Il passo successivo consiste nel mettere maggiormente a fuoco i settori dell'industria manifatturiera italiana che più contribuiscono a questa ri<strong>le</strong>vante performance (Tabella 9). Tabella 9 - Composizione per branca del valore aggiunto dell’industria manifatturiera per regione, 2006 regIoNI e aree geografIChe alImeNtarI, beVaNde e tabaCCo 176 I Gli attori del territorio e <strong>il</strong> supporto al<strong>le</strong> <strong>picco<strong>le</strong></strong> <strong>imprese</strong> prodottI tessIlI e abbIglIameNto INdustrIe CoNCIarIe, CuoIo, pel<strong>le</strong> e sImIlarI Carta, stampa ed edItorIa CokerIe, raffINerIe, ChImIChe, farmaCeutIChe laVorazIoNe dI mINeralI NoN metallIferI metallI e fabbrICazIoNe dI prodottI IN metallo maCChINe, appareCChI meCCaNICI, e<strong>le</strong>ttrICI e ottICI; mezzI dI trasporto Piemonte 10,1 9,0 0,3 6,1 6,0 3,1 17,2 37,4 10,7 100,0 Val<strong>le</strong> d'Aosta 15,0 1,7 0,1 2,2 1,6 3,1 29,0 36,1 11,0 100,0 Lombardia 7,1 8,5 0,7 6,8 11,6 2,9 20,6 30,9 10,7 100,0 Liguria 12,7 1,7 0,1 4,6 9,7 6,9 13,6 42,1 8,8 100,0 Nord-Ovest 8,1 8,4 0,6 6,5 10,2 3,1 19,5 32,9 10,7 100,0 Bolzano 17,9 1,1 0,1 5,8 2,5 5,5 19,4 29,2 21,5 100,0 Trento 12,1 4,8 0,7 12,1 6,0 6,7 13,5 28,3 15,9 100,0 Veneto 7,2 9,3 4,2 4,6 5,5 6,2 17,9 30,3 14,9 100,0 Friuli-Venezia Giulia 6,9 2,3 0,6 5,4 2,2 5,9 23,5 30,5 22,8 100,0 Em<strong>il</strong>ia-Romagna 13,3 6,4 1,2 3,9 5,3 10,2 16,5 34,9 8,2 100,0 Nord-Est 10,1 7,2 2,5 4,6 5,1 7,8 17,6 32,1 13,0 100,0 Toscana 7,1 16,6 9,9 6,4 8,5 6,4 11,2 22,5 11,7 100,0 Umbria 12,9 10,8 0,6 5,4 3,5 12,7 22,6 19,3 12,1 100,0 Marche 6,6 8,3 14,7 5,0 3,5 3,4 15,3 24,6 19,2 100,0 Lazio 9,9 4,0 0,2 13,7 22,3 6,1 9,6 26,5 7,8 100,0 Centro 8,3 10,7 7,4 8,1 10,9 6,2 12,6 23,8 12,3 100,0 Centro-Nord 8,8 8,4 2,5 6,2 8,6 5,3 17,6 30,9 11,7 100,0 Abruzzo 10,1 12,7 1,8 7,2 5,5 9,0 14,2 28,9 10,7 100,0 Molise 14,7 13,9 0,4 1,5 7,5 10,5 13,8 28,4 9,1 100,0 Campania 16,1 7,4 4,2 6,1 6,7 6,0 13,3 30,5 9,7 100,0 Puglia 14,2 11,5 3,6 4,0 5,3 7,8 20,5 20,4 12,8 100,0 Bas<strong>il</strong>icata 14,2 8,5 1,4 3,0 3,5 11,3 8,3 34,9 14,5 100,0 Calabria 21,0 8,2 0,4 5,0 8,5 17,1 11,5 18,5 10,0 100,0 Sic<strong>il</strong>ia 17,0 2,5 0,2 4,2 21,8 10,2 12,3 20,3 9,6 100,0 Sardegna 19,6 4,1 0,2 4,4 16,1 11,2 13,4 19,8 10,5 100,0 Sud e Iso<strong>le</strong> 15,4 8,2 2,3 5,0 9,7 8,9 14,5 24,9 10,7 100,0 Italia 9,7 8,4 2,5 6,0 8,8 5,8 17,2 30,1 11,6 100,0 <strong>le</strong>gNo, gomma e altrI prodottI maNIfatturIerI Fonte: Banca d’Italia, L’economia del<strong>le</strong> Regioni Italiane nell’anno 2008, Collana Economie Regionali, 2009, n. 61 (elaborazione su dati ISTAT, Conti economici regionali) tota<strong>le</strong> INdustrIa maNIfatturIera
Queste elaborazioni della Banca d'Italia su dati Istat confermano la posizione di <strong>le</strong>adership, dappertutto nel Paese, in quella che genericamente viene definita «industria metalmeccanica», e che si compone - com'è noto - di vari segmenti (metalli e prodotti in metallo; macchine apparecchi meccanici, e<strong>le</strong>ttrici, ottici; mezzi di trasporto). Posto pari a 100 <strong>il</strong> valore aggiunto tota<strong>le</strong> dell'industria manifatturiera, la quota della metalmeccanica arriva in Italia quasi alla metà, <strong>il</strong> 47,3%; quota che supera la metà (<strong>il</strong> 52,4%) nel Nord-Ovest, la sfiora nel Nord-Est (49,7%), scende al 36,4% nel Centro e al 39,4% nel Sud e iso<strong>le</strong>. Accanto al risultato del Piemonte (<strong>le</strong>gato in misura considerevo<strong>le</strong> alla presenza della Fiat), spicca - fra <strong>le</strong> regioni del c<strong>il</strong>indro - quello dell'Em<strong>il</strong>ia-Romagna, forte soprattutto nella meccanica strumenta<strong>le</strong> (<strong>il</strong> 34,9% deriva infatti dal<strong>le</strong> macchine e apparecchi meccanici, etc.). La determinazione del secondo settore per importanza della manifattura italiana è un testa a testa fra l'industria alimentare e <strong>il</strong> sistema moda, che possiamo ottenere dalla somma di due diversi settori (tessi<strong>le</strong>/abbigliamento e cuoio/pel<strong>le</strong>). Nella media italiana la moda va<strong>le</strong> <strong>il</strong> 10,9% contro <strong>il</strong> 9,7% degli alimentari, bevande e tabacco. Restando al livello naziona<strong>le</strong>, risultati significativi sono poi realizzati dal<strong>le</strong> raffinerie, dall'industria chimica e farmaceutica (8,8% del valore aggiunto); dall'industria della carta, stampa ed editoria (6,0% del valore aggiunto); dall'industria della lavorazione dei minerali non metalliferi (5,8%), mentre <strong>le</strong>gno, gomma e altri prodotti manifatturieri con l'11,6% portano <strong>il</strong> tota<strong>le</strong> a 100. Giunti a questo punto, diviene importante esaminare una successiva questione: <strong>le</strong> performance sui mercati esteri, giacché <strong>le</strong> nostre regioni più industrializzate presentano un «grado di apertura» (misurato dal rapporto fra valore del<strong>le</strong> esportazioni e P<strong>il</strong> dell'area) di assoluto r<strong>il</strong>ievo: nella media del biennio 2007-2008, un po' meno del 30% nel Nord-Ovest, più del 30% nel Nord-Est; valori che scendono al 16% del Centro e all'11,3% del Sud e Iso<strong>le</strong>; per tutte <strong>le</strong> quattro ripartizioni geografiche la quota di export verso l'area dell'euro osc<strong>il</strong>la fra <strong>il</strong> 41 e <strong>il</strong> 46% del tota<strong>le</strong>. L'«Età dell'euro» non è passata invano. Giunta al suo decimo anno di esistenza, ha manifestato i suoi effetti sia sul piano macroeconomico, offrendo un'ancora di stab<strong>il</strong>ità al<strong>le</strong> economie che ne fanno parte, sia sul piano microeconomico, stimolando un profondo processo, ancora in corso, di ristrutturazione e riorganizzazione del<strong>le</strong> <strong>imprese</strong>. Non si spiegherebbero altrimenti, in regime di cambi fissi e in assenza di quel<strong>le</strong> svalutazioni competitive che caratterizzarono la lira, i risultati conseguiti dal<strong>le</strong> economie regionali del Centro-Nord sui mercati europei e internazionali. A titolo riep<strong>il</strong>ogativo, si pensi che a fine 2008, prima del crac internaziona<strong>le</strong>, <strong>le</strong> quote sull'export del Paese per ripartizione geografica erano <strong>le</strong> seguenti13 : Italia nord-occidenta<strong>le</strong> 40,3%; Italia nordorienta<strong>le</strong> 31,4%; Italia centra<strong>le</strong> 14,7%; Italia meridiona<strong>le</strong> 7,5% e Italia insulare 4,3% 14 . Guardando ora al<strong>le</strong> singo<strong>le</strong> regioni, balzano agli occhi <strong>le</strong> performance della Lombardia (che va<strong>le</strong> da sola circa <strong>il</strong> 30% <strong>sul<strong>le</strong></strong> esportazioni totali del Paese), di Veneto ed Em<strong>il</strong>ia-Romagna (entrambe intorno al 13%), del Piemonte (circa <strong>il</strong> 10%) e della Toscana (che sfiora <strong>il</strong> 7%) 15 . 13 In ciò si fa riferimento ai valori indicati nella pubblicazione ISTAT, Le esportazioni del<strong>le</strong> regioni italiane, Gennaio - dicembre 2008, Roma, 12 marzo 2009. 14 Ibidem. Il comp<strong>le</strong>mento a 100 è dato dal valore di quel<strong>le</strong> che l’ISTAT chiama: Province diverse e non specificate, con una quota pari a 1,8%. Le quote per <strong>il</strong> Centro-Nord e <strong>il</strong> Mezzogiorno diventano, rispettivamente, l’86,4% e l’11,7%. 15 Ibidem. Le quote percentuali per tutte <strong>le</strong> regioni italiane, a fine 2008, erano <strong>le</strong> seguenti: (I) Italia nord-occidenta<strong>le</strong>: Piemonte 10,3; Val<strong>le</strong> d’Aosta 0,2; Lombardia 28,4%; Liguria 1,4. (II) Italia nord-orienta<strong>le</strong>: Trentino-Alto Adige 1,7 (di cui, Bolzano 0,9 e Trento 0,8); Friuli 3,6; Em<strong>il</strong>ia-Romagna 13,0. (III) Italia centra<strong>le</strong>: Toscana 6,9; Umbria 0,9; Marche 2,9; Lazio 4,0. (IV) Italia meridiona<strong>le</strong>: Abruzzo 2,1; Molise 0,2; Campania 2,5; Puglia 2,0; Bas<strong>il</strong>icata 0,5%; Calabria 0,1. (V) Italia insulare: Sic<strong>il</strong>ia 2,7%; Sardegna 1,6. In data 17 settembre 2009 l’ISTAT ha pubblicato l’aggiornamento al periodo Gennaio - giugno 2009: rispetto al primo semestre 2008 si evince - com’era natura<strong>le</strong> attendersi con la trasmissione, al principio del 2009, della crisi all’economia rea<strong>le</strong> e col crollo del commercio internaziona<strong>le</strong> (oltre <strong>il</strong> 10% secondo i dati dell’FMI) - un calo del<strong>le</strong> esportazioni di circa un quarto (<strong>il</strong> 24,2%). Nondimeno, al giugno 2009, <strong>il</strong> contributo del<strong>le</strong> singo<strong>le</strong> regioni del Paese resta sostanzialmente invariato rispetto all’anno precedente (giugno 2008), con Lombardia, Veneto ed Em<strong>il</strong>ia-Romagna saldamente in testa e Piemonte e Toscana a comp<strong>le</strong>tare <strong>il</strong> quintetto che, da solo, va<strong>le</strong> oltre <strong>il</strong> 70% di tutto l’export italiano. Capitolo 6 I 177
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