Torino è la mia città 2008-2009: Figomania - Ferrarotti, Maurizio

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Posted 15/09/2008 h 10.50 a.m., CET. Nella pagina precedente, il paginone centrale di Playboy del novembre 1972 con l’immagine senza veli (ma piuttosto casta se paragonata a certi nudi attuali) della meravigliosa modella svedese Lena Sjööblom. In quel tempo una squadra di scienziati della University of Southern California, nell’ambito del progetto militare “Arpanet” (il progenitore di Internet), incominciò a studiare la digitalizzazione delle immagini: il risultato dei loro sforzi fu la creazione dei formati Mpeg e Jpeg. Come immagine campione quei cervelloni scelsero proprio la foto della bellissima Lena. Ancora oggi il suo soave nordico fondoschiena è uno degli standard più usati per testare gli algoritmi di compressione degli immagini. Della cosiddetta “zona erogena mutevole”, o virtù callipigia, insomma del posteriore, si occupò in maniera infinitamente più aspra e bisessuale anche Norman Mailer nel suo thriller psicologico I duri non ballano. Il protagonista Tim Madden ricorda così il suo primo amplesso con la sensuale e malvagia Patty Lareine, che poi diventerà sua moglie: “Quella Patty aveva un corpo degno d’una modella diciannovenne di Playboy, e ce l’avevi in carne e ossa innanzi a te, roba da non credere, e ingaggiammo una romantica battaglia liceale, vale a dire, io continuavo a indurla, spingendo, a mettere la bocca in luoghi che giurava di non avere mai toccato finora con le labbra, e quindi stavamo sempre l’uno nell’area di rigore dell’altra, e mettevamo in atto ogni sorta di prese, così intime e maligne e sempre più ardite e perverse e, come dicono in California, superpiacevolissime. Dio, Patty Erlene era in gamba, potevi scoparla fino a morirne.” Verso lo scioglimento dell’intricata vicenda Wardley, il nuovo marito di Patty Lareine, rivelerà a Madden: “Patty ti odiava alla follia. Sai, certi uomini, per accontentare la parte femminile di sé, inducono le loro donne a speciali pratiche di sesso orale. Patty Lareine lo faceva, per me. Anzi, è così che mi indusse a sposarla. Nessuno mi aveva mai fatto certe cose meglio di lei. Poi, dopo sposati, smise. Fredda. Quando le feci capire che avrei gradito che quelle nostre pratiche continuassero, mi disse: ‘Wardley, non posso. Ogni volta che vedo la tua faccia, adesso, mi ricorda il tuo didietro.’” Ne La novella del mugnaio, facente parte del celeberrimo poema di Geoffrey Chaucer I Racconti di Canterbury (XIV secolo), il rapporto sessuale fra Alison e l’amante Nicholas è disturbato dall’altro spasimante Absalon, che dalla finestra richiede un bacio come pegno d’amore. Allora Alison sporge il sedere nudo fuori della finestra affinché Absalon lo baci (“But with his mouth he kiste hir naked ers.”). Ciò lo fa arrabbiare moltissimo, di modo che fornitosi di un ferro rovente si ripresenta presso la finestra e richiede un altro bacio. Questa volta è Nicholas a ripetere lo scherzo aggiungendovi però una sonora scoreggia in faccia al rivale, per la quale meritatamente si becca la marchiatura a fuoco. Da lì deriva l’espressione slang anglosassone kiss my ass (“baciami il culo”), in gaelico póg mo thóin, e un formidabile gruppo di folk-punk: i Pogues. Anche il sottoscritto, come tutti gli uomini anche se la maggior parte di essi obnubilata dall’eccesso di testosterone non lo ammetterebbe neppure con un paio di elettrodi piantati nei testicoli, ha una parte femminile. Dopotutto il cromosoma maschile è un cromosoma femminile incompleto, e non soltanto perché lo sosteneva Valerie Solanas, quella sciroccata che sparò ad Andy Warhol. Pertanto nell’intimità non mi dispiacciono le carezze sui glutei. Ricordo con piacere le mani seriche di una ragazza basca con cui ebbi una fugace ma intensa relazione tredici anni fa. Ricordo anche che ebbe il dettaglio di chiamarmi alle 23.00 di un lunedì tra i più bestiali dal punto di vista lavorativo che io ricordi difatti ero lì già mezzo tra le braccia di Morfeo per comunicarmi che non ce la faceva più a sopportare la lontananza fra noi e per di più non mi aveva mai veramente amato benché in otto mesi me lo avesse scritto e detto almeno centoventi volte e quindi mi mollava e che per favore non la odiassi. “Goizalde l’aveva addentrato negli abissi dell’anima femminile. Con lei, aveva appreso a 6
leggere tra le righe, a decifrare i messaggi. Talvolta un ‘ti amo’ poteva significare ‘ti amo da impazzire’, ‘sto cercando di convincermi che ti amo’ o ‘no, non ti amo, anzi mi fai pure un po’ schifo’.” Kiss my ass goodbye. 7
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