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L'ecfrasis nel Piacere di Gabriele d'Annunzio - E-thesis

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verbi che suggeriscono il movimento, e dai contrasti pittorici: roseo-turchino,<br />

verticale-orizzontale, luce-ombra. Quin<strong>di</strong> l’enunciato è una descrizione concentrata.<br />

Già dal contesto sappiamo <strong>di</strong> quale obelisco si tratta, ma sarà anche specificato in<br />

seguito con «l’ombra dell’obelisco <strong>di</strong> Pio VI segna la fuga delle Ore» (p. 38).<br />

Andreoli sostiene (p. 16, n. 1) che tutti gli obelischi dannunziani sono rosei, ma Elena<br />

lo vede altrimenti: «intravide la cima dell’obelisco, nera sul cielo stellato» (p. 32).<br />

Secondo Pireddu il sole rende l’obelisco roseo sicché <strong>di</strong>venta un simbolo fallico, e<br />

interpreta la trasformazione da roseo in nero come coincidenza <strong>di</strong> eros e thanatos<br />

(anche i cipressi neri sullo sfondo creano un legame con la morte) 11 . Le enunciazioni<br />

<strong>nel</strong>le pp. 32 e 38 sono meno descrittive, quin<strong>di</strong> oscillano fra l’ecfrasis descrittiva e<br />

attributiva.<br />

Le rappresentazioni verbali degli obelischi sono caratterizzate dal dualismo. Alle<br />

pp. 15 e 32 l’obelisco segnala un momento <strong>di</strong> attesa, prima Andrea aspetta Elena, poi i<br />

ruoli si scambiano. Nelle pp. 38 e 229 «obelisco solitario» segnala il ritorno <strong>di</strong> Andrea<br />

a Roma, prima <strong>nel</strong> 1884 dopo il lungo girovagare all’estero, poi da Schifanoja. Anche<br />

l’obelisco <strong>nel</strong>la piazza del Quirinale appare due volte. Prima («E, sopra, <strong>di</strong> tra i<br />

cavalli, slanciavasi l’obelisco;» p. 307) segnala l’attesa <strong>di</strong> Andrea, benché egli non<br />

sappia quale delle due donne aspetta (è la notte «nivale», ve<strong>di</strong> es. 5, 6). L’attesa è<br />

accompagnata dalla speranza oppure dall’illusione che potrebbe possedere entrambe.<br />

Invece la seconda volta l’obelisco partecipa alla scena finale, illustrando la delusione<br />

<strong>di</strong> Andrea dopo che ha perduto sia Maria che Elena:<br />

2. L’obelisco, la fontana, i colossi grandeggiavano in mezzo al rossore e si imporporavano come<br />

penetrati d’una fiamma impalpabile. Roma immensa, dominata da una battaglia <strong>di</strong> nuvoli, pareva<br />

illuminare il cielo. (pp. 357-58, ED)<br />

Anche qui il passo è <strong>di</strong>namico, le qualità sono presentate con verbi, il che produce<br />

l’enargeia. La descrizione enfatizza l’eternità <strong>di</strong> Roma, in quanto è Roma che illumina<br />

il cielo, non viceversa. In modo analogo l’obelisco segna il tempo. Effettivamente<br />

assomiglia a un orologio solare (e ovviamente anche a un fallo). Dunque, <strong>nel</strong>lo spazio<br />

testuale i riferimenti agli obelischi funzionano come pietre miliari <strong>nel</strong> percorso<br />

sentimentale. In nessuna occasione (tranne a p. 38) l’obelisco viene nominato, ma il<br />

lettore sa dal contesto <strong>di</strong> quale obelisco si parla.<br />

È più complicato interpretare una scalinata come una rappresentazione. Qualche<br />

volta è comunque possibile:<br />

11 Pireddu 1997, 186.<br />

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