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Rassegna Storica Crevalcorese - Comune di Crevalcore

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Abbiamo cercato <strong>di</strong> rispondere a due domande:<br />

-cosa si intendeva con l’espressione Sant’Agata, nel Seicento?<br />

-che cos’era il popolo partecipante?<br />

Nel Seicento non esisteva il <strong>Comune</strong> come lo inten<strong>di</strong>amo oggi, cioè<br />

un’istituzione <strong>di</strong> governo locale che esercita la sua autorità su tutti i citta<strong>di</strong>ni<br />

residenti in un territorio ben definito. Sant’Agata era una Comunità del Contado<br />

<strong>di</strong> Bologna, a sua volta sottomessa all’autorità del Papa.<br />

La Comunità aveva avuto origine nell’Alto Me<strong>di</strong>oevo, ma nel tempo questa<br />

parola aveva rappresentato realtà <strong>di</strong>verse.<br />

Nell’Alto Me<strong>di</strong>oevo la comunità era una realtà <strong>di</strong> fatto, cioè un insieme <strong>di</strong><br />

famiglie che si autogovernavano. Queste famiglie erano de<strong>di</strong>te all’agricoltura. La<br />

terra era proprietà della potente Abbazia <strong>di</strong> Nonantola e, poiché era in gran parte<br />

incolta, coperta <strong>di</strong> boschi e palu<strong>di</strong>, gli abati avevano concesso alle famiglie vaste<br />

aree, con l’obbligo <strong>di</strong> bonificarle e <strong>di</strong>ssodarle, in cambio <strong>di</strong> un modesto canone.<br />

La terra era stata assegnata alle famiglie in modo collettivo, perché non era allora<br />

pensabile affrontare opere tanto gravose in pochi. Queste terre, gestite in modo<br />

comunitario, sono il nocciolo dell’attuale <strong>Comune</strong> e una parte <strong>di</strong> esse continua ad<br />

essere gestita in modo collettivo dagli ere<strong>di</strong> <strong>di</strong> quelle famiglie, attraverso l’istituto<br />

della Partecipanza.<br />

Per comprendere la nascita della Partecipanza bisogna proseguire con la nostra<br />

storia. Nel XII secolo, cioè nel Basso Me<strong>di</strong>o Evo, del nostro territorio si impadronì<br />

il <strong>Comune</strong> <strong>di</strong> Bologna che provvide a fortificare l’inse<strong>di</strong>amento principale: il castello<br />

<strong>di</strong> Sant’Agata. La Comunità cominciò a coincidere con un territorio e ad essere<br />

una realtà amministrativa, <strong>di</strong>pendente da Bologna.<br />

Alla fine del Me<strong>di</strong>o Evo il tessuto economico si <strong>di</strong>fferenziò: agli agricoltori<br />

si aggiunse un certo numero <strong>di</strong> artigiani e <strong>di</strong> piccoli mercanti. Anche il potere<br />

non venne più esercitato in modo egualitario dai capi famiglia; si <strong>di</strong>fferenziarono<br />

i ruoli e i compiti: un gruppo <strong>di</strong> persone a rotazione, a capo delle quali stava il<br />

Massaro, eletto ogni sei mesi, si occupava dell’amministrazione, assumendone la<br />

responsabilità nei confronti del governo bolognese.<br />

Nello stesso periodo, e più ancora nel corso del Cinquecento, si ebbe un<br />

processo <strong>di</strong> <strong>di</strong>fferenziazione nella proprietà della terra: tra le famiglie originarie,<br />

quelle che gestivano i beni comuni, ce ne furono alcune che acquisirono proprietà<br />

private, arricchendosi; inoltre, iniziò la penetrazione dei nobili e dei ricchi borghesi<br />

bolognesi: Caprara, Pepoli, Albergati, sono solo alcuni esempi <strong>di</strong> famiglie bolognesi<br />

che avevano delle “possessioni”, cioè possedevano della terra, nel territorio<br />

dell’attuale comune. Citta<strong>di</strong>ni bolognesi, nobile e anche il clero, allora molto<br />

numeroso e potente, erano privilegiati, non pagavano le tasse; su <strong>di</strong> essi il governo<br />

della Comunità non aveva praticamente nessun potere.<br />

Nel 1508 il governo della Comunità, per volere <strong>di</strong> Bologna che intanto era

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