Tabella 3. Occupati, disoccupati e forze di lavoro nel 2006 e variazioni medie annue (Svimez, 2007). Il tasso di disoccupazione al Sud è passato dal 19 % del 2000 al 12,3 % del 2006 (incremento lavorativo di circa 500mila unità) (Tabella 4). Nonostante questo forte calo dei disoccupati, in modo particolare tra il 2005 e il 2006 (-158mila unità, pari al –14,8 %), si può dire che la situazione non sia certo migliorata, infatti, su mezzo milione di disoccupati ‘scomparsi’solo la metà ha trovato davvero un nuovo impiego. Si segnala a questo proposito il caso limite della Campania, dove nel solo 2006 i disoccupati sono scesi di 47mila unità, a fronte di una crescita di appena 4mila occupati in nuovo impiego. 14 Tabella 4. Principali indicatori del mercato del lavoro. Media 2005 e media 2006 (valori percentuali) (Svimez, 2007).
Secondo le valutazioni della Svimez (2007), nel 2006 in Italia il 12,1 % (pari a 3 milioni di unità) delle unità di lavoro totali sarebbe rappresentato da lavoro non regolare. Di queste, circa 1,7 milioni sono localizzate nel Centro-Nord, e corrispondono al 9,3 % dell’occupazione totale, e le restanti 1,4 milioni circa nel Mezzogiorno, con un tasso di irregolarità più che doppio, pari al 20,5 % (Tabella 5). Tra il 2000 e il 2006, l’occupazione irregolare nel Mezzogiorno è cresciuta dell’1,3%, a fronte di una riduzione del 6,7 % nel Centro-Nord, a dimostrazione che anche i processi di regolarizzazione della popolazione straniera hanno inciso soprattutto nelle regioni del Nord del Paese. Nell’ultimo biennio 2005-2006 sembra essersi evidenziata nel Mezzogiorno una tendenza all’aggravamento del fenomeno, soprattutto per effetto della fase di profonda difficoltà del mercato del lavoro <strong>meridionale</strong> che proprio in questa fase ha fatto segnare una riduzione dell’occupazione regolare. Infatti, il tasso di irregolarità al Sud, che dal picco massimo del 21,5 % del 2002 era sceso al 19 % nel 2003 e 2004, è risalito al 20,2 % nel 2005 e al 20,5 % nel 2006. In quest’ultimo anno, il numero di lavoratori irregolari è cresciuto a un tasso più che triplo di quello regolare: 2,7 % (+37 mila unità) contro 0,8 % (+44 mila unità). Anche nel Centro-Nord, dopo le forti flessioni dei primi anni 2000, esauriti gli effetti della regolarizzazione, l’occupazione irregolare dal 2004 ha ripreso a crescere, a tassi simili a quelli dei regolari. A livello settoriale, il lavoro non regolare è prevalentemente impiegato nel settore dei servizi dove si concentrano circa tre quarti dell’irregolarità totale e nel cui ambito, nel 2006, il tasso di irregolarità ha raggiunto, a livello nazionale, il 19 % nel commercio e il 10,6 % negli altri servizi. Il valore più elevato, e in ulteriore ampliamento, si registra in agricoltura (22,6 %), seguito, dopo il commercio, dal settore edile (11,4 %); molto più contenuta risulta, invece, la quota di irregolarità nell’industria in senso stretto (3,9 %). Il tasso di irregolarità risulta più alto nelle regioni meridionali in tutti i settori produttivi. La differenza con il Centro-Nord è particolarmente elevata nelle componenti del settore industriale, sia nell’industria in senso stretto che nel settore edile. Nell’industria in senso stretto, anche per effetto dell’elevata presenza di microimprese nell’area <strong>meridionale</strong>, il divario tra le due aree del Paese è enorme: 13,5 % al Sud contro l’1,8 % al Nord. Sembra quindi che l’irregolarità lavorativa in questo settore sia un fatto quasi esclusivamente <strong>meridionale</strong>. Nel settore edile, il Mezzogiorno – che presenta un’incidenza sull’occupazione industriale complessiva doppia rispetto al resto del Paese - registra un tasso di irregolarità pari a circa il 22,8 %, rispetto al 6,1 % al Nord. Nel commercio il Mezzogiorno presenta il tasso di irregolarità più elevato tra tutti i settori, superiore, di poco, anche a quello dell’agricoltura: 26,2 %, superiore di 10 punti a quello rilevabile nel resto del Paese (16,4 %). 15
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