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Torino è la mia città 2008-2009: Figomania - Ferrarotti, Maurizio

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mezzi pubblici, mi sono offerto di accompagnar<strong>la</strong> a casa, rimangiandomi i precedenti propositi di<br />

non accostamento. Strada facendo ci siamo fermati in un locale a prendere un aperitivo: due per<br />

ciascuno, a dire il vero. Se tiro altre due boccate di quest’erba finirò per provarci: dopo tutto, che<br />

l’ho portata qui a fare? A prendere un calco del suo strepitoso sedere per farne una scultura pop da<br />

mettermi in camera da letto?<br />

Riecco Rossana: “Secondo te, <strong>la</strong> nasona <strong>è</strong> fidanzata?”<br />

La “nasona” sarebbe <strong>la</strong> nostra tutor, Giovanna De Rossi. Rossana n’<strong>è</strong> letteralmente ossessionata: <strong>è</strong> il<br />

suo frippertronics.<br />

Faccio una smorfia possibilista. “Perché no. Può darsi che qualcuno <strong>la</strong> consideri attraente.” Picco<strong>la</strong>,<br />

esile, nasuta, gambe arcuate, amabile come uno sciame di zanzare dopo un temporale: be’, fatemi<br />

conoscere quel qualcuno!<br />

“Sarà una bomba del sesso.”<br />

“Da venti megatoni. Attenzione al<strong>la</strong> ricaduta di estrogeni radioattivi.”<br />

Rossana ride. Ha un incisivo verdastro, una picco<strong>la</strong> pecca nel giglio. “Secondo me se <strong>la</strong> intende con<br />

quel formatore italo-o<strong>la</strong>ndese, Vandernoot, o come diamine si chiama.”<br />

“Vanenburg. Gerald Vanenburg.” Spengo lo spinello nel portacenere.<br />

“Gerald?”<br />

<strong>Torino</strong>, Bar Fi<strong>la</strong>delfia, 25 giugno 1988. Prendo un’acqua e menta e mi vado ad accomodare davanti<br />

al televisore; si sta giocando <strong>la</strong> finale degli Europei, O<strong>la</strong>nda-Urss. Al 32' Ruud Gullit porta in<br />

vantaggio i tulipani: stacco perentorio e pulsazione medusoide dei suoi dreadlocks. Al 54' Marco<br />

Van Basten inventa <strong>la</strong> silurata del decennio e dal<strong>la</strong> meraviglia quasi mi scappa dal<strong>la</strong> mano il terzo<br />

bicchiere consecutivo di additivo per acquari. Tra i due gol tante sapienti giocate di Gerald<br />

Vanenburg, esterno destro dal tocco soave con le cornee di uno squalo.<br />

Gli oranje alzano <strong>la</strong> Coppa Europa al cielo e finalmente arrivano quegli impuniti di Steve e Gianni:<br />

“Allora, si va in montagna?”<br />

E io: “Ma andate un po’ a cagare! Sono più di due ore che vi aspetto. Comunque al<strong>la</strong> faccia vostra<br />

mi sono goduto una partita da sballo.” E un’a<strong>la</strong> tornante fenomenale.<br />

“Giuliano. Si chiama Giuliano.”<br />

“Giuliano chi?” Il ricordo o<strong>la</strong>ndese scoppia come una bol<strong>la</strong> di sapone. “Ah, già. Quel biondino<br />

dinocco<strong>la</strong>to con le mani di fata. Li vedo bene a letto insieme.”<br />

Rossana rimane zitta. Forse in lei scorre una vena lesbica e il pensiero di quei due abbracciati le ha<br />

scatenato dentro un tifone di gelosia. La chitarra acustica di Pete Townshend introduce Because<br />

You’re Young con un riff pregno di tensione emotiva, certamente più adatto a un film noir che al<strong>la</strong><br />

commedia romantica che potrei scrivere con questa bel<strong>la</strong> ragazza. Tutt’a un tratto Faletti estrasse<br />

dal<strong>la</strong> tasca del giubbotto una pezzuo<strong>la</strong> imbevuta di cloroformio…<br />

Rossana guarda l’ora. “Cazzaro<strong>la</strong>, sono le otto passate. E sono bel<strong>la</strong> fusa. Speriamo che Celestino<br />

non mi sgami.”<br />

Mi cadono le palle sul tappetino sotto i piedi. “Ti vedi con lui… stasera?” Con quello zerbinotto<br />

d’ingegnere dal nome ridicolo, il tuo fidanzato di cui dici sempre peste e corna?<br />

“Sì. Sai, <strong>è</strong> un salutista, lui.”<br />

E io il solito scalcinato ghostbuster di spettri femminili. “Be’, allora… ci vediamo domani.”<br />

Lei apre <strong>la</strong> portiera con un gesto torpido. “Se mi sveglio…” Richiudi <strong>la</strong> portiera. Guardami con<br />

occhi pieni di desiderio. Mangiami <strong>la</strong> bocca.<br />

“Ti stavo dicendo, se mi sveglio, ci vediamo al<strong>la</strong> macchinetta del caff<strong>è</strong>.” Smonta un po’ a fatica<br />

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