Macroarea Appennino meridionale - Regione Piemonte
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Caserta e specializzate nella produzione di latte di bufala; queste aziende sono spesso integrate<br />
verticalmente a valle con propri caseifici per l’offerta di “mozzarella di bufala campana”.<br />
• Il comparto bovino è, insieme a quello bufalino, il più sviluppato rispetto alle altre specie<br />
allevate. Le aziende interessate da tale allevamento sono circa 15.350 e allevano 212 mila<br />
capi, presentando una dimensione media pari a circa 16 capi ad azienda. La maggior parte di<br />
queste aziende si localizzano in provincia di Avellino, Benevento e Salerno (rispettivamente<br />
3.257, 4.028 e 4.648 aziende con allevamenti) che detengono oltre il 70% del patrimonio<br />
bovino regionale. Le razze allevate sono soprattutto la marchigiana, la podolica e la meticcia,<br />
le quali producono carni di qualità molto apprezzate sul mercato locale, difatti proprio<br />
la razza marchigiana è presente nel disciplinare di una delle produzioni tipiche più rinomate<br />
della carne bovina: il “Vitellone bianco” (allevato anche a Benevento). Questo prodotto gode<br />
del riconoscimento europeo della denominazione d’origine “IGP”, difatti tale denominazione<br />
può essere usata per le carni provenienti da bovini, maschi e femmine, di pura razza chianina,<br />
marchigiana e romagnola allevate sull’<strong>Appennino</strong> centro <strong>meridionale</strong>.<br />
• Il patrimonio bufalino regionale nel 2007 ammontava a circa 130.732 capi rappresentando il<br />
90% del patrimonio nazionale; i capi controllati dall’Associazione Nazionale Allevatori<br />
Specie Bufalina (ANASB) nel 2007 ammontano a 21.317 capi. L’allevamento viene praticato<br />
da quasi 2.250 aziende situate soprattutto nelle province di Salerno e Caserta, con piccoli<br />
insediamenti anche nella provincia di Napoli. La dimensione media di queste aziende è decisamente<br />
più elevata della media rilevata in quelle bovine (più di 100 capi bufalini contro<br />
circa 14 capi bovini ad azienda) e ciò denota la maggiore professionalità delle aziende stesse,<br />
spesso integrate verticalmente eseguendo direttamente la caseificazione del proprio latte<br />
prodotto. Le tecniche sono complessivamente soltanto quattro e si differenziano soprattutto<br />
per la dimensione dell’allevamento che varia da 20 - 49 e oltre 50 capi, e per la tipologia di<br />
allevamento eseguita sia in stabulazione libera che mista (in parte fissa e in parte al pascolo),<br />
la meccanizzazione è sempre alta. Quest’ultima consiste nell’alimentazione meccanica<br />
(tramite carrello miscelatore), nello smaltimento delle deiezioni e nel lavaggio delle bufale<br />
prima di entrare nella sala di mungitura. In tutte le tecniche, si riscontra un reimpiego dei<br />
foraggi aziendali pari al 50 % del fabbisogno alimentare del patrimonio animale.<br />
•<br />
Il settore dei caprini si presenta meno consistente rispetto al settore degli ovini: i dati dell’ultimo<br />
censimento riportano circa 5.300 aziende con allevamento caprino, contro 8.560 con<br />
allevamento ovino, esse allevano rispettivamente 49.455 e 227.232 capi complessivi evidenziando<br />
una dimensione media aziendale diversa per le due tipologie di allevamento: le aziende<br />
caprine allevano in media 9 capi, mentre quelle ovine allevano oltre 26 capi ad azienda.<br />
Le dimensioni sono dunque mediamente al di sotto della soglia di efficienza, si tratta di un<br />
comparto sviluppato soprattutto nelle aree marginali e con forte tendenza all’autoconsumo.<br />
La diffusione territoriale dell’indagine sui processi produttivi, inoltre, conferma la vasta presenza<br />
di allevamenti ovini rispetto ai caprini, gli areali di questi ultimi si sovrappongono<br />
completamente e sono compresi in quelli relativi alla specie ovina. La maggiore concentrazione<br />
produttiva la si ritrova soprattutto nelle province di Benevento, Avellino e Salerno con<br />
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