Rassegna Storica Crevalcorese - Comune di Crevalcore
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o il Giovedì ma giammai la Domenica, oppure, quando, <strong>di</strong> notte, durante una scorribanda notturna<br />
<strong>di</strong> giovinastri sotto le finestre <strong>di</strong> casa sua, dove c’era suo padre che ammalato riposava, si affacciò<br />
alla finestra chiedendo <strong>di</strong> smettere lo schiamazzo, alla risposta “nu a sem comunest e fem quel<br />
che c’as pèr” lei non esitò a prendere un catino pieno d’acqua e a buttarglielo addosso <strong>di</strong>cendo<br />
“anca mi a fag quel che m’per”. Nonostante la sua avvenenza e femminilità, in alcune occasioni<br />
si comportava come un vero maschiaccio: <strong>di</strong> nascosto dal fratello prendeva la motocicletta per<br />
guidarla. A tal proposito, si deve ricordare che fu una delle prime donne a conseguire la patente <strong>di</strong><br />
guida per veicoli ed ad<strong>di</strong>rittura quella <strong>di</strong> categoria D per camion. Crescendo continuava a <strong>di</strong>mostrare<br />
interesse per il cinema e la recitazione, interesse che sua madre cercava <strong>di</strong> ostacolare. Un giorno,<br />
quando riferì a casa che si sarebbe presentato il suo fidanzato per chiederla in sposa, la mamma,<br />
che non era convinta <strong>di</strong> questo fidanzamento, le <strong>di</strong>ede finalmente il permesso <strong>di</strong> andare a Roma a<br />
stu<strong>di</strong>are come attrice e, detto-fatto, in due giorni partì, <strong>di</strong>menticando fidanzato e matrimonio. A<br />
Roma si iscrisse al Centro Sperimentale <strong>di</strong> Cinecittà, dove stu<strong>di</strong>ò recitazione, <strong>di</strong>zione, portamento,<br />
danza ecc., avendo come colleghi Alida Valli, Elena Lazzareschi, Arnoldo Foà, Amedeo Nazzari,<br />
Gino Cervi ecc. Dopo un anno <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o, venne scritturata, con il nome d’arte Ilde Giulia Cadore<br />
tra gli attori non protagonisti, insieme a Gino Cervi, dal regista Camillo Mastrocinque per il film<br />
“Voglio vivere con Letizia” con la famosa Assia Noris, girato a Cinecittà nel 1937. Dopo pochi mesi<br />
girò, negli Caesar Stu<strong>di</strong>os <strong>di</strong> Roma, con Vincenzo Sorelli, il film “Crispino e la comare” (1938) in<br />
veste <strong>di</strong> prima attrice non protagonista, insieme ad Arnoldo Foà. Di lì a pochi mesi, nel Gennaio del<br />
1939, uscì il suo primo film da protagonista “Tre fratelli in gamba”, girato presso i Titanus Stu<strong>di</strong>os<br />
<strong>di</strong> Roma dal regista Alberto Salvi. La critica si espresse molto favorevolmente, in<strong>di</strong>candola come<br />
“la promessa del cinema italiano: la nuova Garbo!”, ma nella realtà <strong>di</strong> tutti i giorni, pur essendo<br />
consapevole della sua bellezza, non amava esibirla con ostentazione e si comportava con estrema<br />
semplicità e spontaneità. Nel corso <strong>di</strong> quei due anni <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o e <strong>di</strong> intenso lavoro, che videro la sua<br />
veloce scalata al successo, durante la sua permanenza a Roma, frequentava insieme alle sue colleghe<br />
un ristorante, meta ambita dai giovani piloti dell’aviazione militare italiana, i quali facevano a gara<br />
per cercare <strong>di</strong> agganciare le belle ragazze presenti. Si era sparsa la voce che tra queste ve ne era una,<br />
bella, bionda ma inavvicinabile: un giovane pilota, anche lui ventenne, <strong>di</strong> Casteldario (Mantova), già<br />
medaglia d’argento al valor militare nella guerra <strong>di</strong> Spagna, raccolse la sfida e scommise con i suoi<br />
compagni che in tre giorni l’avvenente Giulia sarebbe caduta “giù come pel de fic” (giù come buccia<br />
<strong>di</strong> un fico). Il giovane pilota vinse la scommessa ma perse il cuore o, come amava raccontare, “ho<br />
vinto la scommessa ma ho perso la libertà!”. Per seguire il suo cuore e l’intrepido pilota, sposato<br />
dopo circa un anno <strong>di</strong> fidanzamento, il quale per lavoro dovette trasferirsi a Napoli, rinunciò alla<br />
carriera brillante che le si prospettava per intraprendere quella <strong>di</strong> moglie e <strong>di</strong> madre. A Napoli visse<br />
<strong>di</strong>eci anni molto intensi <strong>di</strong> vita matrimoniale e <strong>di</strong> grande amore per i due figli, anni brillanti <strong>di</strong> vita<br />
sociale, suonatrice <strong>di</strong> fisarmonica e campionessa <strong>di</strong> bridge presso il migliore circolo della Napoli<br />
bene, vacanze sulla neve da provetta sciatrice, allieva pilota <strong>di</strong> bimotori del marito, ottima cuoca<br />
per la sua famiglia (tirava la sfoglia da brava emiliana d’adozione facendo conoscere ad assaggiare<br />
agli amici partenopei i famosi turtlein). Quando usciva per la città con la sua vespa e per <strong>di</strong> più<br />
in pantaloni, oppure con la sua macchina decappottabile (la famosa Lancia Ardea fuoriserie, 10<br />
esemplari in tutta Italia) creava scompiglio e meraviglia per le strade. Sempre in auto, prima con il<br />
marito e poi da sola con i figli, risaliva ogni anno tutta l’Italia per riabbracciare la mamma, i fratelli,<br />
i parenti e gli amici nella sua <strong>Crevalcore</strong>. Rimasta prematuramente, e tragicamente, vedova a soli 33<br />
anni, pur potendo rientrare nel mondo del cinema (perché era ancora fresca la bellezza), avendo<br />
ancora amici e contatti, non ebbe più lo spirito per calcare le scene né per sposarsi nuovamente, e<br />
non manifestò mai alcun rimpianto <strong>di</strong> aver lasciato il cinema per seguire il marito. Morì a Napoli il<br />
9/06/1984. Paola Ligabò