L'ecfrasis nel Piacere di Gabriele d'Annunzio - E-thesis
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Il Moreau giovine è l’illustratore Jean-Michel Moreau (1741-1814), non il simbolista<br />
Gustave (p. 41, n. 2). Le altre due similitu<strong>di</strong>ni sono ecfrastiche perché in modo<br />
implicito si riferiscono alle effigi <strong>di</strong> madame Pompadour. La marchesa è<br />
pompadouresca anche in altre occasioni: «possedeva il segreto della signora <strong>di</strong><br />
Pompadour, quella beauté sans traits che può avvivarsi d’inaspettate grazie» (p. 152).<br />
Il suo bel riso è «inestinguibile», aggettivo che altrove descrive l’enigmatico sorriso<br />
leonardesco (p. 43, n. 1). Quin<strong>di</strong> non c’è niente <strong>di</strong> preraffaellica in lei, come neanche<br />
<strong>nel</strong>le dame seguenti:<br />
78a. Donna Bianca Dolcebuono era l’ideal tipo della bellezza fiorentina, quale fu reso dal<br />
Ghirlandajo <strong>nel</strong> ritratto <strong>di</strong> Giovanna Tornabuoni, che è in Santa Maria Novella. (p. 105,<br />
SE/attribuzione)<br />
b. [Donna Ippolita Albónico] aveva <strong>nel</strong>la sua persona una grande aria <strong>di</strong> nobiltà, somigliando un<br />
poco a Maria Maddalena d’Austria, moglie <strong>di</strong> Cosimo II de’ Me<strong>di</strong>ci, <strong>nel</strong> ritratto <strong>di</strong> Giusto<br />
Suttermans, ch’è in Firenze, dai Corsini. (p. 108, SE/attribuzione)<br />
c. [La principessa Ferentino] portava tra i capelli [...] una gran mezzaluna <strong>di</strong> brillanti, a<br />
simiglianza <strong>di</strong> Diana (p. 57, SE/associazione)<br />
d. [La principessa Issé] can<strong>di</strong>da e minuta come la figurina d’un netske. (p. 61, SE/associazione)<br />
Negli es. 78a/b l’attribuzione è così precisa che possiamo visualizzare l’apparenza in<br />
un colpo. Il riconoscimento con un netske, che è una statuetta <strong>di</strong> avorio giapponese (p.<br />
61, n. 39), è meno esplicito. È possibile che la parola fosse allora conosciuta al<br />
pubblico, grazie alla moda del giapponismo (cfr. es. 28a/b), altrimenti la sua funzione<br />
sarebbe solo <strong>di</strong> creare un tono esotico.<br />
La principessa Ferentino ha una certa aria <strong>di</strong> decadenza, ha per esempio un<br />
rapporto amoroso con Barbarella Viti (p. es. p. 295), la quale viene descritta in un<br />
elenco <strong>di</strong> amori insignificanti <strong>di</strong> Andrea:<br />
79. Barbarella Viti, la mascula, che aveva una superba testa <strong>di</strong> giovinetto, tutta quanta dorata e<br />
fulgente come certe teste giudee del Rembrandt; la contessa <strong>di</strong> Lùcoli, la dama delle turchesi, una<br />
Circe <strong>di</strong> Dosso Dossi [SE/attribuzione] [...]; Liliana Theed [...] risplendente <strong>di</strong> quella pro<strong>di</strong>giosa<br />
carnagione, composta <strong>di</strong> luce, <strong>di</strong> rose e <strong>di</strong> latte, che han soltanto i babies delle gran<strong>di</strong> famiglie<br />
inglesi <strong>nel</strong>le tele del Reynolds, del Gainsborough e del Lawrence; la marchesa Du Deffand, una<br />
bellezza del Direttorio, una Recamier, dal lungo e puro ovale, dal collo <strong>di</strong> gigno, dalle mammelle<br />
saglienti, dalle braccia bacchiche[...] (pp.106-107, SE/associazione)<br />
Oltre l’apparenza, espressa me<strong>di</strong>ante una descrizione breve e un referente figurativo,<br />
vengono nominati i gioelli portati dalle dame. Nella poesia petrarchesca i gioelli sono<br />
un attributo comune, come anche le rose e il latte 59 . La bianchezza della pelle,<br />
obbligatoria <strong>nel</strong>la canone <strong>di</strong> bellezza, si manifesta anche <strong>nel</strong> <strong>Piacere</strong>. Tuttavia, ci sono<br />
anche descrizioni <strong>di</strong> parti del corpo che non appartengono al canone, per esempio le<br />
narici <strong>di</strong> Elena (p. 47). I corpi <strong>di</strong> donne nobili e <strong>di</strong> demi-mondaines vengono trattati<br />
59 Sono inviduati p. es. da Giovanni Pozzi in Sull’orlo del visibile parlare, Milano, Adelphi, 1993.<br />
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