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avesse due piatti e l’equipaggiamento adatto si definiva un DJ. Quello<br />

era l’elemento fondamentale. Così, quando Easy Lee suonava, alcuni<br />

amici e io prendevamo in mano il microfono per esibirci. Non<br />

ci fu mai un piano designato, non ci mettemmo mai d’accordo su<br />

nulla. Easy Lee voleva suonare, a me piaceva esibirmi e Moe Dee, un<br />

amico del quartiere con cui sono cresciuto, amava rappare. Fu un<br />

processo molto naturale. Eravamo Lee, Moe Dee, io e una serie di<br />

individui che sono stati dimenticati ma che all’epoca facevano parte<br />

della crew. Eravamo un gruppo di amici del quartiere, siamo diventati<br />

una crew e alcuni di noi, quelli che presero il tutto con più serietà,<br />

hanno continuato a suonare insieme per tutta la vita. Dopo un<br />

po’ decidemmo di darci un nome, The Fantastic 4, da non confondersi<br />

con i Fantastic 5: noi non eravamo nessuno in confronto a loro<br />

in quel momento e, per dirla tutta, non sapevo neanche della loro<br />

esistenza – giusto per farti capire quanto piccolo fosse il nostro ambito<br />

e quanto limitate le nostre conoscenze.<br />

Reggie Reg: All’inizio le jam erano solo nel Bronx: andavamo al<br />

Bronx River per ascoltare Bambaataa o sulla 181esima al PAL per<br />

ascoltare Flash and the 3 MCs. Nel giro di un anno, nel 1976, iniziarono<br />

a essere organizzate anche a Harlem da DJ locali: DJ Donald D,<br />

Mike & Dave, Lovebug Starski e gli altri al Broadway International.<br />

Mike C: Il fenomeno si diffuse grazie al passaparola e alla potenza<br />

creativa di quella nascente cultura. Avvenne tutto molto rapidamente<br />

e nel giro di poco iniziarono a girare le cassette con le registrazioni<br />

delle feste e a essere organizzate le prime anche a Harlem.<br />

Ispirazione<br />

DJ Easy Lee: A differenza di molti miei coetanei e amici, mio padre<br />

non se la cavava poi male economicamente e fu in grado di comprarmi<br />

una paio di piatti e delle casse da impianto casalingo. Cerca di capire<br />

però che non parliamo di niente di eccezionale o di molto costoso:<br />

avevo un impianto da casa, non professionale. Per le nostre prime<br />

feste, che si tenevano in centri comunitari, in scuole o comunque<br />

in ambienti ristretti, adottavamo piccoli stratagemmi, come collegare<br />

più casse per poter ottenere un volume decente. Mi trovai un lavoretto<br />

estivo e iniziai a spendere tutto quello che guadagnavo per<br />

migliorare e potenziare il mio impianto. Quella nuova musica e quella<br />

cultura divennero di moda fra i giovani di Harlem. Nei fine setti-<br />

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