L'ecfrasis nel Piacere di Gabriele d'Annunzio - E-thesis
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La seconda acquaforte è la Tazza d’Alessandro. Anche qui sarà prima descritto<br />
l’oggetto. La tazza d’Alessandro è il «gran bacino d’argento che Elena aveva ere<strong>di</strong>tato<br />
da sua zia Flaminia», e <strong>di</strong> cui vengono descritte le fasi storiche:<br />
50. Il <strong>di</strong>segno delle figure che giravano a torno e <strong>di</strong> quelle che sorgevano dal margine delle due<br />
estremità era attribuito al Sanzio.<br />
La tazza si chiamava <strong>di</strong> Alessandro perché fu composta in memoria <strong>di</strong> quella pro<strong>di</strong>giosa a cui nei<br />
vasti conviti soleva pro<strong>di</strong>giosamente bere il Macedone. Stuoli <strong>di</strong> Sagittarii giravano intorno ai<br />
fianchi del vaso, con tesi d’archi, tumultuando, <strong>nel</strong>le attitu<strong>di</strong>ni mirabili <strong>di</strong> quelli i quali Raffaello<br />
<strong>di</strong>pinse [SE/attribuzione] ignu<strong>di</strong> saettanti contro l’Erma <strong>nel</strong> fresco che sta <strong>nel</strong>la sala borghesiana<br />
ornata da Giovan Francesco Bolognesi. Inseguivano una gran Chimera che sorgeva su dall’orlo,<br />
come un’ansa, alla estremità del vaso, mentre dalla parte opposta balzava il giovine sagittario<br />
Bellerofonte con l’arco teso contro il mostro nato <strong>di</strong> Tifone. Gli ornamenti della base e dell’orlo<br />
erano d’una rara leggiadria. L’interno era dorato, come quel d’un ciborio. Il metallo era sonoro<br />
come uno strumento. Il peso era <strong>di</strong> trecento libbre. La forma tutta quanta era armoniosa. (pp. 96-<br />
97, ED)<br />
51. Invaghito <strong>di</strong> tre forme <strong>di</strong>versamente eleganti, cioè della donna, della tazza e del veltro,<br />
l’acquafortista trovò una composizion <strong>di</strong> linee bellissima. La donna, ignuda, in pie<strong>di</strong>, entro il<br />
bacino, appoggiandosi con una mano su la sporgenza della Chimera e con l’altra su quella <strong>di</strong><br />
Bellerofonte, protendevasi innanzi ad irridere il cane che, piegato in arco su le zampe anteriori<br />
abbassate e su le posteriori <strong>di</strong>ritte, a simiglianza <strong>di</strong> un felino quando spicca il salto, ergeva verso <strong>di</strong><br />
lei il muso lungo e sottile come quel d’un luccio, argutamente. (p. 97, ED)<br />
Come <strong>nel</strong>l’es. 49, anche qui il cane è descritto più in dettaglio che la figura muliebre.<br />
Di Elena viene specificata la postura, non i tratti personali. Le descrizioni della<br />
coperta e della tazza portano tracce della descrizione dello scudo <strong>di</strong> Achille 41 . La<br />
circolarità è caratteristica in entrambe: i segni dello Zo<strong>di</strong>aco, le figure e gli stuoli <strong>di</strong><br />
Sagittarii girano a torno. Un sole <strong>nel</strong> centro del cerchio e una scena bellica descritta in<br />
modo <strong>di</strong>namico illustrano anche lo scudo, fra tante altre raffigurazioni. Analogamente<br />
i riferimenti alla tecnica e al materiale (<strong>nel</strong>l’es. 48 trapunto, <strong>nel</strong>l’es. 50 dorato, il<br />
metallo) rompono l’illusione. Ancora più chiaro è il fatto che l’autore sta<br />
rappresentando rappresentazioni negli es. 49 e 51. Nella manufattura dell’incisione<br />
Andrea assume il ruolo del <strong>di</strong>vino artefice presente <strong>nel</strong>l’esecuzione dello scudo. La<br />
tecnica dell’acquaforte rende possibile la descrizione del lavoro artistico più mistico<br />
che <strong>nel</strong>la pittura. In effetti l’azione misteriosa dell’acido assomiglia all’alchemia.<br />
Inoltre la lastra <strong>di</strong> rame sta tra l’artista e l’opera, esattamente come l’ecfrasis fra il<br />
lettore e l’opera figurativa.<br />
Anche qui le similitu<strong>di</strong>ni sono dentro ecfrasis descrittive. L’autore rende i dettagli<br />
fittizi più verosimili con il raffronto con <strong>di</strong>pinti specificati <strong>di</strong> Rubens (es. 49) e<br />
Raffaello (es. 50, benché l’attribuzione dell’affresco sia incerta, p. 97, n.1). Nell’es. 49<br />
41 Inoltre una lunga poesia (LXIV) <strong>di</strong> Catullo, in cui il poeta racconta le nozze <strong>di</strong> Thetis e Peleo,<br />
contiene la descrizione <strong>di</strong> una coperta purpurea, e nei tableaux viene raffigurata la storia <strong>di</strong> Arianna e<br />
Teseo. La poesia è un esempio classico <strong>di</strong> mise en abîme. P. es. Heffernan 1993, 54-55.<br />
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