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considerata tradizionalmente un bene prezioso, è diventata d'un tratto così a buon mercato<br />
che arriveremo presto a considerarla gratuita. Anche perché oramai l'intelligenza è<br />
dappertutto. L'automobile è dotata di chip e così il videoregistratore, forse il tostapane.<br />
Nel 1948, quando tutto questo si poteva soltanto intravedere all'orizzonte, Norbert<br />
Wiener nel suo pionieristico libro Cybernetics anticipò i profondi effetti sociali della<br />
disponibilità di intelligenza a basso costo: “Posso forse chiarire il contesto storico della<br />
situazione presente sostenendo che la prima rivoluzione industriale, la rivoluzione degli<br />
"scuri e satanici opifìci", consisteva nella svalutazione del braccio umano per mezzo della<br />
competizione con la macchina. Non esiste livello di paga, per basso che sia, per il quale un<br />
operaio scavatore degli Stati Uniti possa competere con il lavoro di un escavatore a vapore.<br />
La rivoluzione industriale moderna agisce allo stesso modo nel deprezzare il cervello<br />
umano, almeno nelle sue decisioni più elementari e di routine. Certo, allo stesso modo in cui<br />
i più abili carpentieri, meccanici e sarti sono in qualche modo stati capaci di sopravvivere<br />
alla prima rivoluzione industriale, gli scienziati e gli amministratori più preparati potranno<br />
sopravvivere alla seconda. Ad ogni modo, nel momento in cui il comune essere umano di<br />
mediocre (o ancor più basso) livello arriverà a riconoscere l'avvento della seconda<br />
rivoluzione industriale, si troverà nella condizione di non aver più nulla da vendere che<br />
possa valere il denaro dì qualcuno”.<br />
Aveva ragione. Gli sportelli automatici hanno già sostituito molti cassieri di banca,<br />
esattamente come i database gestionali hanno tolto il lavoro agli impiegati d'archivio. È facile<br />
prevedere che i prossimi candidati a questo processo saranno i lavoratori meno specializzati,<br />
considerato che il costo unitario di elaborazione delle informazioni continua a diminuire e il<br />
livello di sofisticazione del software è in crescita. Il discorso vale anche per i progettisti.<br />
Siamo molto vicini al punto in cui il comune architetto potrebbe non aver più nulla da<br />
vendere che possa valere il denaro di qualcuno.<br />
Nuove sfide<br />
<strong>Capitolo</strong> <strong>1°</strong> - <strong>Storia</strong><br />
Come lavoreranno gli architetti, i paesaggisti, gli urbanisti nell'emergente era<br />
postindustriale, e cosa si produrrà?<br />
Come, all'alba dell'era delle macchine, ad alcuni artigiani capitò di diventare attori<br />
centrali dell'innovazione, ai progettisti e ai designer più attenti e consapevoli si apre<br />
l'opportunità di contribuire direttamente allo sviluppo digitale e di applicare questi nuovi e<br />
straordinari strumenti alle più importanti mansioni sociali e culturali. Le trasformazioni in<br />
atto spianano la strada a nuove opportunità e a stimolanti sfide intellettuali, ma anche a<br />
nuovi e controversi problemi.<br />
Una ragione per essere ottimisti è che la rivoluzione digitale inverte parzialmente una<br />
delle conseguenze più problematiche della rivoluzione industriale. L'introduzione di sistemi<br />
di produzione talmente vasti e complessi da escludere la maggior parte degli individui dal<br />
loro possesso e utilizzo. Le conseguenti croniche tensioni tra forza lavoro e padronato hanno<br />
contribuito all'idea che assimila le tecnologie avanzate ad atteggiamenti autoritari e a<br />
strutture di potere oppressive. Questa diffusa posizione viene tuttavia radicalmente messa in<br />
discussione dalla presenza in tutto il mondo di più di cento milioni di computer, dalla<br />
capillare disponibilità di personal computer a costi ben inferiori a quelli di una normale<br />
automobile, e dalla proliferazione e diffusione di prodotti software a basso costo. Oggi più<br />
che mai, individui e piccoli gruppi con risorse anche limitate possono sviluppare nuovi<br />
strumenti software, potenti e innovativi, e possono valersi di quelli già esistenti per<br />
raggiungere risultati che vanno ben al dì là di quelli ottenibili nel passato.<br />
L'emergere di nuove arti popolari, basate sulla tecnologia informatica, è un secondo e<br />
incoraggiante sviluppo. La maggior parte della produzione di questi nuovi artigiani digitali<br />
fai-da-te è ovviamente spesso naif e imperfetta, e i vecchi professionisti che un tempo<br />
controllavano buona parte della produzione hanno buon gioco a farsene beffe.<br />
Ciononostante è evidente che la diffusa e consistente pratica di queste arti, nonché il livello<br />
di consapevolezza critica che ne derivano, rappresentano segnali culturali di grande peso, in<br />
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