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Torino è la mia città 2008-2009: Figomania - Ferrarotti, Maurizio

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nel<strong>la</strong> gilda pittorica del<strong>la</strong> sua <strong>città</strong>. Senz’altro quel<strong>la</strong> donna visse tutto il suo huwelijk (in o<strong>la</strong>ndese,<br />

matrimonio) col talentuoso Johannes in uno stato d’inquietudine, con quel viavai di giovanissime e<br />

attraenti modelle – Giovane assopita, Giovane donna leggente, Lattaia, Fanciul<strong>la</strong> che legge una<br />

lettera, Ragazza con turbante. Ma che poi Vermeer se le facesse oltre a ritrarle <strong>è</strong> tutto da scoprire,<br />

forse non lo scopriremo mai e al<strong>la</strong> fin fine non dovrebbe importarcene un accidente, fu un pittore<br />

immenso e basta. ’Sto minchia di assillo giudaico-cristiano circa l’integrità morale dell’artista…<br />

“Zio fa che palle” si <strong>la</strong>menta l’operaio dietro di me.<br />

Anita Pallenberg. Smashing Pumpkins. Blusa di percalle.<br />

Una festa decisamente importante per gli o<strong>la</strong>ndesi <strong>è</strong> Sinterk<strong>la</strong>as (San Nico<strong>la</strong>) che si celebra il 5/6<br />

dicembre con parecchio folclore e che coinvolge grandi e piccini. I bambini ricevono regali che<br />

Sinterk<strong>la</strong>as, passando sui tetti con il suo cavallo bianco, ca<strong>la</strong> personalmente nei camini delle case.<br />

Gli adulti invece s’improvvisano tutti poeti, accompagnando lo scambio di doni con ogni tipo di<br />

scherzo e poesie spiritose, molto personalizzate. Tutta quel<strong>la</strong> bellissima gente a divertirsi per le<br />

leggiadre strade d’O<strong>la</strong>nda, par<strong>la</strong>ndo una lingua di ardua comprensione del<strong>la</strong> quale io posseggo un<br />

manuale di conversazione con pronuncia figurata da cui mi diverto a estrapo<strong>la</strong>re parole e frasi per<br />

fare <strong>la</strong> figura del figaccione poliglotta con gente che nemmeno sa par<strong>la</strong>re correttamente <strong>la</strong> propria<br />

lingua madre. Come il montatore di motori a scoppio che mi sta fiatando sul collo. Come questa<br />

carinissima ragazzetta meridionale di nome Debora. Debbora.<br />

Centoschedine ghermisce in un solo gesto schedine, ricevute e resto e si ficca il tutto in tasca, poi<br />

esce senza salutare. Debora <strong>la</strong> segue con lo sguardo, storce <strong>la</strong> bocca ma poi <strong>la</strong> rimodel<strong>la</strong> in un<br />

sorriso per me: “Ciao, Fede.”<br />

E io: “Ciao, mooie meisje.”<br />

E lei: “Eh?”<br />

Più tardi siamo a berci un aperitivo nel bar di fianco al<strong>la</strong> tabaccheria. Un bar come altri diecimi<strong>la</strong><br />

in questa <strong>città</strong>: inserviente scazzata, tossici di videopoker relegati in fondo al<strong>la</strong> sa<strong>la</strong>, stuzzichini<br />

ricic<strong>la</strong>ti da un giorno all’altro, qualità del caff<strong>è</strong> espresso oscil<strong>la</strong>nte tra mediocre e pessima. Se sono<br />

qui dentro <strong>è</strong> solo perché mi va di conoscere meglio questa Debora.<br />

Non che lei abbia molto da raccontare. Ventidue anni e qualche mese, un fratello di diciannove,<br />

genitori entrambi originari di Raffadali, provincia di Agrigento (lo stesso paese dov’<strong>è</strong> nato il Mago<br />

Gabriel, quello degli “gnomini col naso appizzuto stupentemente colorati”) trasferitisi a Volpiano<br />

all’inizio degli anni Settanta, licenza media, Laura Pausini anche in bagno mentre si fa i capelli, da<br />

buona napuli tifosa del<strong>la</strong> Juve – che ci volete fare, <strong>è</strong> un virus –, fino a quattro mesi fa andava in<br />

palestra quattro sere su sette poi tra i soldi e altre cose…, ha trovato questo <strong>la</strong>voretto in tabaccheria<br />

grazie a uno zio che <strong>è</strong> amico d’infanzia del ciccione. Il resto <strong>è</strong> un corpicino dalle forme voluttuose,<br />

capelli corvini lunghi e lisci e un volto da filmino .avi amatoriale; nessuno, dico proprio nessuno<br />

degli habitué riesce a stare venti secondi di fi<strong>la</strong> senza sbirciarne le mirifiche natiche a mandolino e<br />

le tette da calendario. Credo che certe donne abbiano sacrosantamente ragione quando dicono che<br />

noi uomini siamo dei morti di figa inveterati. Ma credo altrettanto che <strong>la</strong> loro maniacale ricerca<br />

dell’uomo perfetto le renda so<strong>la</strong>mente ridicole agli occhi dell’universo. Salvo prossime c<strong>la</strong>morose<br />

smentite del principio di indeterminazione di Heinsenberg e i traversoni di C<strong>la</strong>udio Sa<strong>la</strong> per Ciccio<br />

Graziani e Pupigol, <strong>la</strong> perfezione non <strong>è</strong> di questo mondo.<br />

Suca, suca. Peccato che non ti posso fottere.<br />

“Ma tu davvero sai l’o<strong>la</strong>ndese?” mi domanda Debora, e prende un sorso del suo drink analcolico.<br />

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