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L'ecfrasis nel Piacere di Gabriele d'Annunzio - E-thesis

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<strong>di</strong>stanziamento estetico, me<strong>di</strong>ante l’inquadratura concreta o immateriale, sarà<br />

adempiuta in vari mo<strong>di</strong>.<br />

Il chiaroscuro funziona anche come una tecnica <strong>di</strong> inquadratura, <strong>nel</strong> senso che la<br />

luce focalizza lo sguardo sull’oggetto e lo mette in rilievo, quin<strong>di</strong> isola un pezzo della<br />

realtà. Nelle descrizioni delle stanze il gioco <strong>di</strong> luce e ombra è frequente, quasi<br />

canonico (cfr. anche es. 42):<br />

89a. Sul <strong>di</strong>vano, alla parete, i versi argentei [...] scintillavano percossi dal tramonto [...], in un<br />

angolo schietto <strong>di</strong>segnato dalla finestra, e rendevan più <strong>di</strong>afana l’ombra vicina (p. 18)<br />

b. Il sole entrava a traverso le ten<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> merletto, facendo scintillare all’ingiro le matto<strong>nel</strong>le araboispane,<br />

gli innumerevoli oggetti d’argento e <strong>di</strong> cristallo, i bassi rilievi del sarcofago antico. (p. 233-<br />

234)<br />

Spesso la luce che entra delinea «il palcoscenico» per gli eventi. Ad esempio <strong>nel</strong>le<br />

sale delle ven<strong>di</strong>te pubbliche «entrava una luce grigia», che funziona come una formula<br />

introduttiva per la descrizione che procede con un elenco degli oggetti e opere d’arte<br />

esposti (pp. 63-64, la formula si ripete <strong>nel</strong>le pp. 31, 82, 278, e 337). La luce può<br />

focalizzare lo sguardo anche su un’opera d’arte particolare:<br />

90a. Una zona <strong>di</strong> sole pallido entrò <strong>nel</strong>la stanza, <strong>di</strong>ffondendosi su l’arazzo della Vergine col<br />

bambino Gesù e Stefano Sperelli (p. 231, corsivo dell’autore)<br />

b. Nella stanza la luce <strong>di</strong>minuiva, le forme si perdevano <strong>nel</strong>la mezz’ombra, il gran Buddha<br />

raccoglieva <strong>nel</strong>la sua doratura un chiaror singolare. (p. 280)<br />

Quin<strong>di</strong> <strong>nel</strong>le descrizioni <strong>di</strong> stanze prevale la luce, espressa con parole che<br />

rimandano alla brillantezza, e analogamente scintillano i paesaggi. La conformità <strong>nel</strong>le<br />

scelte lessicali è un altro mezzo <strong>di</strong> inquadratura. La scena «nivale» (pp. 302-308, es. 5,<br />

6) assomiglia alle sinfonie cromatiche dei parnassiani, anch’esse esempio <strong>di</strong> tecnica<br />

pittorica. La scena è descritta con parole che si riferiscono alla bianchezza, come latte,<br />

gigli, asfodeli, rose bianche/ nivee /lunari, can<strong>di</strong>da, candore, <strong>di</strong>afana, neve,<br />

biancheggiavano; a durezza e freddezza, come ghiaccio, vitreo, gelo, stelo <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>amante/granito, opale, azzurro metallico, rocce <strong>di</strong> cristallo, gemmanti, argentino;<br />

oppure che mettono in rilievo la luce: chiarore, ardente, raggiante, siderea, astro,<br />

brillavano, illuminavano, luminosa, e plenilunio. Gli attributi creano l’impressione<br />

che si tratti <strong>di</strong> una rappresentazione, piuttosto che una descrizione della realtà<br />

percepita. La stessa strategia corre in tutto il romanzo, la natura viene costantemente<br />

paragonata all’artefizio, sicché ne risulta un <strong>di</strong>stanziamento. L’esempio seguente è<br />

canonico:<br />

91. Nelle lontananze, <strong>nel</strong>le alture estreme l’ardesia andavasi cangiando in ametista. Lunghe e<br />

sottili zone <strong>di</strong> vapori attraversavano i cipressi del Monte Mario, come capigliature fluenti in un<br />

pettine <strong>di</strong> bronzo. Prossimi, i pini del Monte Pincio alzavano gli ombrelli dorati. Su la piazza<br />

l’obelisco <strong>di</strong> Pio VI pareva uno stelo d’agata. (p. 235)<br />

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