L'ecfrasis nel Piacere di Gabriele d'Annunzio - E-thesis
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viene messo in risalto l’ammirazione estetica, della bellezza esterna, il che continua<br />
<strong>nel</strong>le incisioni <strong>di</strong> Andrea. Invece <strong>nel</strong>la descrizione della marina michettiana che apre il<br />
secondo libro regna l’ammirazione me<strong>di</strong>tativa. L’ecfrasis è anche, o innanzitutto, una<br />
visione mentale, e come tale la scena in<strong>di</strong>ca il risorgimento della vita spirituale del<br />
protagonista. In modo implicito il paesaggio colloca il libro negli Abruzzi, quin<strong>di</strong> è un<br />
trasferimento dall’ambito mon<strong>di</strong>ale alla natura. L’incipit figurativo funziona come una<br />
mise en abîme: i vapori sanguigni e tumulti rispecchiano le forze opposte <strong>nel</strong> cuore <strong>di</strong><br />
Andrea e il timbro delle vicende <strong>nel</strong> romanzo. Inoltre il passo lancia un’ombra sinistra<br />
sull’austera atmosfera e sul sogno dell’amore «puro», e crea un legame con la scena<br />
finale del romanzo (cfr. 3.1.2).<br />
Il terzo libro è un «rituffo <strong>nel</strong> <strong>Piacere</strong>». L’incipit figurativo descrive la stanza da<br />
letto <strong>di</strong> Andrea. Dopo l’austerità <strong>di</strong> Schifanoja lo spazio è chiuso, quasi soffocante per<br />
l’abbondanza (testuale e figurativa), caratterizzata dal contrasto sacro-profano. Anche<br />
le scene successive si svolgono in interni <strong>di</strong> lusso, finché il libro si chiude, anzi si apre<br />
spazialmente, con la notte «nivale». L’effetto del chiaroscuro, cioè il contrasto è<br />
fortissimo, specialmente perché <strong>nel</strong> libro successivo segue la descrizione della<br />
biblioteca arcana. Le incisioni funebri <strong>di</strong> Redgrave <strong>nel</strong> quarto libro segnalano una<br />
nuova fase, caratterizzata dalla lussuria e dal tra<strong>di</strong>mento, e insinuano la fine tragica. Il<br />
<strong>di</strong>sgusto <strong>di</strong> Andrea è una premonizione della punizione ventura. La danza macabra<br />
simboleggia anche il pellegrinaggio perverso del protagonista. Come la scena «nivale»<br />
<strong>nel</strong> terzo libro, in ogni libro le ecfrasis successive creano un’immagine alternativa a<br />
quella d’esor<strong>di</strong>o. Nel primo libro l’orologio, l’insegna della morte, produce un’ombra<br />
inevitabile per il piacere, <strong>nel</strong> secondo le visioni solari tademesche contrastano con le<br />
«zuffe <strong>di</strong> centauri». L’ultimo libro si chiude con un’immagine della Roma eterna, il<br />
che suggerisce che i tumulti della vita <strong>di</strong> un inviduo sono passeggeri.<br />
Oltre la funzione sineddochiale, <strong>nel</strong> <strong>Piacere</strong> si realizzano anche altre<br />
caratteristiche dell’ecfrasis segnalate <strong>nel</strong> capitolo 2.3. Nell’analisi abbiamo visto<br />
alcuni esempi della frizione rappresentativa presentata da Heffernan, come anche della<br />
prosopopea, <strong>nel</strong>la forma dell’Erma me<strong>di</strong>atrice. Il <strong>di</strong>ario <strong>di</strong> Maria Ferres concede voce<br />
a un personaggio, ma non si tratta <strong>di</strong> una prosopopea ecfrastica (né offre un punto <strong>di</strong><br />
vista alternativo). La «frizione» più comune <strong>nel</strong> romanzo si effettua fra naturale e<br />
artificiale, vale a <strong>di</strong>re <strong>nel</strong> paragone con la materia della rappresentazione descritta,<br />
come per esempio il mare che sembra smeraldo (cfr. 3.1, es. 10, 14, 15b, 20b). Il<br />
raffronto costringe un fenomeno passeggero e mutevole alla stasi. È possibile<br />
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