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Torino è la mia città 2008-2009: Figomania - Ferrarotti, Maurizio

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Posted 07/04/<strong>2009</strong> h 09.50 a.m., CET. Ho un amico che soffre d’ipoacusia da hardcore punk; vale<br />

a dire, dopo essersi martoriato le orecchie per più di un quarto di secolo con gruppi come i B<strong>la</strong>ck<br />

F<strong>la</strong>g, i Circle Jerks, gli Zero Boys e le sinfonie per chitarra di Glenn Branca, non ci sente più. E ha<br />

soltanto quarantadue anni. Tempo fa eravamo a cena in una pizzeria e poco prima che ci portassero<br />

i caff<strong>è</strong> io gli ho detto: “Mi sono rotto i coglioni di andare a correre. Ora per tenermi in forma gioco<br />

a squash.” E lui, crol<strong>la</strong>ndo il capo: “Ah sì, Stefano Accorsi. Non sapevo fosse un fan dei Rush.”<br />

Un attimo di sospensione ed entrambi siamo scoppiati a ridere come dei fessi da corsa.<br />

Per il popolo <strong>è</strong> capire cioca per broca. Per noi <strong>è</strong> diventato una specie di spassoso gioco dada. Io<br />

dico una cosa e lui novanta volte su cento ne capisce un’altra, ma va bene così, ci divertiamo. Non<br />

so quanto ci si divertano le sue fidanzate: non per niente, le sue re<strong>la</strong>zioni sentimentali non durano<br />

mai più di sei mesi, e sono sempre loro a piantarlo.<br />

Pensa a loro due mentre fanno sesso, lui sopra, lei sotto. Lei: “Sì, dài, non fermarti, sì!” Lui invece<br />

si blocca dentro di lei, riprende fiato un attimo, <strong>la</strong> guarda in faccia inarcando un sopracciglio e<br />

dice: “Fermo? Ma non eri nata a Pesaro?”<br />

Glenn Branca, o Glenn Brancamenta secondo Dante (così si chiama il mio amico duro d’orecchi) <strong>è</strong><br />

un influente compositore avant-garde e chitarrista americano famoso per le sue chitarre scordate e<br />

dissonanti. Nei primi anni Ottanta questo genialoide del<strong>la</strong> Pennsylvania compose diverse sinfonie<br />

per orchestre di chitarre elettriche e percussioni, che misce<strong>la</strong>vano ripetitive cacofonie industriali e<br />

microtonalità con quasi-misticismo e matematiche avanzate. La specie di ‘musica’ per <strong>la</strong> quale<br />

potreste ricevere una sventagliata di ka<strong>la</strong>shnikov sul cofano qualora <strong>la</strong> ascoltiate ad alto volume<br />

parcheggiati sotto i balconi di una casa popo<strong>la</strong>re – mentre con Santino Samperi o Micu Taglia<strong>la</strong>te<strong>la</strong><br />

potreste ricevere un invito a pranzo o addirittura a entrare in un c<strong>la</strong>n mafioso. Figuriamoci poi se <strong>la</strong><br />

propinaste a una sciampista: garantito al limone che non ve <strong>la</strong> mollerebbe manco le deste il codice<br />

segreto del vostro bancomat: “Tieni, svuotami pure il conto corrente, ma fa’ l’amore con me, ti<br />

prego!”<br />

Dimmi che musica ascolti e ti dirò chi sei. Sempre che tu non lo sappia già.<br />

Nove giorni fa <strong>è</strong> terminato il mio lungo inseguimento al film La ragazza con l’orecchino di per<strong>la</strong>.<br />

Era una vita che desideravo vederlo. Mi era già sfuggito al cinema e sui canali nazionali, però<br />

stavolta l’ho quagliato, per di più in un orario inusuale, le cinque del pomeriggio. Cose del digitale<br />

terrestre Mediaset. Diamine, me lo sono proprio goduto, nonostante i piagnucolii e le esc<strong>la</strong>mazioni<br />

di giubilo o disappunto di quel microcefalo quattordicenne del figlio dei vicini e il suo amichetto<br />

altrettanto provolone: <strong>la</strong> P<strong>la</strong>ystation <strong>è</strong> <strong>la</strong> nurse del<strong>la</strong> Generazione Nul<strong>la</strong>, e insieme il primo step del<br />

rincoglionimento giovanile pianificato. Come se non fosse già abbastanza il pischello <strong>è</strong> tifosissimo<br />

del<strong>la</strong> Juve e va pazzo per ogni reality show possibile e immaginabile, di cui non si perde neanche<br />

una stramaledettissima puntata in prime time. Step two and three.<br />

La ragazza con l’orecchino di per<strong>la</strong> non <strong>è</strong> esattamente il tipo di film che piacerebbe all’inquilino<br />

standard di quel condominio dal quale vi bersaglierebbero di proiettili se ascoltaste musica postminimalista<br />

nel cortile. Non c’<strong>è</strong> Boldi né De Sica né <strong>la</strong> sgallettata gonfiabile di turno, e neppure<br />

Vapodiris e i suoi lucchetti del<strong>la</strong> minchia, o Vincenzo Diesel che pure a me sta molto simpatico<br />

oltreché vorrei avere una musco<strong>la</strong>tura dirompente come <strong>la</strong> sua. C’<strong>è</strong> <strong>la</strong> storia del<strong>la</strong> realizzazione di<br />

uno dei più bei quadri mai dipinti da mano umana, Ragazza con turbante di Jan Vermeer, tratta e<br />

sceneggiata da un libro di Tracy Chevalier, una scrittrice statunitense di romanzi storici. Sembra<br />

che l’artista o<strong>la</strong>ndese lo abbia dipinto tra il 1665 e il 1666. Ragazza con turbante raffigura una<br />

fanciul<strong>la</strong> volta di tre quarti verso il pittore, l’espressione <strong>la</strong>nguida e ammaliante, <strong>la</strong> testa fasciata da<br />

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