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Capitolo 1° - Storia - FedOA

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Lee, i rischi di fallimento erano meno pericolosi dei<br />

rischi derivanti dal non tentare affatto.<br />

Sapeva qualcosa di come si dirige un'assemblea.<br />

Durante il suo periodo di studente radicale nel 1968,<br />

aveva ascoltato un "microfono aperto" di una radio di<br />

Berkeley che era così malamente organizzato, con le<br />

telefonate degli ascoltatori che non si sentivano e con<br />

disturbi di vario genere, tanto che era piombato nello<br />

studio brandendo la sua radio portatile e dicendo:<br />

"Ascoltate qua, idioti!". Alla fine divenne un<br />

collaboratore della trasmissione, e una parte del suo<br />

ruolo era di preparare gli ospiti prima che andassero in<br />

onda. Pensava che la sua funzione all'Homebrew<br />

potesse attingere da quell'esperienza; sollecitava le<br />

persone non abituate a rivolgersi a un pubblico più<br />

vasto di un tavolo pieno di componenti elettronici e a<br />

parlare con altri esseri umani di ciò che era di loro<br />

interesse. Come aveva ben rilevato Fred Moore, questo<br />

era il cuore del meeting, lo scambio delle informazioni.<br />

Così Lee, creando un'architettura per le riunioni come<br />

se stesse affrontando un problema di progettazione<br />

elettronica, iniziò a incasellare la discussione. Ci<br />

sarebbe stato un momento per andare in giro tra la<br />

gente della stanza a sentire a cosa stessero lavorando<br />

o cosa volessero sapere: quella sarebbe stata la<br />

sessione di mapping, simile al disegnare uno schema.<br />

Poi ci sarebbe stata una sessione "ad accesso<br />

casuale", dove si potevano dare o ricevere consigli su<br />

tematiche specifiche, oppure generiche, sia per avere le<br />

informazioni richieste, sia perché semplicemente<br />

interessava parlarne. Dopo di ciò, c'era talvolta un<br />

breve discorso, per esempio qualcuno che illustrava un<br />

sistema oppure mostrava un nuovo prodotto, e poi ci<br />

sarebbe stato ancora mapping e poi ancora una<br />

sessione ad accesso casuale. Quando Lee si accorse<br />

che la gente era riluttante a tornare dalla prima<br />

sessione ad accesso casuale -certe volte ti potevi<br />

perdere in discussioni tecniche o in qualche problema<br />

religioso come una tecnica per fare wire-wrapping' sulla<br />

scheda o qualche altra cosa - cambiò il programma<br />

includendo una sola sessione ad accesso casuale alla<br />

fine della riunione. Così corretta la struttura lavorava.<br />

Lee scoprì che stare davanti a un gruppo di persone<br />

che lo accettavano e apprezzavano il suo ruolo di<br />

"stack pointer" - la funzione del computer che determina<br />

l'ordine in cui devono essere eseguite le istruzioni -<br />

aiutava il suo rafforzamento psicologico nell'uscire dal<br />

suo guscio. Dopo essersi appropriato delle qualità di<br />

moderatore, prese sufficiente confidenza per<br />

pronunciare di fronte al gruppo un discorso sul suo Toni<br />

Swift terminal; scarabocchiando sulla lavagna del<br />

piccolo auditorium dello Slac, parlava di display video,<br />

affidabilità dell'hardware, di Ivan Illich e dell'idea di<br />

prendere in considerazione l'utente nella progettazione.<br />

Questa fu una buona miscela di politica sociale ed<br />

esoterismo tecnologico, e i membri dell’Homebrew la<br />

apprezzarono. Lee si scoprì un talento per la battuta<br />

pronta e, in effetti, mise a punto un piccolo rituale<br />

all'inizio di ogni meeting. Cominciò a tenere un<br />

portamento orgoglioso di maestro di cerimonia del club:<br />

nella sua mente egli era il direttore del circo hacker, un<br />

gruppo che era cruciale nello sviluppo di una modalità<br />

di vita "a microprocessore".<br />

Non molto tempo dopo l'assunzione del controllo da<br />

parte di Lee, un Fred Moore pieno di problemi rassegnò<br />

le dimissioni da tesoriere, segretario e direttore della<br />

newsletter. Aveva infatti anche dei guai di carattere<br />

personale: la donna con cui viveva l'aveva lasciato. Era<br />

un brutto momento per andarsene: sentiva che il club<br />

sarebbe stata la sua eredità, in un certo senso, ma era<br />

anche chiaro che le sue speranze che il club lavorasse<br />

a fini comunitari erano vane. Al suo posto s'era<br />

affermata invece la "propaganda del fatto concreto" e,<br />

ancora peggio, alcune persone venivano ai meeting,<br />

Fred ricorda, "con i dollari segnati negli occhi e<br />

dicevano: 'Ehi, qui c'è da fare una nuova industria. La<br />

metterò su io... produrrò queste schede e farò i<br />

milioni...'". C'erano altri obiettivi sociali legati ai<br />

computer che Moore voleva perseguire, ma aveva<br />

capito, come spiegherà in seguito, che "la gente del<br />

club era veramente più avanti [di lui] per le conoscenze<br />

d'elettronica o d'informatica, [e a causa di questo]<br />

s'innamorava di molte di quelle macchine, macchine<br />

che erano molto seducenti". Così Fred era infelice per<br />

come la gente accettava ciecamente la tecnologia.<br />

Qualcuno aveva raccontato a Fred della forza lavoro<br />

femminile a basso costo in Malesia o in altri paesi<br />

asiatici che fisicamente assemblava quei magici chip.<br />

Aveva sentito che le donne asiatiche venivano pagate<br />

con salari da lame, lavorando in fabbriche insicure, e<br />

che nemmeno sarebbero potute ritornare a vivere ai<br />

loro villaggi, poiché non conoscevano più le tradizionali<br />

forme di relazione sociale. Sentiva che avrebbe dovuto<br />

dirlo al club, che doveva forzare l'argomento, ma poi<br />

capiva che non era il tipo di problema che all'Homebrew<br />

club poteva interessare.<br />

Ciò nonostante, amava il club e quando i suoi<br />

problemi personali lo costrinsero a piegarsi e ad<br />

andarsene, disse: "è uno dei giorni più tristi della mia<br />

vita". Una piccola e meditativa figura si alzò e andò alla<br />

lavagna in un incontro di metà agosto e scrisse i suoi<br />

compiti da coprire, chiedendo chi avrebbe fatto la<br />

newsletter, chi avrebbe tenuto la cassa, chi avrebbe<br />

preso gli appunti... E qualcuno si alzò e iniziò a scrivere<br />

"Fred Moore" a fianco di ogni richiesta. Gli si ruppe il<br />

cuore, sentiva che per lui era finita e, anche se non<br />

poteva metterli al corrente di tutte le sue ragioni, allo<br />

stesso tempo doveva comunicare ai suoi fratelli che<br />

non sarebbe più tornato.<br />

"Vedo me stesso come una persona che ha aiutato<br />

questa gente a tenersi unita e a mettere in comune le<br />

proprie capacità e la propria energia", racconta Moore.<br />

E quegli obiettivi erano stati raggiunti. In effetti ogni<br />

meeting sembrava crepitare per lo spirito e l'eccitazione<br />

mentre la gente si scambiava chiacchiere e chip,<br />

proiettando se stessa in questo nuovo mondo. Nel<br />

momento del mapping, la gente s'alzava e diceva che<br />

aveva questo o quel problema nell'assemblare l'Altair e<br />

Lee chiedeva: "Chi può aiutare questo tizio?" e tre o<br />

quattro mani si alzavano. Meraviglioso. E poi? E poi<br />

qualcuno avrebbe detto di aver bisogno di un chip<br />

1702. Qualcun altro di avere un ben più potente 6500, e<br />

ne sarebbe nato uno scambio.<br />

Poi c'erano quelli che si alzavano per riportare le<br />

ultime notizie da Silicon Valley. Jim Warren, un tozzo<br />

laureando in informatica alla Stanford, era un<br />

<strong>Capitolo</strong> <strong>1°</strong> - <strong>Storia</strong><br />

commerciante di chiacchiere ben documentato che<br />

saltava su nel periodo della sessione ad accesso<br />

casuale e proseguiva per dieci minuti a parlare di<br />

questa o di quell'azienda, sovente infilandoci qualche<br />

visione personale sul futuro delle comunicazioni<br />

computerizzate attraverso la trasmissione digitale.<br />

Un altro famoso approvvigionatore di questa strana<br />

forma di pettegolezzi era Dan Sokol, un ingegnere alle<br />

prime armi, che lavorava come collaudatore di sistemi<br />

in una delle più grandi aziende della Valley. Le sue<br />

intuizioni, il più delle volte, erano anticipatorie delle<br />

ricerche scientifiche (per mantenersi questa<br />

reputazione, ammette oggi Sokol, falsificava metà delle<br />

voci sul suo conto). Dan, un discepolo digitale<br />

capellone e barbuto che si era lanciato nell'I lomebrew<br />

con le energie dei nuovi convcrtiti, aderì subito all'etica<br />

hacker. Riteneva che non ci fossero informazioni che<br />

non meritassero di essere diffuse, e più importante era<br />

il segreto, più grande era il suo piacere nel rivelarlo.<br />

"C'è qualcuno qui della Intel?" chiedeva e, se non c'era<br />

nessuno, divulgava le ultime sul chip che Intel aveva<br />

fino a quel momento protetto dallo spionaggio delle<br />

altre aziende della Valley (e forse anche da qualche<br />

spia russa).<br />

Talvolta Sokol, incallito propugnatore del baratto,<br />

infilava la mano in tasca e ne tirava fuori il prototipo di<br />

un chip. Per esempio, un giorno mentre era al lavoro,<br />

ricorda, entrarono dei signori di una nuova azienda<br />

chiamata Atari a collaudare alcuni chip. Agivano in<br />

modo assai circospetto e non dicevano di che razza di<br />

chip si trattasse. Sokol li esaminò con attenzione: alcuni<br />

portavano il marchio Syntech, altri Ami. Sokol aveva<br />

conoscenze in entrambe le aziende e loro gli dissero<br />

che erano dei pezzi fatti su ordinazione, ideati e<br />

progettati da personale Atari. Se ne portò uno a casa, lo<br />

pose su una scheda e lo collaudò. Il chip risultò<br />

contenere un programma per giocare un nuovo<br />

videogame, Pong. Infatti la nuova ditta Atari aveva da<br />

poco cominciato a mettere insieme un apparecchio<br />

domestico per fare quel gioco, in cui due persone<br />

avevano il controllo di due "palette" di luce collocate su<br />

uno schermo Tv e cercavano di mantenere in gioco una<br />

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