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Macroarea Appennino meridionale - Regione Piemonte

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ne. Queste zone, infatti, essendo caratterizzate da catene montuose molto alte, risentono di un<br />

clima invernale spesso assai rigido e umido; le coste, al contrario, essendo protette dai venti<br />

gelidi settentrionali, vedono un clima molto più dolce con temperature che difficilmente scendono<br />

al di sotto dei 5 ÷ 6 °C ; è importante precisare che il mare è una continua fonte di calore,<br />

specie nei mesi più freddi. Si registrano, cosí, temperature massime nel mese di gennaio di<br />

circa 11 ÷ 13 °C lungo la fascia costiera e di 5 ÷ 8 °C nelle zone interne. L’aspetto interessante<br />

sono le escursioni termiche notturne anche dell’ordine di 7 ÷ 8 °C tra il litorale e le prime<br />

vallate interne, dove frequenti sono le gelate. L’altopiano del Matese e il Partenio (1.000 m<br />

s.l.m.) sono le zone più piovose della regione con più di 2.000 mm annui di precipitazioni,<br />

spesso nevose. Nella zona interna del beneventano e del salernitano si riscontrano, invece, le<br />

zone meno piovose con 500 ÷ 600 mm annui; lungo la costa le medie si aggirano sui 1.000 ÷<br />

1.200 mm con frequenti temporali autunnali e primaverili; frequenti temporali estivi pomeridiani,<br />

invece, interessano le zone montuose. Le nevicate quasi mai raggiungono le coste a<br />

causa dell’effetto “Stau” generato dall’<strong>Appennino</strong>. Durante l’estate, le temperature massime<br />

oscillano tra i 28 ÷ 31 °C della costa e i 25 ÷ 28 °C delle località interne, ma non mancano<br />

zone dai microclimi particolari come la pianura casertana, il vallo di Diano, l’agro nocerino e<br />

l’alta Valle dell’Irno, caratterizzate da un clima più torrido, con temperature che spesso sfiorano<br />

i 31 gradi, raggiungendo punte di 36 ÷ 38 °C. Frequenti sono le nebbie specie nel semestre<br />

freddo, in particolare sulle pianure e sulle vallate interne.<br />

a.4 - Indici di utilizzazione dei pascoli<br />

I principali rischi di degradazione delle aree a pascolo considerate sono da collegare alla natura<br />

geologica del substrato e non tanto alla gestione dei pascoli che, nei casi osservati, non evidenzia<br />

particolari squilibri del carico di bestiame. Sulle argille numerosi versanti sono instabili<br />

e originano frane di colamento che deformano i pendii con ondulazioni, crepacciature e<br />

rigonfiamenti insieme a falsi terrazzi. I colamenti passano localmente a scoscendimenti e scivolamenti<br />

costituendo frane di tipo misto. In particolare sono interessate da tali fenomeni le<br />

zone di pascolo dei comuni di Sant’Angelo dei Lombardi e di Bisaccia. In quest’ultimo sulle<br />

argille marnose del pliocene figurano diverse aree calanchive.<br />

Per contro il problema del pascolo nei boschi è presente dove l’accentuata xericità del clima<br />

determina una modesta quantità di biomassa vegetale e di humus protettore del terreno che<br />

risulta così maggiormente esposto agli agenti erosivi. L’esercizio pascolivo fa recedere rapidamente<br />

lo sviluppo delle specie appetite dal bestiame e nel contempo il calpestio su suolo nudo<br />

o scarsamente protetto accresce ulteriormente l’erosione.<br />

Localmente si osservano eccessi di carico animale che determina lo sviluppo di specie spinose<br />

o a foglia coriacea (vedi foto 3) mentre in altri casi si osserva l’invasione di pascoli abbandonati<br />

da parte di arbusti. Cantiani (1982) faceva notare come nell’alta Irpinia fosse particolar-<br />

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