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Rapporto Unicredit sulle piccole imprese le piccole imprese e il

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Queste elaborazioni della Banca d'Italia su dati Istat confermano la posizione di <strong>le</strong>adership,<br />

dappertutto nel Paese, in quella che genericamente viene definita «industria metalmeccanica»,<br />

e che si compone - com'è noto - di vari segmenti (metalli e prodotti in metallo; macchine<br />

apparecchi meccanici, e<strong>le</strong>ttrici, ottici; mezzi di trasporto). Posto pari a 100 <strong>il</strong> valore aggiunto<br />

tota<strong>le</strong> dell'industria manifatturiera, la quota della metalmeccanica arriva in Italia quasi alla metà,<br />

<strong>il</strong> 47,3%; quota che supera la metà (<strong>il</strong> 52,4%) nel Nord-Ovest, la sfiora nel Nord-Est (49,7%),<br />

scende al 36,4% nel Centro e al 39,4% nel Sud e iso<strong>le</strong>. Accanto al risultato del Piemonte (<strong>le</strong>gato<br />

in misura considerevo<strong>le</strong> alla presenza della Fiat), spicca - fra <strong>le</strong> regioni del c<strong>il</strong>indro - quello<br />

dell'Em<strong>il</strong>ia-Romagna, forte soprattutto nella meccanica strumenta<strong>le</strong> (<strong>il</strong> 34,9% deriva infatti dal<strong>le</strong><br />

macchine e apparecchi meccanici, etc.).<br />

La determinazione del secondo settore per importanza della manifattura italiana è un testa a testa<br />

fra l'industria alimentare e <strong>il</strong> sistema moda, che possiamo ottenere dalla somma di due diversi settori<br />

(tessi<strong>le</strong>/abbigliamento e cuoio/pel<strong>le</strong>). Nella media italiana la moda va<strong>le</strong> <strong>il</strong> 10,9% contro <strong>il</strong> 9,7% degli<br />

alimentari, bevande e tabacco. Restando al livello naziona<strong>le</strong>, risultati significativi sono poi realizzati<br />

dal<strong>le</strong> raffinerie, dall'industria chimica e farmaceutica (8,8% del valore aggiunto); dall'industria della<br />

carta, stampa ed editoria (6,0% del valore aggiunto); dall'industria della lavorazione dei minerali<br />

non metalliferi (5,8%), mentre <strong>le</strong>gno, gomma e altri prodotti manifatturieri con l'11,6% portano <strong>il</strong><br />

tota<strong>le</strong> a 100.<br />

Giunti a questo punto, diviene importante esaminare una successiva questione: <strong>le</strong> performance<br />

sui mercati esteri, giacché <strong>le</strong> nostre regioni più industrializzate presentano un «grado di apertura»<br />

(misurato dal rapporto fra valore del<strong>le</strong> esportazioni e P<strong>il</strong> dell'area) di assoluto r<strong>il</strong>ievo: nella media del<br />

biennio 2007-2008, un po' meno del 30% nel Nord-Ovest, più del 30% nel Nord-Est; valori che<br />

scendono al 16% del Centro e all'11,3% del Sud e Iso<strong>le</strong>; per tutte <strong>le</strong> quattro ripartizioni geografiche<br />

la quota di export verso l'area dell'euro osc<strong>il</strong>la fra <strong>il</strong> 41 e <strong>il</strong> 46% del tota<strong>le</strong>.<br />

L'«Età dell'euro» non è passata invano. Giunta al suo decimo anno di esistenza, ha manifestato<br />

i suoi effetti sia sul piano macroeconomico, offrendo un'ancora di stab<strong>il</strong>ità al<strong>le</strong> economie che ne<br />

fanno parte, sia sul piano microeconomico, stimolando un profondo processo, ancora in corso,<br />

di ristrutturazione e riorganizzazione del<strong>le</strong> <strong>imprese</strong>. Non si spiegherebbero altrimenti, in regime<br />

di cambi fissi e in assenza di quel<strong>le</strong> svalutazioni competitive che caratterizzarono la lira, i risultati<br />

conseguiti dal<strong>le</strong> economie regionali del Centro-Nord sui mercati europei e internazionali.<br />

A titolo riep<strong>il</strong>ogativo, si pensi che a fine 2008, prima del crac internaziona<strong>le</strong>, <strong>le</strong> quote sull'export<br />

del Paese per ripartizione geografica erano <strong>le</strong> seguenti13 : Italia nord-occidenta<strong>le</strong> 40,3%; Italia nordorienta<strong>le</strong><br />

31,4%; Italia centra<strong>le</strong> 14,7%; Italia meridiona<strong>le</strong> 7,5% e Italia insulare 4,3% 14 .<br />

Guardando ora al<strong>le</strong> singo<strong>le</strong> regioni, balzano agli occhi <strong>le</strong> performance della Lombardia (che va<strong>le</strong><br />

da sola circa <strong>il</strong> 30% <strong>sul<strong>le</strong></strong> esportazioni totali del Paese), di Veneto ed Em<strong>il</strong>ia-Romagna (entrambe<br />

intorno al 13%), del Piemonte (circa <strong>il</strong> 10%) e della Toscana (che sfiora <strong>il</strong> 7%) 15 .<br />

13 In ciò si fa riferimento ai valori indicati nella pubblicazione ISTAT, Le esportazioni del<strong>le</strong> regioni italiane, Gennaio - dicembre 2008,<br />

Roma, 12 marzo 2009.<br />

14 Ibidem. Il comp<strong>le</strong>mento a 100 è dato dal valore di quel<strong>le</strong> che l’ISTAT chiama: Province diverse e non specificate, con una quota pari<br />

a 1,8%. Le quote per <strong>il</strong> Centro-Nord e <strong>il</strong> Mezzogiorno diventano, rispettivamente, l’86,4% e l’11,7%.<br />

15 Ibidem. Le quote percentuali per tutte <strong>le</strong> regioni italiane, a fine 2008, erano <strong>le</strong> seguenti: (I) Italia nord-occidenta<strong>le</strong>: Piemonte 10,3;<br />

Val<strong>le</strong> d’Aosta 0,2; Lombardia 28,4%; Liguria 1,4. (II) Italia nord-orienta<strong>le</strong>: Trentino-Alto Adige 1,7 (di cui, Bolzano 0,9 e Trento 0,8);<br />

Friuli 3,6; Em<strong>il</strong>ia-Romagna 13,0. (III) Italia centra<strong>le</strong>: Toscana 6,9; Umbria 0,9; Marche 2,9; Lazio 4,0. (IV) Italia meridiona<strong>le</strong>: Abruzzo<br />

2,1; Molise 0,2; Campania 2,5; Puglia 2,0; Bas<strong>il</strong>icata 0,5%; Calabria 0,1. (V) Italia insulare: Sic<strong>il</strong>ia 2,7%; Sardegna 1,6. In data 17<br />

settembre 2009 l’ISTAT ha pubblicato l’aggiornamento al periodo Gennaio - giugno 2009: rispetto al primo semestre 2008 si evince<br />

- com’era natura<strong>le</strong> attendersi con la trasmissione, al principio del 2009, della crisi all’economia rea<strong>le</strong> e col crollo del commercio<br />

internaziona<strong>le</strong> (oltre <strong>il</strong> 10% secondo i dati dell’FMI) - un calo del<strong>le</strong> esportazioni di circa un quarto (<strong>il</strong> 24,2%). Nondimeno, al giugno<br />

2009, <strong>il</strong> contributo del<strong>le</strong> singo<strong>le</strong> regioni del Paese resta sostanzialmente invariato rispetto all’anno precedente (giugno 2008), con<br />

Lombardia, Veneto ed Em<strong>il</strong>ia-Romagna saldamente in testa e Piemonte e Toscana a comp<strong>le</strong>tare <strong>il</strong> quintetto che, da solo, va<strong>le</strong> oltre<br />

<strong>il</strong> 70% di tutto l’export italiano.<br />

Capitolo 6 I 177

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