esperienze di avvio degli organismi di vigilanza ex d.lgs n. 231/2001
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L’esperienza, non ricchissima ma comunque già abbastanza<br />
variegata, dalla quale partire per un ragionamento in<br />
questa sede, è che normalmente, a prescindere dalla <strong>di</strong>mensione<br />
dell’ente, la commissione <strong>di</strong> reati si verifica là dove c’è una<br />
fortissima concentrazione <strong>di</strong> potere all’interno dell’impresa.<br />
Normalmente, le condotte criminali sono ascrivibili ai soggetti<br />
apicali che non hanno strumenti <strong>di</strong> equilibrio <strong>di</strong> potere, prescindendo,<br />
in questo momento, dagli <strong>organismi</strong> <strong>di</strong> controllo;<br />
nemmeno il consiglio <strong>di</strong> amministrazione conta granché in<br />
queste realtà, in cui il presidente e l’amministratore delegato<br />
fanno quello che vogliono. Questa è l’esperienza che io posso<br />
portare.<br />
Probabilmente gli stu<strong>di</strong>osi che si occupano <strong>di</strong> questa<br />
materia dal versante aziendalistico hanno un approccio molto<br />
<strong>di</strong>verso dal nostro: noi ve<strong>di</strong>amo, quasi esclusivamente, la patologia;<br />
la patologia e qualche situazione limite. Le situazioni<br />
non patologiche, noi non le osserviamo. Da questo punto <strong>di</strong><br />
vista, le prospettive sono ra<strong>di</strong>calmente <strong>di</strong>verse.<br />
Il problema - che prima ancora che normativo è culturale<br />
- è quello dell’equilibrio dei poteri all’interno delle strutture<br />
d’impresa, che passa attraverso i maggiori poteri dei componenti<br />
il consiglio <strong>di</strong> amministrazione, <strong>degli</strong> organi <strong>di</strong>rigenti<br />
dell’impresa, <strong>degli</strong> <strong>organismi</strong> <strong>di</strong> <strong>vigilanza</strong>, anche <strong>di</strong>versi da<br />
quelli previsti dal d.<strong>lgs</strong>. n. <strong>231</strong>/01. E dunque passa in primo<br />
luogo attraverso il modello organizzativo, che è l’altra faccia<br />
dei compiti dell’organismo <strong>di</strong> <strong>vigilanza</strong>, e che deve prevedere<br />
in primo luogo una <strong>di</strong>stribuzione del potere tra gli <strong>organismi</strong><br />
societari. Altrimenti anche i flussi informativi, i più ampi, i più<br />
aperti possibili, non consentono all’organismo <strong>di</strong> <strong>vigilanza</strong> <strong>di</strong><br />
capire che cosa sta succedendo, se le decisioni vengono prese<br />
da un ristretto gruppo <strong>di</strong> soggetti all’interno <strong>di</strong> una società.<br />
Quanto più grossa è la <strong>di</strong>mensione societaria, tanto più<br />
<strong>di</strong>fficile sarà per l’organismo <strong>di</strong> <strong>vigilanza</strong> sapere che quell’operazione<br />
su derivati, fatta in una mattina, all’improvviso, con<br />
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