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Torino è la mia città 2008-2009: Figomania - Ferrarotti, Maurizio

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Posted 03/11/<strong>2008</strong> h 10.23 a.m., CET. Donne uniche. Donne come non ne nascono più su questa<br />

terra. Donne che sono ogni donna. Il “breve saggio in lode di Nico” che segue <strong>è</strong> tratto dal libro di<br />

Victor Bockris e Gerard Ma<strong>la</strong>nga Up-Tight. The Velvet Underground Story. Christa Päffgen,<br />

“Nico”. Colonia, 16 ottobre 1938 – Ibiza, 18 luglio 1988. R.I.P.<br />

Se esiste una bellezza così universale da essere indiscutibile, Nico <strong>la</strong> possiede.<br />

Il volto non ha un difetto. I lineamenti sono impeccabili: <strong>la</strong> bocca <strong>è</strong> ben delineata, il naso dritto e<br />

finemente cesel<strong>la</strong>to, i limpidi occhi in delicato equilibrio. Capelli di un biondo pallido fungono da<br />

cornice. Le proporzioni sono inverosimilmente perfette. Non una caratteristica s’impone, eppure<br />

prevalgono tutte. E mentre <strong>la</strong> simmetria solitamente annoia, Nico attira l’attenzione, fa trasalire,<br />

cattura. L’apparizione di un sorriso, di un broncio, di una <strong>la</strong>crima pare assolutamente incongrua.<br />

Ancor più incongruo, poi <strong>è</strong> lo sguardo, che il più delle volte focalizza l’impercettibile.<br />

Superstar e chanteuse insieme, viene osservato di continuo che <strong>è</strong> paradossale il rapporto che vi <strong>è</strong> fra<br />

<strong>la</strong> sua bellezza e <strong>la</strong> funzione che essa svolge – che contrasto fra <strong>la</strong> Nico sullo schermo alle spalle dei<br />

Velvet Underground, che sgranocchia <strong>la</strong>nguidamente qualcosa in un bar o distrattamente si pettina<br />

in Chelsea Girls, e <strong>la</strong> Nico sul palco, che “piegata su un microfono geme <strong>la</strong>mentosa, senza fine,<br />

emettendo suoni di un alce amplificati”. Più evidente ancora <strong>è</strong> <strong>la</strong> dicoto<strong>mia</strong> fra <strong>la</strong> Nico monel<strong>la</strong> e<br />

svampita de La dolce vita e quel<strong>la</strong> che sorride malignamente dal<strong>la</strong> copertina di Esquire e <strong>la</strong> Nico<br />

che <strong>la</strong>scia il palcoscenico dopo una performance, ridendo ambiguamente. Però <strong>la</strong> paradossale<br />

convivenza, individuata dai critici, di un’innocenza evidente e naturale nei film e di una presenza<br />

scenica, dal vivo, quanto mai lugubre non <strong>è</strong> che una manifestazione secondaria del vero enigma: gli<br />

occhi.<br />

Per il suo impatto come insieme tridimensionale Nico potrebbe essere efficacemente rappresentata<br />

più che da un quadro da una scultura, ma nemmeno il più profondi degli artisti potrebbe catturare <strong>la</strong><br />

qualità strana e inesplicabile dei suoi occhi. Che incantano, ma non fanno segnali; ignorano, ma non<br />

possono essere dimenticati; riflettono <strong>la</strong> realtà interiore, ma non offrono una chiave per penetrar<strong>la</strong>.<br />

L’espressione, o <strong>la</strong> mancanza di un’espressione comprensibile, che hanno sfugge alle categorie<br />

entro le quali può essere catalogata <strong>la</strong> sua bellezza. Gli occhi di Nico sembrano scrutare un grande<br />

mistero, ce<strong>la</strong>to dall’indifferenza, di cui vorrebbero che nessuno conoscesse l’esistenza. Che un<br />

mistero ci sia davvero o no, quegli occhi che paiono ignorare ciò che li circonda eclissano <strong>la</strong><br />

perfezione dei lineamenti e contribuiscono grandemente a fare di Nico una presenza magnetica.<br />

Proprio questo magnetismo, distaccato, invio<strong>la</strong>bile, fa inserire Nico nel<strong>la</strong> tradizione Garbo/Dietrich<br />

e <strong>la</strong> eleva da comune bellezza nordica all’olimpo di un inavvicinabile misticismo.<br />

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