Posted 19/03/<strong>2009</strong> h 05.15 p.m., CET. Chiunque, almeno una volta nel<strong>la</strong> propria vitaccia, ha idoleggiato un divo/a del piccolo o grande schermo. O si <strong>è</strong> fortemente immedesimato in un ruolo da lui/lei interpretato. In quest’ultimo rispetto, potrei citarvi minimo trenta personaggi che mi hanno preso nel cervello: Charlie Crews, protagonista del serial Life, <strong>è</strong> l’ultimo arrivato. L’altro ieri, nel corso di una piacevolissima conversazione telefonica al ca<strong>la</strong>r del<strong>la</strong> tiepida sera – finalmente <strong>è</strong> arrivata <strong>la</strong> primavera! – con <strong>la</strong> personcina che mi sta (moltissimo) a cuore, mi <strong>è</strong> uscita di bocca questa cosa: “Sai, con gli anni ho imparato a convivere serenamente coi miei difetti fisici, <strong>la</strong> calvizie il naso a cammello e tutto il resto, ma se potessi cambiare completamente il mio aspetto con un trattamento rivoluzionario o un patto col diavolo, mi farei trasformare in un anglosassone s<strong>la</strong>nciato, prestante e coi capelli rossi, naturalmente folti.” Come Da<strong>mia</strong>n Lewis, per l’appunto. (Qualche centinaia di sere fa al VB di Via delle Rosine l’ex fidanzata di un mio conoscente mi disse: “Ah, <strong>Maurizio</strong> mio caro, se tu oltre a un cervello scintil<strong>la</strong>nte avessi pure il corpo di un anglosassone…” Of corse, dear. E se tu fossi meno pretenziosa e scassacazzi…) Pour parler. Pur tuttavia io e Crew/Lewis, quantunque messi a confronto parremmo Bob Rock (versione pelotari sabaudo) e A<strong>la</strong>n Ford, qualcosa in comune l’abbiamo. Anch’io come Charlie, un detective che si <strong>è</strong> fatto dodici anni in galera per un crimine che non ha commesso, ho dovuto combattere a lungo per non perdere il senno; soltanto che <strong>la</strong> <strong>mia</strong> prigione era mentale, non fisica. Gli scarabocchi sulle pareti biancastre del<strong>la</strong> <strong>mia</strong> cel<strong>la</strong> rive<strong>la</strong>vano mancanza d’autostima, difficoltà di comunicazione col prossimo, sensi di colpa generati dal<strong>la</strong> morte di <strong>mia</strong> sorel<strong>la</strong> Danii per quel male bastardo figlio di puttana il cui nome i media sono ancora riluttanti a pronunciare: cancro, cancro, CANCROOOO! Charlie Crews si <strong>è</strong> aggrappato a un libercolo zen trovato in gattabuia per sopravvivere; tornato in libertà n’applica i precetti al<strong>la</strong> sua nuova vita, sia pure sui generis. Io, <strong>Maurizio</strong> <strong>Ferrarotti</strong>, bevo birra gustandone ogni singolo sorso, gioco a pelota basca, compro e scarico musica a tonnel<strong>la</strong>te, corteggio femmine giovani carine e occupatissime: poi, c’<strong>è</strong> Stop allo stress. Ho rinvenuto questo libretto nel bidone per <strong>la</strong> raccolta di carta e cartone del mio pa<strong>la</strong>zzo; in origine era allegato a un numero del<strong>la</strong> rivista Viversani & belli. Quest’ultima <strong>è</strong> uno di quei mensili salutisti nei quali per recuperare <strong>la</strong> linea dopo i bagordi natalizi ti si consiglia una dieta a base di melone e acqua minerale naturale per dieci giorni e prima di partire per le vacanze estive frul<strong>la</strong>ti di guaranà e scolopendra indiana, <strong>la</strong> quale per di più si dice possieda virtù anti-ictus. In ogni modo, Stop allo stress si <strong>è</strong> rive<strong>la</strong>to tutt’altro che una boiata. Scritto con <strong>la</strong> consulenza di una nota neuropsichiatra bergamasca, <strong>è</strong> prodigo di consigli su come affrontare gli stressor (così vengono genericamente chiamate tutte le situazioni di stress). Io, per me, prediligo l’auto-shiatsu. Lo shiatsu (paro<strong>la</strong> composta di shi = dito e atsu = pressione), <strong>è</strong> una tecnica giapponese risalente al VI secolo, quando i monaci buddisti importarono nel paese del Sol Levante i principi del<strong>la</strong> medicina tradizionale cinese che ne costituiscono il fondamento teorico. Consiste nell’esercitare con le dita una moderata pressione in alcuni punti strategici del corpo, risvegliandone <strong>la</strong> forza di autoguarigione. Nonostante ora nel nostro paese sia molto in voga (di recente ho visto affissa al<strong>la</strong> pensilina di una fermata d’autobus una locandina rec<strong>la</strong>mizzante un “salone rumeno di massaggi shiatsu e Tai Chi”!), nessuna istituzione universitaria si <strong>è</strong> ancora impegnata a studiarne gli effettivi benefici. Italica normalità. 44
Charlie Crews/Da<strong>mia</strong>n Lewis. 45
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