - E-thesis

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descritto 163 . In effetti, ci invita a stare <strong>nel</strong>lo stesso tempo fuori e dentro. Rubins segnala<br />

una tendenza analoga <strong>nel</strong>la poesia parnassiana 164 , e come noto, <strong>nel</strong>le teorie dell’arte<br />

contemporanee straniamento e trasparenza del me<strong>di</strong>um sono concetti centrali.<br />

2.3.4 I poli opposti<br />

Ognuno dei mezzi d’espressione ha le sue caratteristiche, perciò è quasi inevitabile<br />

che l’incontro susciti conflitti. D’altronde, con l’unione dei me<strong>di</strong>a si guadagna<br />

qualcosa che altrimenti sarebbe irraggiungibile. Nei testi il campo rappresentativo si<br />

espanderà con l’introduzione dei sensi delle immagini, analogamente le parole che<br />

interpretano o descrivono le immagini moltiplicano i sensi. L’interazione è comunque<br />

una questione che non lascia in<strong>di</strong>fferenti.<br />

Grant F. Scott sottolinea il dualismo dell’ecfrasis: <strong>nel</strong>lo stesso tempo in cui<br />

l’ecfrasis descrive un’opera d’arte figurativa, cerca anche <strong>di</strong> incapsularla con parole, e<br />

inoltre <strong>di</strong> rappresentarla a un pubblico assente. Nel processo ecfrastico quello che è<br />

fuori, cioè l’opera figurativa, deve essere portato dentro, me<strong>di</strong>ante traduzione o<br />

assimilazione, e quin<strong>di</strong> viene alterato. Questo vuol <strong>di</strong>re che l’ecfrasis non è soltanto<br />

una forma <strong>di</strong> mimesis, ma un tentativo <strong>di</strong> trasformare e dominare l’immagine con il<br />

mezzo verbale. Anche secondo Scott occorre tenere presente che ogni descrizione <strong>di</strong><br />

un oggetto è influenzata dall’identità e dell’ambito culturale dello spettatore. 165<br />

Mitchell cerca <strong>di</strong> sviluppare una nuova teoria <strong>nel</strong> suo Picture Theory (1994). Egli<br />

<strong>di</strong>stingue tre momenti <strong>nel</strong> processo <strong>di</strong> comprensione ecfrastica. Il primo è<br />

l’in<strong>di</strong>fferenza ecfrastica (ekphrastic in<strong>di</strong>fference), secondo cui l’ecfrasis è impossibile<br />

<strong>nel</strong> senso che una descrizione non può mai evocare un’immagine. La rappresentazione<br />

verbale non è capace <strong>di</strong> rendere l’oggetto presente come una rappresentazione visiva.<br />

Il secondo momento è la fiducia ecfrastica (ekphrastic hope): è possibile superare<br />

l’impossibilità dell’ecfrasis con l’immaginazione oppure con la metafora, siamo<br />

capaci <strong>di</strong> vedere (e <strong>di</strong> comprendere, infatti to see) con l’aiuto del linguaggio. Come<br />

prova abbiamo un’ampia letteratura ecfrastica. In questa occasione l’ecfrasis non è più<br />

una deviazione della rappresentazione verbale, ma comincia a sembrare para<strong>di</strong>gmatica<br />

per la tendenza fondamentale del linguaggio. Questo riconoscimento apre la strada a<br />

definizioni più ampie dell’ecfrasis, come quella <strong>di</strong> Krieger. Il terzo momento è l’ansia<br />

ecfrastica (ekphrastic fear). È il momento <strong>di</strong> resistenza, la paura che la descrizione<br />

163 Ibid., 30.<br />

164 Rubins 2000, 70.<br />

165 Scott 1991, 301-304; cfr. James & Webb 1991 ecc.<br />

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