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segnale di emissione fotonica indotta dalla spinta<br />
d'accelerazione", un alone di luce che si formava<br />
spesso sullo schermo del Minskytron.<br />
Le varianti erano infinite. Commutando pochi<br />
parametri potevate trovarvi in un gioco di "guerra<br />
spaziale idraulica", in cui i missili sgorgavano a fiotti<br />
anziché uno per uno. Oppure, mentre le ore si facevano<br />
piccole e la gente s'infilava nel programma interstellare,<br />
uno gridava: "Attivare 'venti spaziali!'" e qualcun altro<br />
scriveva un fattore di accelerazione che costringeva i<br />
giocatori a fare aggiustamenti ogniqualvolta si<br />
muovevano. Sebbene ogni perfezionamento che un<br />
hacker avesse desiderato fare fosse accolto con gioia,<br />
era pessimo stile fare cambiamenti che alterassero il<br />
gioco senza darne notizia. Le pressioni sociali che<br />
facevano rispettare l'elica hacker - che incitava a<br />
manipolare per migliorare, non per danneggiare -<br />
prevenivano ogni tentazione di combinare guai.<br />
Comunque, gli hacker erano già coinvolti in<br />
un'incredibile deviazione del sistema: stavano<br />
utilizzando un computer costosissimo per il gioco, in<br />
futuro, più venerato al mondo!<br />
A Spacewar si giocava moltissimo: per alcuni era<br />
diventato una droga. Sebbene nessuno potesse<br />
prenotare ufficialmente il Pdp-1 per una sessione di<br />
Spacewar, quella primavera, ogni momento libero della<br />
macchina pareva avere una qualche versione del gioco<br />
in corso. Con la bottiglie di Coca-cola in mano (e talora<br />
anche soldi), gli hacker disputavano tornei estenuanti.<br />
Alla fine Russell scrisse una subroutine di istruzioni per<br />
calcolare il punteggio, visualizzando in ottale (a quel<br />
punto sapevano tutti leggere quel sistema numerico in<br />
base otto) il totale delle partite vinte. Per un certo tempo<br />
lo svantaggio principale era costituito dallo<br />
smanettamento necessario per azionare gli interruttori<br />
sulla scomoda consolle del Pdp-1 (tenendo le braccia in<br />
quella particolare posizione, dopo un po' i gomiti<br />
facevano male). Così, un giorno, Kotok e Saunders si<br />
recarono al TMRC e misero insieme i pezzi di quello<br />
che sarebbe stato il primo joystick. Lo costruirono<br />
interamente con scarti abbandonati nella stanza del<br />
club e lo assemblarono in un'ora di ispirata destrezza<br />
manuale. Le scatole di controllo erano di legno, con un<br />
coperchio di masonite e avevano degli interruttori per la<br />
rotazione e la spinta, come pure un pulsante per<br />
l'iperspazio. Tutti i comandi erano, naturalmente, molto<br />
silenziosi, così da poter furtivamente aggirare il nemico<br />
o immergersi rapidamente nell'iperspazio.<br />
Mentre alcuni hacker perdevano interesse nello<br />
Spacewar, una volta esaurita la fase furibonda della<br />
programmazione, altri sviluppavano un istinto micidiale<br />
nel mettere a punto tattiche per far strage di nemici. La<br />
maggioranza delle partite erano vinte o perse nel giro di<br />
pochi secondi. Wagner divenne esperto nella tattica<br />
dello "stare in attesa", che consisteva nel rimanere<br />
fermo e immobile mentre la gravita lo teneva in orbita<br />
intorno al sole, poi piombava giù e cominciava a<br />
lanciare missili addosso all'avversario. C'era poi una<br />
variante nel gioco, detta "l'apertura Cbs", per cui si<br />
cercava prima la giusta angolazione di tiro e poi ci si<br />
buttava in orbita intorno alla stella: questa tattica<br />
prendeva il nome dal fatto che quando entrambi le<br />
astronavi rivali la assumevano, tracciavano sullo<br />
schermo un disegno che somigliava molto all'occhio<br />
della Cbs. Saunders, che prendeva il gioco molto<br />
seriamente, usava una tattica Cbs modificata per<br />
mantenere il predominio nel corso dei tornei e, per un<br />
certo periodo, nessuno riuscì a batterlo. Comunque,<br />
dopo venti minuti di difesa della propria posizione,<br />
perfino a un campione di Spacewar si sarebbero<br />
annebbiati gli occhi e così tutti riuscivano ad avere la<br />
loro possibilità di giocare a Spacewar, probabilmente<br />
più di quanto non fosse effettivamente salutare. Peter<br />
Sam-son, nel gioco secondo solo a Saunders, lo capì<br />
una notte, mentre tornava a casa. Scendendo dal treno,<br />
alzò lo sguardo al ciclo limpido e terso. Cadde una<br />
meteora. Dov'è la mia astronave? Samson pensò e,<br />
istintivamente, si girò annaspando nell'aria in cerca del<br />
joystick che non c'era.<br />
Nel maggio del 1962, in occasione dell'annuale festa<br />
del MIT gli hacker diedero in pasto alla macchina un<br />
nastro di carta con ventisette pagine di linguaggio<br />
assem-bly per il Pdp-1, installarono uno schermo extra -<br />
in realtà un gigantesco oscilloscopio - e per tutto il<br />
giorno mostrarono Spacewar a un pubblico che si<br />
assiepava intorno allo schermo e non riusciva a credere<br />
ai propri occhi. La sua visione - un gioco di fantascienza<br />
scritto dagli studenti e gestito da un computer - era così<br />
vicina all'incredibile che nessuno osava pensare che un<br />
giorno ne sarebbe derivata una vera e propria industria<br />
del divertimento.<br />
Solo qualche anno dopo, quando era alla Stanford<br />
university, Slug Russell si rese conto che il gioco non<br />
era altro che un'aberrazione hacker. Una notte, dopo<br />
aver lavorato fino a tardi, Russell e alcuni amici<br />
andarono in un bar vicino che aveva dei flipper.<br />
Giocarono fino alla chiusura; poi, invece di andare a<br />
casa, Russell e i colleghi tornarono al loro computer e<br />
per prima cosa si misero a giocare a Spacewar.<br />
Improvvisamente Steve Russell capì: "Questa gente ha<br />
appena finito di giocare con un flipper e si è messa a<br />
smanettare su Spacewar... oddio, anche Spacewar è<br />
un flipper". Il flipper sicuramente più avanzato, creativo<br />
e costoso sulla faccia della terra.<br />
Come gli altri prodotti degli hacker e il programma<br />
musicale, il gioco delle guerre spaziali era in vendita e,<br />
come gli altri programmi, fu messo nel cassetto per<br />
chiunque volesse prenderlo, visionarlo e riscriverlo<br />
come gli sembrava meglio. Il lavoro di gruppo che, fase<br />
dopo fase, aveva perfezionato il programma forniva un<br />
altro argomento in favore dell'etica hacker: l'impulso a<br />
entrare nei meccanismi della cosa e renderla migliore<br />
aveva portato a un consistente miglioramento. E<br />
ovviamente era anche divertentissimo. Non c'era da<br />
meravigliarsi che gli altri proprietari di Pdp-1<br />
cominciassero ad aver notizia della cosa e che i nastri<br />
di carta contenenti Spacewar fossero distribuiti<br />
gratuitamente. A un certo punto il pensiero che<br />
qualcuno avrebbe dovuto trarre benefici economici da<br />
tutto questo passò forse per la testa di Slug Russell, ma<br />
a quel punto erano ormai decine le copie che<br />
circolavano. La Dee fu deliziata nel riceverne una e gli<br />
ingegneri la usarono come un programma diagnostico<br />
finale per i Pdp-1, prima di distribuirli sul mercato. Alla<br />
fine, senza pulire la memoria del computer, spegnevano<br />
la macchina. I rivenditori della Dee lo sapevano e,<br />
<strong>Capitolo</strong> <strong>1°</strong> - <strong>Storia</strong><br />
spesso, quando le macchine venivano consegnate ai<br />
nuovi acquirenti, le accendevano, si accertavano che<br />
non uscisse fumo da dietro, e digitavano "VY" sulla<br />
tastiera. Se la macchina era stata ben imballata e<br />
installata, al centro dello schermo sarebbero apparsi la<br />
stella-sole e i missili a forma di sigaro e di tubo pronti<br />
per la battaglia cosmica. Un volo inaugurale per una<br />
macchina magica.<br />
Spacewar, come si vide in seguito, fu la durevole<br />
eredità dei pionieri dell'hackeraggio al MIT. Nei due anni<br />
successivi molti dei programmatori del Tx-0 e del Pdp-1<br />
lasciarono l'istituto. Saunders avrebbe trovato lavoro<br />
presso un'industria di Santa Monica (dove poi avrebbe<br />
scritto un programma di Spacewar per il Pdp-7 che<br />
usava per lavoro); Bob Wagner se ne andò alla Rand<br />
corporation; Peter Deutsch andò a Berkeley per iniziare<br />
il primo anno del college; Kotok trovò un lavoro parttime<br />
che si trasformò in una importante carica di<br />
progettazione alla Dec (sebbene per anni non riuscì a<br />
non girare attorno al TMRC e al Pdp-1). Con uno<br />
sviluppo che avrebbe avuto un peso considerevole<br />
nella diffusione dell'hackeraggio stile MIT fuori da<br />
Cambridge, John McCarthy lasciò l'istituto per fondare<br />
un nuovo laboratorio d'intelligenza artificiale sulla West<br />
Coast, alla Stanford university. Slug Russell, lo<br />
"scrivano" del Lisp di McCarthy, si accodò.<br />
Delle facce nuove e certe emergenti attività in campo<br />
informatico assicuravano che la cultura hacker al MIT<br />
non avrebbe solo avuto una prosecuzione, ma che<br />
sarebbe rifiorita e sviluppata più che mai. Le nuove<br />
facce erano di hacker incredibilmente audaci, destinati<br />
a diventare leggende viventi tramandate di bocca in<br />
bocca. Ma la molla che avrebbe permesso a questa<br />
gente di interpretare il loro ruolo da grandi hacker era<br />
già in tensione, spinta da persone i cui nomi sarebbero<br />
diventati noti con mezzi più convenzionali: tesi, premi<br />
accademici e in qualche caso la notorietà all'interno<br />
della comunità scientifica.<br />
Questi individui erano i planner. Tra loro si<br />
annoveravano scienziati che occasionalmente si<br />
dedicavano all'hackeraggio - Jack Dennis, McCarthy,<br />
Minsky - ma che in ultima analisi erano più interessati<br />
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