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Capitolo 1° - Storia - FedOA

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eccetera. Si possono ideare vari scenari nei quali le<br />

città non sono come le concepiamo oggi a causa dei<br />

nostri strumenti tradizionali, ma appaiono molto diverse<br />

da come le potevamo immaginare in passato.<br />

Domanda 7<br />

Come cambierà il rapporto fra uomini ed edifici in<br />

futuro nelle città digitali? Come pensa che cambierà il<br />

rapporto fra gli uomini e i nuovi stili architettonici?<br />

Risposta<br />

A quel livello si possono immaginare diverse cose, ad<br />

esempio che la tecnologia si applichi direttamente agli<br />

edifici: questo è un aspetto che già si comincia a<br />

sviluppare, ossia, si vedono già componenti interattive,<br />

facciate, elementi mobili e altre cose del genere. Ma<br />

soprattutto credo che la città cambi completamente<br />

perché le viene aggiunto uno spazio che non è il suo<br />

spazio reale ma quello virtuale, e questo mi sembra di<br />

grande importanza. Ciò modifica profondamente il<br />

rapporto fra lo spazio e gli individui. Oggi le persone<br />

entrano in gioco nel momento in cui si collegano in<br />

diretta via Internet o per altre vie a tre città<br />

contemporaneamente, e dialogano in tempo reale.<br />

Questo comporta una enorme trasformazione del<br />

nostro rapporto con lo spazio, ed è più questo rapporto<br />

a modificarsi che non lo spazio in se stesso. Si può<br />

immaginare o fantasticare di uno spazio più interattivo,<br />

uno spazio in movimento, ma in definitiva credo che la<br />

più radicale trasformazione in rapporto al nostro spazio<br />

sia questa compressione dello spazio che si viene a<br />

ottenere. Lo spazio è compresso nella dimensione<br />

virtuale, e questo modifica radicalmente il nostro<br />

rapporto con la città e il suo spazio.<br />

Domanda 8<br />

Lei ha studiato negli Stati Uniti. Per una persona<br />

come lei, nata in Europa, quali stimoli sono venuti da<br />

quell'esperienza in America? Aveva deciso di studiare in<br />

quel paese per qualche ragione particolare?<br />

Risposta<br />

Anzitutto sono nato sulle rive del Mediterraneo, e non<br />

in Europa, bensì in Libano. Ho studiato architettura a<br />

Parigi, e in quel periodo, erano gli anni Ottanta, mi<br />

accorsi che in Europa non si affrontavano<br />

problematiche veramente innovative in rapporto<br />

all'architettura. Per questo mi interessai molto di più a<br />

quanti esercitavano e insegnavano negli Stati Uniti,<br />

piuttosto che agli europei; in altre parole, l'architettura in<br />

Europa, e specialmente in Francia, mi annoiava<br />

terribilmente, e perciò avevo sempre il desiderio di<br />

partire, di entrare finalmente in contatto con persone<br />

interessanti. Negli Stati Uniti lavoravano molte persone<br />

che stavano elaborando teorie che mi apparivano molto<br />

più rilevanti che non le costruzioni semplici e le facili<br />

commissioni così frequenti in Francia e in Europa negli<br />

anni Ottanta.<br />

Domanda 9<br />

Oggi la figura dell'architetto, soprattutto in Europa,<br />

sembra essere in grave crisi: quali pensa dovrebbero<br />

essere le strategie di un giovane architetto nell'Europa<br />

di oggi?<br />

Risposta<br />

Sì, sono giovane, e mi sarebbe piaciuto fare molto di<br />

più di quanto mi è possibile al momento, ma purtroppo<br />

spesso manca il tempo, ventiquattr'ore al giorno sono<br />

un periodo alquanto limitato. Credo comunque che la<br />

cosa più importante, soprattutto nel momento presente,<br />

all'alba della nuova era digitale, sia fare attenzione. Al<br />

giorno d'oggi produrre belle immagini è un'impresa alla<br />

portata di tutti, non c'è bisogno di essere architetti a tal<br />

fine, e in un certo senso qui sta il pericolo di quest'era<br />

digitale, nella quale l'architettura potrebbe anche colare<br />

a picco. Ciò che reputo importante, e che cerco io<br />

stesso di fare dedicandovi una parte consistente del<br />

mio lavoro, è l'essere in grado, ancor prima di fare<br />

l'architetto e costruire palazzi, di costruire un pensiero.<br />

Oggi per diventare architetti occorre saper costruire il<br />

proprio pensiero, fare qualcosa che non sia solo<br />

l'immagine, o la produzione diretta. Gli strumenti attuali<br />

richiedono un'attenzione molto speciale per il modo in<br />

cui si procede nel nostro lavoro. C'è una parte teorica<br />

che occorre sviluppare e che è di fondamentale<br />

importanza: in Europa, però, negli ultimi anni, e mi<br />

riferisco soprattutto alla Francia, ci si è sostanzialmente<br />

disinteressati della teoria dell'architettura. Ora, non dico<br />

che bisogna diventare dei teorici puri, sebbene vi siano<br />

molti che guardano con interesse a una teoria<br />

dell'architettura, ma un architetto deve essere capace,<br />

a sua volta, di costruire il proprio pensiero, di esprimerlo<br />

con estrema chiarezza prima di passare alla fase della<br />

costruzione degli edifici che esistono nella realtà.<br />

Domanda 10<br />

Quali sono le difficoltà che incontri nel tuo mestiere?<br />

Risposta<br />

Credo che le maggiori difficoltà provengano dalla<br />

resistenza di certi ambienti. Si sente continuamente<br />

parlare di una crisi generazionale, che in sé è un fatto<br />

normale e governabile, ma che nella fattispecie viene<br />

esacerbata dall'introduzione delle nuove tecnologie,<br />

poiché in effetti fra le generazioni viene a crearsi una<br />

spaccatura profonda, e di natura diversa rispetto a<br />

quanto poteva avvenire in passato. Da qui potrebbero<br />

provenire le maggiori resistenze, ovvero da una<br />

mancata comprensione di quella che è la nostra ricerca,<br />

del nostro lavoro, che viene preso per l'appunto per una<br />

forma di architettura virtuale, ossia priva di qualsiasi<br />

legame con la realtà. Questo, a mio avviso, è l'errore<br />

Architettura sperimentale<br />

<strong>Capitolo</strong> 4° - Scenari diversi<br />

più grave, al quale si deve sempre fare attenzione per<br />

evitare di sprofondare in ciò che, a torto, viene<br />

chiamata architettura virtuale, ossia qualcosa che sta al<br />

di fuori dell'architettura. Ma l'architettura virtuale è nella<br />

realtà, deve esistere nella realtà.<br />

Domanda 11<br />

In che modo questo sarà possibile?<br />

Risposta<br />

Come dicevo poc'anzi, l'architettura virtuale non è in<br />

opposizione con la realtà. La virtualità, lo spazio virtuale<br />

è un'estensione dello spazio reale, soltanto che cambia<br />

l'ambiente di lavoro dell'architettura, e anche lo spazio<br />

stesso si trasforma a causa di questa estensione. Per<br />

fare un esempio: quando si guarda si ha il cosiddetto<br />

spettro visivo che ci permette di vedere un campo<br />

limitato, fra raggi infrarossi e ultravioletti. In definitiva,<br />

mi piace considerare lo spazio virtuale come una<br />

protesi che, una volta applicata, ci permette di vedere<br />

ultravioletti, infrarossi, e lo spazio nel quale si vive. In<br />

fondo i computer di oggi non sono che delle protesi che<br />

ci consentono di penetrare in questo spazio virtuale,<br />

che viene ad aggiungersi ed è un'estensione dello<br />

spazio reale, e che certamente non si trova in<br />

opposizione o in contraddizione con esso.<br />

Ma cosa si intende per architettura sperimentale? Secondo Betsky è l’architettura<br />

intesa come “rappresentazione, riutilizzo e riallocazione di immagini, materiali e persino<br />

idee”. Non produzione di nuove forme o nuovi edifici, bensì “raccolta di ciò che già esiste e<br />

la sua trasformazioni in nuove strutture e nuove relazioni in grado di rivelare modi<br />

differenti di vita, uso o esperienza”. È una architettura che ha superato le restrizioni della<br />

prassi edilizia e ha dato vita a controimmagini di ciò che l’architettura abitualmente produce.<br />

Gandolfi vede nella sperimentazione una preziosa opportunità per individuare<br />

strumenti in grado di aprire lo spettro di azione dell’architettura: “In un momento di forte<br />

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