Torino è la mia città 2008-2009: Figomania - Ferrarotti, Maurizio
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fotti l’esistenza mentre loro fottendo si fottono <strong>la</strong> loro. Va’ in cerca d’emozioni autentiche, invece<br />
di strafarti di surrogati emozionali.<br />
Lancia granate di positività contro il mondo.<br />
Monta in sel<strong>la</strong> al<strong>la</strong> tua bicicletta bianca e peda<strong>la</strong> verso il sole nascente.<br />
Your White Bicycle. Jouw Witte Fiets.<br />
Il marchingegno del<strong>la</strong> Lottomatica non ha letto neppure metà delle schedine. Alle mie spalle c’<strong>è</strong> di<br />
nuovo il tamarro col volto raggrinzito da trent’anni di duro <strong>la</strong>voro in fabbrica. “Zio fa, ma sempre<br />
questa qui mi becco” si <strong>la</strong>menta, ad alta voce questa volta. La signora Centoschedine, ni puto caso,<br />
come se al mondo esistesse soltanto quel<strong>la</strong> stampante.<br />
Io non ho fretta. Ho <strong>la</strong> mente tersa come una bel<strong>la</strong> giornata di primavera. Non sono venuto qua per<br />
giocar le mie solite due schedine. Non me le sono neanche portate dietro. Ho portato tutt’altra roba<br />
con me. Cosa sono venuto a fare, lo scoprirete tra poco.<br />
Chiama<strong>la</strong> coincidenza. Chiama<strong>la</strong> sincronicità. Chiamalo destino. Chiamalo come ti pare. Fatto sta<br />
che oggi Debora porta una fascia per capelli <strong>la</strong>rga color blu fiordaliso e i capelli legati in una coda<br />
di cavallo che le si arriccia sul<strong>la</strong> spal<strong>la</strong> sinistra. L’avevo già notata stamani dal balcone, quando ha<br />
parcheggiato <strong>la</strong> sua Smart gial<strong>la</strong> nel mio cortile – non potrebbe farlo giacché <strong>è</strong> proprietà privata,<br />
ma tant’<strong>è</strong> – ed <strong>è</strong> andata al bar per prendersi un caff<strong>è</strong> prima di attaccare col rusco.<br />
Caretta caretta. Cave canem. Gnarls Barkley.<br />
Centoschedine artiglia schedine, ricevute e resto e si ficca tutto in tasca, poi saluta e se ne va. Oggi<br />
<strong>è</strong> davvero una giornata speciale.<br />
“Ciao, Fede. Scusami, ma devo scappare un attimo nel retro. Torno subito.” Ha ancora l’orecchino<br />
a forma di goccia appeso al lobo.<br />
Io dico: “Aspetta, Griet.”<br />
Debora si volge di tre quarti verso di me. Dice: “Eh?”<br />
E in quel preciso istante io le scatto una foto con <strong>la</strong> <strong>mia</strong> Pentax Optio E20, da me preventivamente<br />
rego<strong>la</strong>ta in modalità di ripresa “Ritratti” e col f<strong>la</strong>sh in modalità “riduzione occhi rossi”. Poi le dico<br />
semplicemente “grazie, Debbie” e alzo i tacchi, <strong>la</strong>sciando lì basiti sia lei sia l’operaio consunto.<br />
L’importazione dell’immagine dal<strong>la</strong> fotocamera al notebook <strong>è</strong> terminata. Faccio clic per due volte<br />
sull’icona.<br />
Debora <strong>è</strong> venuta molto bene. L’espressione dolcemente stupita, <strong>la</strong> fascia e <strong>la</strong> coda di capelli che<br />
insieme danno l’impressione visiva di un copricapo esotico, il grosso monile a forma di goccia.<br />
Bellissima. Bloedmooi.<br />
La ragazza con l’orecchino del pir<strong>la</strong>.<br />
Questo racconto <strong>è</strong> una flebile imitazione dello stile di Chuck Pa<strong>la</strong>hniuk in 32.336 caratteri,<br />
spazi inclusi.<br />
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