L'ecfrasis nel Piacere di Gabriele d'Annunzio - E-thesis
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ivelava la tremenda febbre che aveva preso la mano del <strong>di</strong>segnatore, la tremenda follia che aveva<br />
preso il suo cervello. (pp. 322-323, ED)<br />
I colori sono spariti, regna il buio e la luce lunare, insomma un vero trionfo della<br />
morte, ma paradossalmente vivace. Le riprese creano un ritmo della danza. Il passo è<br />
fortemente descrittivo, e l’unico oggetto del raffronto, Hokusai, sembra quasi fuori<br />
posto in questo contesto. Il narratore/Andrea ammira l’ingegno mostruoso <strong>di</strong><br />
Redgrave tanto quanto l’ingegno dei maestri più largamente accettati. Come la lettera<br />
a Conti (scritta a Francavilla il 5 <strong>di</strong>cembre 1888) <strong>di</strong>mostra, D'Annunzio non ha visto i<br />
libri rari, ne conosce solo i titoli. Quin<strong>di</strong> tutto il passo è immaginario, oppure<br />
un’ecfrasis latente <strong>di</strong> un’opera sconosciuta (o <strong>di</strong> un insieme <strong>di</strong> opere), come<br />
<strong>nel</strong>l’esempio michettiano (es. 13).<br />
Mentre la notte «nivale» passa sotto il regno <strong>di</strong> Maria, ora domina la figura <strong>di</strong><br />
Elena, meno angelica. Il suo ritratto, <strong>di</strong>pinto da Sir Frederick Leighton, appeso <strong>nel</strong>la<br />
biblioteca (p. 320, 321, ve<strong>di</strong> 3.3.1, es. 58) sorveglia la scena. A sua volta la figura <strong>di</strong><br />
Elena si mescola nei pensieri <strong>di</strong> Andrea ad immagini erotiche: «la nu<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> Elena<br />
entrava nei gruppi infami delle vignette incise dal Coiny» (p. 324,<br />
EATB/nominazione, ME) 34 . In effetti la biblioteca potrebbe essere la stessa stanza<br />
«dove Elena due anni innanzi erasi data a lui» (p. 320). Dunque un’altra volta<br />
l’ecfrasis contribuisce al gioco <strong>di</strong> contrasti e al tema dello scambio. Il collezionismo <strong>di</strong><br />
Heathfield rispecchia l’entusiamo <strong>di</strong> Andrea per le messinscene amorose, ma espone<br />
la corporalità, il mondo ctonio che Andrea vuole negare. Il suo <strong>di</strong>sgusto (o quello del<br />
narratore) sembra comunque ipocrisia. Il passo mette in una luce nuova l’altra «danza<br />
muliebre», cioè la sfilata degli amori passeggeri <strong>di</strong> Andrea dopo il commiato con<br />
Elena (cfr. 3.3.2). Quin<strong>di</strong> l’episo<strong>di</strong>o della «biblioteca arcana», e particolarmente l’es.<br />
45, contesta il truth claim superficiale del romanzo, e offre un’interpretazione<br />
alternativa. 35<br />
3.2.3 Opere <strong>di</strong> Andrea Sperelli<br />
Un gruppo <strong>di</strong> oggetti speciale <strong>nel</strong> romanzo sono le opere <strong>di</strong> Andrea. Egli non è<br />
modesto <strong>nel</strong>le sue imprese artistiche: vuole rinnovare le forme tra<strong>di</strong>zionali italiane sia<br />
<strong>nel</strong>la poesia che <strong>nel</strong>la pittura (p. 94). È facile confondere la filosofia dell’arte <strong>di</strong><br />
Andrea, espressa alle pp. 93-94, con i concetti dell’autore. Andrea pre<strong>di</strong>lege la<br />
34 L’incisore J.J. Coiny è l’illustratore dell’Aretin d’Augustin Carrache, 1796.<br />
35 In aggiunta ai frammenti presentati sopra, il romanzo contiene anche i referenti figurativi che<br />
vengono solo nominati, come per esempio «i busti <strong>di</strong> Cesari»(p. 78) e «vostro Botticelli» (p. 266).<br />
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