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Capitolo 1° - Storia - FedOA

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ambiente virtuale nel quale gli architetti possono<br />

lavorare, e si potrebbe aggiungere che tutti gli architetti<br />

sono in fondo "virtuali", poiché non fanno altro che<br />

concepire le loro costruzioni e non le costruiscono.<br />

Per quanto mi riguarda, il potenziale più interessante<br />

che la virtualità può offrire sta nell'ambiente virtuale,<br />

ambiente nel quale le nozioni classiche di geometria o<br />

di peso non valgono necessariamente, e certe forze,<br />

che non è possibile realizzare nella realtà, si possono<br />

simulare grazie appunto alla virtualità. E questo è un<br />

fatto che arricchisce enormemente l'architettura.<br />

Al di fuori di quest'ambito, di questo potenziale, si può<br />

parlare di un'architettura per uno spazio virtuale. Quello<br />

virtuale è infatti uno spazio che si aggiunge allo spazio<br />

reale nel quale si vive, o si è abituati a vivere.<br />

Progettare architettura per questo spazio fa parte, deve<br />

far parte ormai dell'attività degli architetti e del loro<br />

mestiere. Per quel che mi concerne, questa non è la<br />

mia occupazione primaria, ma penso che ci siano molte<br />

persone interessate a questo aspetto della virtualità<br />

nell'architettura.<br />

Domanda 2<br />

Generalmente, quando si pensa all'architettura si<br />

pensa a qualcosa di costruito, e sembra ci sia una<br />

contraddizione nel concetto di architettura virtuale?<br />

Risposta<br />

Spesso, e a torto, si mettono a confronto reale e<br />

virtuale, o attuale e virtuale. Il virtuale è l'estensione del<br />

reale, e penso che non ci sia un'architettura del virtuale<br />

così come ne esiste una del reale.<br />

Si può creare architettura per uno spazio virtuale, ma<br />

un'architettura virtuale vera e propria non esiste.<br />

Tutta l'architettura che non viene realizzata può<br />

essere considerata, a un dato momento, come virtuale,<br />

ma questa opposizione tra architettura virtuale e reale<br />

mi sembra basata su falsi presupposti.<br />

Domanda 3<br />

E qual è, secondo lei, il limite dell'architettura<br />

virtuale?<br />

Risposta<br />

Penso che oggi siamo ancora alle premesse di<br />

quanto potrebbe offrire questo spazio che viene detto<br />

virtuale, e si muovono appena i primi passi in questo<br />

spazio: sono come i primi passi sulla luna di trenta anni<br />

fa. Oggi ci troviamo molto a disagio nella dimensione<br />

virtuale, non abbiamo ancora raggiunto un perfetto<br />

equilibrio, lo stiamo ancora cercando, e credo ci siano<br />

ancora numerosissimi aspetti da sviluppare in relazione<br />

allo spazio virtuale. In un certo senso, occorre che esso<br />

venga architettato: bisogna che architetti, artisti, filosofi<br />

e sociologi lavorino a questo spazio per circoscriverlo,<br />

per poterlo sfruttare. Questo spazio esiste, solo che<br />

finora non si disponeva di tecnologie che ci<br />

permettessero di sfruttarlo: oggi si cominciano a<br />

intravedere queste tecnologie, e si svilupperanno<br />

ancora. Gli architetti dovrebbero interessarsi molto da<br />

vicino a ciò che accade in questo spazio.<br />

Domanda 4<br />

Che rapporto c’è fra le nuove tecnologie e<br />

l’architettura?<br />

Risposta<br />

La maniera più semplice di vedere le nuove<br />

tecnologie applicate all'architettura è nel modo di<br />

incrementare la produzione, vale a dire di lavorare più<br />

velocemente. Oggi gli architetti nel loro lavoro possono<br />

produrre una grande quantità di progetti, fino a<br />

cinquantamila progetti per un palazzo o per un<br />

aeroporto, e con grande facilità grazie a queste nuove<br />

tecnologie. Questo è l'aspetto più immediato: la<br />

rappresentazione dell'idea diventa estremamente<br />

semplice, e la produzione può lavorare molto più<br />

facilmente e rapidamente con le nuove tecnologie. Ma<br />

la cosa più importante, e che più mi interessa in<br />

relazione alle nuove tecnologie è l'impatto sulla<br />

produzione stessa dell'architettura, sul processo del<br />

design. In altri termini, l'architetto ha, o aveva,<br />

l'abitudine di lavorare con la carta, le matite, i modellini:<br />

oggi il suo ambiente di lavoro è cambiato, e gli<br />

strumenti con cui l'architetto svolge il proprio compito<br />

diventano estremamente rilevanti. L'architetto non<br />

costruisce, contrariamente all'artista che dà vita a<br />

un'opera, un testo o un'installazione: l'architetto<br />

progetta sempre un lavoro che dovrà essere realizzato<br />

da altri, di qui l'importanza degli strumenti. Lo si può<br />

vedere risalendo indietro nel tempo: gli strumenti con<br />

cui gli architetti hanno lavorato in passato hanno<br />

influenzato enormemente la produzione<br />

dell'architettura. Oggi è possibile immaginare che le<br />

nuove tecnologie, o le cosiddette nuove tecnologie,<br />

potranno influenzare moltissimo il modo di lavorare<br />

dell'architetto. Gli architetti hanno l'abitudine di lavorare<br />

con elementi statici: la carta, i modellini. Oggi con le<br />

nuove tecnologie si può cominciare a introdurre le<br />

nozioni di tempo, di movimento, di flusso, fare<br />

simulazioni che permettono all'architetto di operare<br />

diversamente, di immaginare lo spazio, di rapportarsi<br />

ad esso in un altro modo, di affrontare l'architettura in<br />

un altro modo. C'è un terzo punto che riguarda le nuove<br />

tecnologie, ed è la produzione stessa degli edifici,<br />

anch'essa molto importante. Oggi esistono macchine a<br />

comandi numerici, ossia, a partire da elementi disegnati<br />

al computer si possono ottenere direttamente parti di<br />

costruzione prodotte a un costo identico a quello di una<br />

produzione su larga scala. Perciò anche la nozione di<br />

produzione di massa si trasforma in una<br />

standardizzazione; particolari ed elementi variabili si<br />

possono realizzare sempre allo stesso costo, e questo<br />

è un aspetto importantissimo che oggi si presenta<br />

grazie alle nuove tecnologie.<br />

Domanda 5<br />

Pensi che gli architetti siano pronti all'utilizzo di<br />

queste nuove tecnologie, oppure sono in ritardo?<br />

Risposta<br />

Non penso che ci sia un ritardo, ma piuttosto un<br />

sistema che si autoconserva. Le nuove tecnologie sono<br />

arrivate molto rapidamente, e in brevissimo tempo si è<br />

realizzato un mutamento radicale nell'ambiente di<br />

lavoro dell'architetto. Questo mutamento disturba<br />

enormemente gli architetti abituati a metodi tradizionali.<br />

In genere un architetto elabora un suo modo di<br />

procedere nel corso degli anni, ci lavora, lo sviluppa<br />

<strong>Capitolo</strong> 4° - Scenari diversi<br />

ulteriormente, ma è molto difficile ottenere che egli<br />

cambi dall'oggi al domani il suo sistema di lavoro, o che<br />

si trovi subito a suo agio in un ambiente diverso: questo<br />

crea enormi scompensi, e perciò esiste una certa<br />

resistenza degli architetti a trasformare il loro ambiente<br />

di lavoro e i loro metodi, a parte quei pochi che ci<br />

riescono. Uno degli esempi più pertinenti è quello di<br />

Frank Gehry, che ha saputo continuare a lavorare<br />

secondo i suoi sistemi, ma che nel fare ciò ha introdotto<br />

nuove tecnologie. In altre parole, Frank Gehry ha<br />

l'abitudine di fare ampio uso di modellini: i suoi metodi<br />

risalgono a venti, trent'anni fa, ed è riuscito a seguirli<br />

nel suo lavoro, soltanto che oggi ricorre anche alle<br />

nuove tecnologie, scannerizza i suoi modellini a tre<br />

dimensioni, li elabora al computer per poi riprodurli con<br />

macchine a comandi numerici. Così ha progettato, per<br />

esempio, il Museo di Bilbao, un esempio illuminante e<br />

importantissimo per l'architettura di oggi e il suo legame<br />

con le nuove tecnologie.<br />

Domanda 6<br />

Come immagina una città del futuro?<br />

Risposta<br />

C'è un progetto a cui lavoro da due anni, che riguarda<br />

un quartiere di Tokyo. Credo che una delle prime cose<br />

che si potrebbero fare è cominciare a rimettere in<br />

discussione le nozioni dell'urbanistica classica, che<br />

prevedevano composizioni assiali o una<br />

sovrapposizione di elementi nella città. Oggi possiamo<br />

cominciare a lavorare su nuove basi. La città è una<br />

realtà estremamente dinamica, è fatta di flussi, di<br />

movimento, e anche se l'architettura è<br />

fondamentalmente statica la città è piena di vita,<br />

respira, e così si può cominciare a immaginarla, a<br />

lavorare alle città con tutto ciò che esse hanno di<br />

dinamico. Oggi è possibile simulare questi flussi, questi<br />

movimenti, per non dire che si procederà a realizzare<br />

simulazioni scientifiche di intere città, e anche se in certi<br />

casi la cosa è interessante di per sé, in effetti queste<br />

simulazioni possono contribuire enormemente<br />

all'immaginazione degli architetti in rapporto alle città,<br />

alla loro gestione, alla correlazione fra i vari programmi,<br />

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