Torino è la mia città 2008-2009: Figomania - Ferrarotti, Maurizio
Torino è la mia città 2008-2009: Figomania - Ferrarotti, Maurizio
Torino è la mia città 2008-2009: Figomania - Ferrarotti, Maurizio
Create successful ePaper yourself
Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.
un turbante color blu fiordaliso e giallo pallido, un orecchino di per<strong>la</strong> a forma di goccia appeso al<br />
lobo dell’orecchio sinistro. Bellissima. Nonché erotica da paura.<br />
Nel libro del<strong>la</strong> Chevalier, <strong>la</strong> model<strong>la</strong> del quadro si chiama Griet; poiché <strong>la</strong> sua famiglia versa in<br />
difficili condizioni economiche, el<strong>la</strong> per atto di carità <strong>è</strong> ammessa a casa Vermeer in qualità di serva<br />
per otto stuiver al giorno. Nel film di Peter Webber Griet <strong>è</strong> interpretata, superbamente, da Scarlett<br />
Johansson: Vermeer, dall’ottimo Colin Firth, un attore misurato, mai sopra le righe.<br />
Scarlett Johansson. Come suona bene.<br />
“Ehi, Dante, ma a te <strong>è</strong> mai piaciuto Marilyn Manson?”<br />
“Come? Ah, sì, Scarlett Johansson: <strong>è</strong> un’attrice straordinaria.”<br />
Se per qualche o una sfilza di motivi in questo mondo malriuscito ti capita di perdere totalmente <strong>la</strong><br />
pazienza, fai ciò che va fatto. Dai un manrovescio allo stronzo malcagato che ti <strong>è</strong> passato davanti<br />
in coda all’ufficio postale, manda definitivamente a quel paese il tuo partner, vai con una zocco<strong>la</strong><br />
da 500 euro a botta se <strong>è</strong> troppo tempo che non pianti il piccone, cambia <strong>città</strong>, nazione, continente,<br />
pianeta. Ma vedi di riempire di nuovo, e più in fretta possibile, il serbatoio. Chiamalo, se vuoi, zen,<br />
o buonsenso. Sempre che tu non voglia morire giovane.<br />
Davanti a me ora c’<strong>è</strong> un motivo basso, bruttino e grassottello per perdere <strong>la</strong> brocca; <strong>la</strong> signora delle<br />
cento schedine del Lotto. Mi tocca una volta su quattro che vado al tabaccaio d’angolo per giocare<br />
i miei otto pannelli di numeri al Superenalotto. Presumo che costei avrà azzeccato un misero ambo<br />
in tutta <strong>la</strong> sua vita miseranda – dopo tutto <strong>è</strong> un gioco di puro fondello, potresti vincere giocando i<br />
numeri che ti ha abbaiato il tuo cane al parco in una mattina ventosa –, eppure almeno una volta <strong>la</strong><br />
settimana viene qua e intasa il terminale Lottomatica, nonché i marroni di chi viene dopo di lei,<br />
con le sue speranze di una vita meno grama.<br />
Per <strong>la</strong> precisione il Super Enalotto si gioca mediante un altro terminale, ma vigliaccaccia <strong>la</strong> miseria<br />
se il ciccione che gestisce l’esercizio e l’altra commessa, una tartara anoressica e tabagista il cui<br />
abbigliamento preferito <strong>è</strong> pantaloni mimetici e T-shirt apologizzanti il consumo di droghe, si fanno<br />
vedere. Così <strong>la</strong> tediosissima incombenza spetta tutta a questa ragazza siciliana con <strong>la</strong> pancia in<br />
bel<strong>la</strong> mostra e un anellino all’ombelico. Colei al<strong>la</strong> quale ogni giovane stallone e rugoso satirone<br />
dell’iso<strong>la</strong>to sogna di fare qualunque cosa, in primis ficcarle l’uccello in quel<strong>la</strong> bel<strong>la</strong> bocca tumida.<br />
Io, benché mi spacci per romantico postmoderno, “settantasette chili d’ossa e muscoli ed empatia”<br />
mi sono descritto una volta a una tipa brodosa che fa <strong>la</strong> scenografa, non faccio eccezione.<br />
“Succhia, succhia <strong>la</strong> <strong>mia</strong> minchiazza nobbile.” Che razza di <strong>la</strong>voro, fare il doppiatore di film<br />
pornografici.<br />
L’aggeggio del<strong>la</strong> Lottomatica non ha letto neppure metà delle schedine. Alle mie spalle un tamarro<br />
col viso segnato da trent’anni di catena di montaggio bisbiglia un’imprecazione. Centoschedine<br />
manco se ne cura, completamente assorbita com’<strong>è</strong> dall’operazione di stampa delle ricevute. Devo<br />
far viaggiare <strong>la</strong> mente, <strong>è</strong> soltanto martedì pomeriggio e non voglio finire già in riserva. Le sbronze<br />
rituali di fine settimana richiedono una condizione fisica smagliante.<br />
Facciamo che <strong>la</strong> pazienza <strong>la</strong> perdo <strong>la</strong> settimana prossima, per qualche altra ragione. Tanto qui <strong>è</strong><br />
una battaglia persa in partenza.<br />
Dunque, Vermeer, o Ver Meer, o Van der Meer. Nato nel 1632 a Delft, un paese poco distante da<br />
l’Aia, e mortovi nel 1675, forse non solo pittore ma anche tessitore e mercante d’arte. Nel 1653<br />
sposò Catharina Bolenes, una ricca ereditiera (nel<strong>la</strong> scena madre del film Catharina, in <strong>la</strong>crime,<br />
costringe il marito a mostrarle il quadro, giudicandolo poi ‘osceno’) e nello stesso anno fu accolto<br />
47