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Capitolo 1° - Storia - FedOA

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Il palazzo 20, la casa del TMRC per 50 anni, fu demolito nel 1997. Al club è stato<br />

offerto un nuovo spazio nel palazzo N52 del MIT Museum.<br />

Così scrive Steven Levy in Hackers: “Il vero motivo per cui Peter Samson, nel cuore<br />

della notte, stava vagabondando nel palazzo 26 è una faccenda che lui stesso avrebbe trovato<br />

difficile da spiegare. Di certe cose non si parla. Se foste come quelli con cui Peter era sul<br />

punto di far conoscenza e di cui sarebbe diventato amico, in quel suo anno da matricola al<br />

Massachussetts Institute of Technology, nell'inverno del 1958-59, non ci sarebbe stato bisogno<br />

di alcuna spiegazione. Vagabondare per il labirinto di laboratori e magazzini, in cerca dei<br />

misteri della commutazione telefonica nelle stanze piene di apparecchiature, seguendo<br />

sentieri di fili o di relè nei condotti sotterranei dell'aria condizionata, per qualcuno era un<br />

comportamento normale, e non c'era bisogno di giustificare l'impulso di aprire una porta<br />

senza permesso, se dietro quella porta si fosse percepito un rumore sospetto irresistibilmente<br />

attraente. E allora, se non ci fosse stato nessuno a proibire fisicamente l'accesso a qualunque<br />

cosa stesse provocando quel rumore affascinante e a impedire di toccare la macchina, ecco<br />

che avreste cominciato a sfiorare gli interruttori e a osservare le reazioni, a girare una vite,<br />

sganciare un pannello, rimuovere qualche diodo e provare qualche connessione. Peter<br />

<strong>Capitolo</strong> <strong>1°</strong> - <strong>Storia</strong><br />

Samson e i suoi amici erano cresciuti in una particolare relazione col mondo, all'interno della<br />

quale le cose acquisivano significato solo se si scopriva come funzionavano. E come avrebbe<br />

potuto capirlo se non mettendoci le mani sopra?<br />

Fu nel seminterrato del palazzo 26 che Samson e i suoi amici scoprirono la stanza Eam.<br />

Il palazzo 26 era un'alta struttura di vetro e acciaio, uno degli edifici più recenti del MIT, in<br />

contrasto con le venerande architetture neoclassiche che fronteggiavano l'Istituto su<br />

Massachusetts Avenue. Nel seminterrato di questo edificio, privo di personalità, c'era la<br />

stanza Eam, l'Electronic account machinery, che ospitava dei macchinari che funzionavano<br />

come computer.<br />

Nel 1959 non molta gente aveva visto un computer, figuriamoci poi toccarne uno.<br />

Samson - un ragazzo dai capelli rossi, ispidi e ricci con una propensione ad allungare il<br />

suono delle vocali come se stesse correndo dietro ai possibili significati delle frasi, mentre si<br />

trovava nel mezzo delle parole - aveva visto i computer durante le sue visite al MIT dalla sua<br />

città natale, Lowell, nel Massachusetts, a meno di cinquanta chilometri dall'Università.<br />

Queste visite lo avevano reso un fanatico di Cambridge, uno dei tanti studenti di liceo della<br />

regione, pazzi per la scienza, che erano stati attratti, come da una forza gravitazionale, verso<br />

l'Università di Cambridge. Aveva persino cercato di mettere assieme il suo computer<br />

personale con pezzi di scarto di vecchi flipper: erano la migliore fonte di elementi logici che<br />

avesse potuto trovare. Elementi logici: il termine sembra contenere proprio quel che attraeva<br />

Samson, figlio di un riparatore di macchine per l'industria, verso l'elettronica. Era la sua<br />

storia. Quando si cresce con un'insaziabile curiosità sul funzionamento delle cose, il piacere<br />

che si prova scoprendo quanto è raffinato un circuito logico, dove tutte le connessioni<br />

devono completare i loro percorsi, è eccitante a dismisura. Peter Samson, che aveva imparato<br />

presto ad apprezzare la semplice perfezione matematica di tutto ciò, ricordava di aver<br />

assistito sul canale della Tv pubblica di Boston, la Wgbh, a una trasmissione che forniva<br />

un'introduzione sommaria alla programmazione di un computer nel suo specifico<br />

linguaggio. Bastò ad accendere la sua immaginazione: per Peter un computer era di certo<br />

come la lampada di Aladino che una volta sfregata, avrebbe obbedito ai suoi ordini. Così<br />

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