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di utilizzare un passaggio musicale particolare e rielaborarne l’arrangiamento<br />

girando il disco avanti e indietro, o facendo cutting e<br />

backspin.”<br />

L’alternativa, la clock theory (teoria dell’orologio), consisteva nel<br />

disegnare una linea sull’etichetta del disco, simile alla lancetta di un<br />

orologio, per indicare il punto in cui iniziava un determinato passaggio.<br />

In questo modo poteva mandare indietro più velocemente la<br />

parte della canzone che desiderava ripetere.<br />

“Dovevo capire come ritrovare il punto iniziale del break senza<br />

sollevare la puntina, perché avevo provato in quel modo ma non ero<br />

molto bravo. Così escogitai la teoria dell’orologio: si contrassegna<br />

una sezione del disco e si contano i giri che passano.”<br />

Flash aveva imparato a passare da un piatto all’altro a velocità supersonica,<br />

a trovare il primo accento di una data sezione nel giro di<br />

pochi secondi e a riprodurre, ripetere e ricombinare alcune battute selezionate,<br />

per cui riuscì a ristrutturare completamente un brano a suo<br />

piacimento. Questi campionamenti e loop manuali, rigorosamente a<br />

tempo, sono alla base dell’hip hop (e anche di altre musiche fondate<br />

sul breakbeat: jungle, big beat, trip hop, drum’n bass e un’infinità di<br />

sottogeneri) e preannunciano lo stile di composizione “taglia e cuci”<br />

che diverrà onnipresente con l’avvento della tecnologia digitale.<br />

A Flash è anche attribuita l’invenzione del punch phasing, tecnica<br />

nella quale una breve frase musicale viene suonata (punched in) su<br />

un altro disco. Fu sempre lui a introdurre nella scena i body trick,<br />

ovvero l’idea di suonare girato di schiena utilizzando diverse parti<br />

del corpo per effettuare i mix, e a introdurre una drum machine nei<br />

suoi DJ set.<br />

Flash (nome di un personaggio di fumetti) ricevette il titolo di<br />

Grandmaster, massimo grado raggiungibile nelle arti marziali, come<br />

riconoscimento per le imprese compiute. “L’idea fu di un tale Joe<br />

Kidd. Mi disse che dovevo farmi chiamare Grandmaster perché con<br />

i piatti facevo cose che nessun altro sapeva fare. Il nome non mi dispiaceva:<br />

richiamava Bruce Lee, che all’epoca stava sbancando i botteghini<br />

con i suoi film. Erano due personaggi estremamente abili nel<br />

loro mestiere. Io ritenevo di essere piuttosto bravo nel mio, per cui il<br />

nome calzava a pennello.”<br />

Quando però Flash si esibì per la prima volta con queste tecniche,<br />

il pubblico rimase tutt’altro che impressionato. Malgrado la<br />

straordinaria abilità, era impossibile far apprezzare il quick mix di<br />

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