Torino è la mia città 2008-2009: Figomania - Ferrarotti, Maurizio

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Posted 06/07/2009 h 11.05 a.m., CET. Tutti quegli uomini che corrono in pantaloncini e maglietta agli orari più disparati, giovani o di mezz’età, filiformi o grassottelli, zazzeruti o spelacchiati, in genere non belli… perché corrono? Perché sudano, sudiamo come fontane nei parchi o intorno alle polisportive, rischiando una sfilza di patologie lunga come da qui al traforo del Frejus, fibrillazione atriale in primis? Forse perché si sentiamo penosamente inadeguati ai canoni estetici imperanti? Al tempo. L’attività fisica regolare fa bene, anzi benissimo al corpo come alla psiche. Mens sana in corpore sano, manco c’è bisogno di ribadirlo. Ciò che invece fa male, anzi malissimo è la smania della bellezza. Centinaia di addominali al giorno ci renderanno senz’altro più presentabili, ma non ci faranno ricrescere i capelli né abbelliranno i nostri tratti. «Tanto, ringiovanire non ringiovanisci.» So che non è facile, proprio per niente, ma bisogna imparare a convivere col proprio aspetto fisico, rendendolo migliore se possibile, senza però lasciarsi prendere da manie vigoressiche. E soprattutto, evitare di fissarsi con la televisione, sguaiatissima incubatrice d’imbecillità e generatrice d’invidie che ulcerano la mucosa gastrica. Anche a me, sbirciando quelle garrule rubriche, viene da chiedermi come certe facce di merda siano sempre circondate di sventole. Ma la riposta mi giunge immediata: “Carcasse di cafonazzi arricchiti su cui svolazzano avvoltoi in perizoma.” Così semplice. E cambio disinvoltamente canale. People have the power in their remote controls. Il voler piacere a tutti i costi è la scimmia sulla schiena del terzo millennio, peggio dell’eroina negli anni Ottanta. Perché pretendere che una donna s’innamori di noi se non vuole? Oggigiorno c’è chi giunge perfino alle estreme conseguenze, alla soppressione fisica dell’oggetto del proprio desiderio smodato, pur di non rassegnarsi all’incorresponsione. Marionette assassine cresciute in un milieu dove tutto è sempre sì e il no, il concetto di rinuncia, non è neppure contemplato. Io, per quanto mi riguarda, devo constatare che il mio post sul “pagafantismo” è stato autoprofetico. «Si deve fuggire dalla zona amica, perché altrimenti non te la farai mai.» Nel capolavoro letterario che ho appena finito di leggere, La fiera delle vanità di W.M. Thackeray, William Dobbin deve pazientare ben diciotto anni per vedere ricambiati i propri sentimenti da Amelia Sedley. Io fra diciotto anni ne avrò sessantadue e rotti e chissà dove sarò e in quali condizioni verserà la mia produzione endogena di testosterone. Perciò ho messo il mio cuore sanguinante d’amore su un vassoio d’argento e l’ho porto a una donna molto più giovane di me, la personcina, i cui pensieri, tale quale a Emmy, sono tuttavia sovrumanamente impegnati da un fantasma… pardon, dal cantante di un gruppo rock torinese che, ma tu guarda la vita com’è!, non se la fila più. Giusto perché in questi giorni ricorreva il decennale del cataclismico due di picche rifilatomi da Elena. Giusto perché non c’è due senza tre, e soltanto il cielo sa quanto odio i proverbi. Giusto perché sono uno specialista nel mandare in vacca qualunque cosa, perfino una bellissima amicizia che però a me non basta, non basta e non basta. Giusto perché ogni dieci maledetti anni mi tocca innamorarmi di qualche masochista innamorata persa di qualche stronzone malcagato che la fa soffrire – ne ho le scatole strapiene di questi déjà vu! La fiera delle velleità. O il multilevel dei cuori infranti. Comunque, altro due di picche fu. Comunque nella vita bisogna far tesoro di qualsiasi esperienza, a maggior ragione delle scuffie. Con la famosa Elena in quel bar ero veramente partito dall’uovo per giungere alla mela, visto da fuori mi facevo perfino ridere: con La Personcina, sebbene in prima istanza avessi preso in considerazione finanche una dichiarazione d’amore con sottofondo musicale calzante – Surrender Your Heart (To Me) dei Missing Persons!*, “arrendi il tuo cuore a me” – sono stato decisamente più minimalista. “Ma lei, come l’ha presa?” Mi dispiace molto, ma almeno questa è una faccenda privata. 68
Ora sto bene... macché, sto di cacca bovina. Però basta per sempre con l’autofustigazione, dopotutto mica sono un batù! Ora più che mai desidero, esigo un amore a reazione, travolgente, passionale, scevro d’eccessi di verborrea: ma più di tutto, pienamente contraccambiato. Frattanto continuo a correre. * = oppure You Wear Those Eyes dei Cars, un altro brano nella scia syntho-polare artica di Ashes To Ashes. “Prendi il tuo tempo / perché non è troppo tardi. / Io sarò il tuo specchio / così non esiterai. / Sarò facile da trovare / ogni qualvolta cadrai.” “Lorena Contour 2009”. Illustrazione di Maurizio Ferrarotti, 2009. 69
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