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Torino è la mia città 2008-2009: Figomania - Ferrarotti, Maurizio

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“Lo sto studiando per <strong>la</strong>voro” mento con noncuranza. “Certo <strong>è</strong> una lingua tutt’altro che facile, ha<br />

dei suoni sconosciuti al<strong>la</strong> lingua italiana…”<br />

“Ah sì? Quali?”<br />

“Be’, per esempio, ui.” L’ho letto giusto mezz’ora prima di scendere al bar. “È molto difficile da<br />

riprodurre. Ti ci avvicini al<strong>la</strong> pronuncia unendo <strong>la</strong> ö del<strong>la</strong> paro<strong>la</strong> francese peu, poco, al<strong>la</strong> i staccata.”<br />

“Facci un esempio.” Plurale maiestatico siculo.<br />

“Tuin. Töìn. Vuol dire giardino.”<br />

“Toin. Tuuin.” Per come piega <strong>la</strong> bocca nel tentativo di pronunciare quel dittongo, me lo fa venire<br />

duro. Si scioglie in una risata: “Cazzaro<strong>la</strong>, non ci riesco proprio. Ma come par<strong>la</strong> quel<strong>la</strong> gente <strong>la</strong>ssù?<br />

Io a Davids l’ho sempre solo sentito par<strong>la</strong>re l’italiano. Però che importa, era un fico da urlo, ho una<br />

collezione di foto sue a casa, troppo idolo. Tu ci sei stato in O<strong>la</strong>nda? Raccontami com’<strong>è</strong>.”<br />

Durante gli anni Sessanta, vari movimenti di protesta si svilupparono nei Paesi Bassi. Le forze che<br />

capeggiavano l’opposizione erano i provos – un nomignolo o<strong>la</strong>ndese per coloro che deliberatamente<br />

provocavano <strong>la</strong> polizia e altre autorità. I provos insorsero molte volte, specialmente in occasione di<br />

due matrimoni reali con stranieri impopo<strong>la</strong>ri. Nel 1964, <strong>la</strong> Principessa Irene di Orange-Nassau si<br />

convertì al cattolicesimo e sposò il Principe Carlo Ugo di Borbone-Parma. Nel 1966, <strong>la</strong> Principessa<br />

Beatrice dei Paesi Bassi sposò C<strong>la</strong>us Von Amsberg, un diplomatico del<strong>la</strong> Germania Occidentale:<br />

costui era stato un soldato dell’esercito tedesco durante <strong>la</strong> Seconda Guerra Mondiale. Tuttavia nel<br />

1967 <strong>la</strong> popo<strong>la</strong>rità reale fu <strong>la</strong>rgamente ripristinata dopo che Beatrice ebbe dato al<strong>la</strong> luce un figlio,<br />

Guglielmo-Alessandro, il primo maschio del<strong>la</strong> stirpe a ereditare il trono dal 1884.<br />

Sempre in quell’anno, <strong>la</strong> rock band psichedelica londinese Tomorrow compose un brano, My White<br />

Bicycle, ispirandosi al “programma di bicicletta collettiva” attuato dai provos ad Amsterdam: essi<br />

possedevano delle biciclette bianche e le <strong>la</strong>sciavano in giro per <strong>la</strong> <strong>città</strong>, e chiunque dovesse andare<br />

da qualche parte e avesse bisogno di una bici, avrebbe potuto prender<strong>la</strong> e andare dove voleva e<br />

<strong>la</strong>sciar<strong>la</strong> là per qualcun altro – l’antenato dell’odierno bicycle sharing. Tra una peda<strong>la</strong>ta e l’altra non<br />

era evento insolito l’avvistamento di una decappottabile sul cui sedile posteriore era sistemata una<br />

bombo<strong>la</strong> di protossido di azoto: al vo<strong>la</strong>nte, Simon Winkenoog, scrittore poeta e traduttore del<strong>la</strong> Beat<br />

Generation; accanto, sua moglie Reineke e nientemeno che Mr Ken Kesey – uno dei padri del<strong>la</strong><br />

psichedelia californiana, autore di quel libro fantastico che <strong>è</strong> Qualcuno volò sul nido del cuculo. Il<br />

terzetto attingeva dal<strong>la</strong> bombo<strong>la</strong> senza requie.<br />

Tutto ciò a Debora non lo racconto. Piuttosto, sintonizzandomi sul<strong>la</strong> sua bassa frequenza culturale,<br />

le parlo di coffee shop, discoteche electro ed ecstasy, mulini a vento, tulipani, zoccoletti di legno e<br />

margarina, Ruud Gullit e Marco Van Basten, insomma una sgranatura di topoi oranje come neanche<br />

il peggior depliant turistico del<strong>la</strong> più sgalfa agenzia di viaggi del quartiere. C’<strong>è</strong> stato un tempo in cui<br />

io mi sentivo una specie di pa<strong>la</strong>dino del<strong>la</strong> cultura che combatteva <strong>la</strong> sua personale crociata contro<br />

l’ignoranza. Poi un bel giorno ho realizzato che era tutta fatica sprecata.<br />

Sul ponte svento<strong>la</strong> bandiera bianca.<br />

Eccoti arrivato al momento cruciale. Chiedile di uscire. Strappale ’sto fottuto gancio. Va’ all’attacco<br />

delle sue mutandine.<br />

Scoprirai se <strong>è</strong> depi<strong>la</strong>ta o hairy.<br />

Prenderai <strong>la</strong> tua bandiera e <strong>la</strong> pianterai sul suo monte di Venere.<br />

Le farai assaggiare il tuo ricco <strong>la</strong>tte.<br />

“Ti va di uscire insieme domani sera?”<br />

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