esperienze di avvio degli organismi di vigilanza ex d.lgs n. 231/2001

spettabili), i più rilevanti per valutare l’esistenza di «autonomi
poteri di iniziativa e controllo» dell’organismo di vigilanza
(anche nel contesto del gruppo di imprese), come richiesti
dall’art. 6 lett. b) del d.lgs. n. 231?
3. Ritiene che il riscontro di un’osservanza particolarmente
scrupolosa e ottimale da parte dell’azienda di uno o più
dei criteri di cui al punto (1) possa attenuare la significatività
di qualcuno degli altri?
4. Reputa che le recenti modifiche legislative che hanno
esteso la responsabilità dell’ente anche ai reati di omicidio e
lesioni colpose possano influenzare la definizione e l’ordine di
priorità dei criteri indicati?
5. Quali circostanze o condizioni, sulla base della Sua
esperienza, riterrebbe più rilevanti per valutare come “omessa
o insufficiente” la vigilanza da parte dell’o.d.v. (art. 6 co.
1, lett. b) d.lgs. cit.)?
6. Ritiene (e in quali termini) che tale “omessa o insufficiente
vigilanza”, oltre che per l’accertamento della responsabilità
dell’ente, possa assumere rilievo anche ai fini di una
responsabilità penale a carico degli stessi membri degli
o.d.v.?
7. In generale, ritiene che la verifica, in sede giudiziaria,
della congruità dei modelli di organizzazione e controllo
possa già oggi basarsi su criteri sufficientemente tassativi,
così da evitare il rischio che ex post (dopo che il reato sia
stato commesso), in sede di accertamento delle responsabilità,
si pervenga immancabilmente a una valutazione della loro
inidoneità e inefficacia?
8. Quali considera gli aspetti essenziali per valutare la
complessiva idoneità preventiva dei modelli di organizzazione
e gestione e quali quelli con maggiori implicazioni sui poteri
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