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nulla eccetto del loro codice e della loro gerarchia. Potevano esibirsi<br />
a un angolo di strada, in un parco o un centro comunitario così come<br />
nei diversi club uptown, riappropriandosi di quelle strade e quartieri<br />
dimenticati, ridando dignità non solo alla propria esistenza ma a<br />
quella di tutta la comunità, creando un movimento giovanile che<br />
non poteva passare inosservato.<br />
Nella scena artistica e underground di Manhattan, infatti, alcuni<br />
artisti, intellettuali e promoter avevano intravisto qualcosa di grande<br />
in quella cultura di strada, in quelle diverse forme espressive giovanili<br />
che stavano assumendo la forma unitaria che Bambaataa aveva<br />
promosso anni prima con la creazione della Zulu Nation. Gli artisti<br />
della prima generazione proveniente da downtown che si avvicinarono<br />
ai pionieri di quella cultura, quelli che più si avvicinarono al<br />
fuoco, sarebbero diventati figure fondamentali per la diffusione dell’hip<br />
hop a livello internazionale.<br />
Uno di questi visionari era Henry Chalfant, fotografo e scultore,<br />
che dal 1976 al 1979 trascorse tutti i weekend a documentare con la<br />
fotografia quei capolavori itineranti che impreziosivano le fiancate<br />
dei vagoni della metropolitana di New York. I writer non tardarono<br />
a notare quel signore di mezza età, con una costosa macchina fotografica,<br />
che trascorreva ore sulle banchine della metropolitana, scattando<br />
foto all’impazzata ogni volta che i treni rallentavano per interrompere<br />
la loro corsa alla stazione. Non si fidavano di lui, sospettavano<br />
fosse uno sbirro; mai avrebbero pensato che, come loro, era un<br />
amante dei graffiti. Il caso volle che Chalfant incontrasse un writer di<br />
nome Nac mentre era impegnato a immortalare i suoi pezzi. Quando<br />
il fotografo gli spiegò la sua missione, Nac lo invitò a passare alla writer’s<br />
bench sulla 149esima. Lì Chalfant conobbe molti giovani artisti,<br />
instaurando rapporti di profonda amicizia con diverse crew, che divennero<br />
ospiti regolari del suo studio al Greenwich Village.<br />
Nell’ottobre del 1980, dopo anni di paziente attesa e scatti memorabili,<br />
Chalfant espose per la prima volta in pubblico le sue fotografie<br />
presso la galleria OK Harris di Soho.<br />
Nel giugno dello stesso anno Charlie Ahearn, fotografo e regista<br />
appartenente al CO Lab Collective, aveva contribuito a realizzare<br />
un’imponente esposizione di arte di strada in un edificio abbandonato<br />
di Times Square. In occasione di quell’evento nacque un connubio<br />
artistico che avrebbe portato alla realizzazione del primo film<br />
hip hop, Wild Style. L’incontro fra Charlie Ahearn, Lee Quinones e<br />
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